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“I libri, loro non ti abbandonano mai. Tu sicuramente li abbandoni di tanto in tanto, i libri, magari li tradisci anche, loro invece non ti voltano mai le spalle: nel più completo silenzio e con immensa umiltà, loro ti aspettano sullo scaffale” (Amos Oz)
Da uno scaffale virtuale quest’anno ho scelto per Voi alcuni romanzi, saggi, raccolte di poesie che spero possano essere fedeli compagni di viaggio per chi parte per le vacanze, ma anche un’occasione imperdibile per lasciarsi trasportare dal fascino di un racconto o di una testimonianza autentica, perché sempre più spesso “la lettura è il viaggio di chi non può prendere un treno” (Francis de Croisset)
Cantore indimenticabile del mondo yiddish, con questo libro Israel J. Singer ci regala un vero capolavoro della letteratura novecentesca per l’intensità della trama, per la complessità dei personaggi magistralmente ritratti, nonché per l’alto valore letterario della prosa. Attraverso i temi della famiglia e dell’identità declinati nelle vicende di tre generazioni della famiglia Karnowski (David, Georg e Georg Joachim), si dispiega la visione del mondo dell’autore che, con straordinaria abilità narrativa, mette in scena la tragedia che coinvolge il mondo ebraico-tedesco: desiderosi di essere “ebrei in casa e tedeschi per strada”, gli ebrei a cavallo fra Ottocento e Novecento vengono invece travolti dai flutti della Storia che li ha resi tedeschi in casa ed ebrei per strada.
Sullo sfondo del Brasile degli anni precedenti la seconda guerra mondiale, quello del regime di Getùlio Vargas, Wrobel ci narra una storia che ha il sapore di un’epopea yiddish, un racconto di coraggio, sopravvivenza e spionaggio, il cui filo conduttore è un amore tanto inafferrabile quanto intenso.
Sono versi composti nel gennaio del 1944 da un ragazzino ebreo di tredici anni, il polacco Jurek Orlowski, rinchiuso allora nel campo di Bergen-Belsen, dove era stato deportato con il fratello dai nazisti, che gli avevano ucciso la madre. Oggi quel ragazzino ha assunto il nome di Uri Orlev è uno scrittore e nel 2005 ha tradotto in ebraico le poesie che aveva scritto allora su un tavolaccio e che, a cura di Sara Ferrari, appaiono in un volume corredate da immagini della vita a Varsavia prima della guerra e dalle riproduzioni del taccuino originale su cui furono scritte in polacco. La poesia diventa dunque un mezzo di espressione e comunicazione di una tragedia storica e personale, il documento che testimonia una vicenda vissuta nel cuore di quell’orrore che è stata la Shoah.
Quello del kibbutz è un mondo che Amos Oz conosce molto bene: “…una sorta di laboratorio dove tutto è concentrato, amore, morte, solitudine, nostalgia, desiderio, desolazione”.
E’ una nuova ed integrale edizione di uno dei documenti più originali della novecentesca tragedia ebraica. Etty, nata da una famiglia della borghesia intellettuale ebraica ha 27 anni quando nel ’41 approda nello studio di un allievo di Jung che le impone la scrittura terapeutica di un diario, giorno dopo giorno. Su quei quaderni finiscono le note della relazione (terapeutica ed erotica) con lo stesso psicologo e con altri uomini. Ma diventano soprattutto la scoperta e la rivelazione di sé in un crescendo di toni che rovescia la tecnica nazista tesa a provocare l’avvilimento fisico e psichico delle persone. A metà del ’43 parte per Westerbork, dove diventa un esempio per tutti. Etty Hillesum che amava le opere di Rilke, i fiori e la vita e morì ad Auschwitz il 30 novembre 1943, appartiene a tutta l’umanità.
Suspense, azione, intrigo non manca nulla per agganciare il lettore dalla prima all’ultima pagina nei thriller di Faye Kellerman, diventata ormai un caso letterario con i suoi dieci milioni di libri venduti. E’ il mondo ebraico nelle diverse sfaccettature che lo compongono, in un confronto continuo fra ebrei ortodossi ed ebrei moderni a costituire lo sfondo dei romanzi dell’autrice americana, caratterizzati da un ritmo serrato e da una trama avvincente.
Cantore impareggiabile della terra di Israele, Yizhar torna nelle librerie con un lungo racconto dal respiro universale che si dispiega in una sola notte.
Dissidente e libertario, il cattolico Jan Karski, ricevette dal governo polacco in esilio l’incarico di informare gli Alleati di ciò che stava accadendo agli ebrei nel suo paese. Dopo l’aggressione alla Polonia, fu dapprima prigioniero dell’Armata rossa e poi dei nazisti. Evaso durante un trasferimento in treno, entrò in clandestinità e divenne spia e corriere. Questo partigiano cattolico riuscì davvero a portare, persino davanti al presidente americano Roosevelt, il racconto sullo sterminio degli ebrei in corso, ma la sua denuncia rimase inascoltata e l’Olocausto poté proseguire indisturbato. Jan Karski visse una vita intera nel rimorso, devastato dall’idea di non aver fatto abbastanza. O che, anche se i diplomatici occidentali gli avevano creduto, non avessero voluto fare nulla. Questo, infatti, non è l’ennesimo libro di memorie di una vittima della Shoah. Karski non era ebreo, era un polacco di fervente fede cattolica, colto, poliglotta, che non ancora trentenne si è trovato solo a sopportare un peso difficile da descrivere con le parole. Adesso per fortuna c’è questo suo racconto che spunta da un passato di settant’anni fa. Un libro magnifico.
Dopo la pubblicazione del suo primo romanzo che intreccia le storie di due giovani, uno israeliano e l’altro palestinese, sullo sfondo della seconda Intifada, Gavron torna al pubblico italiano con un romanzo ambientato in un futuro molto vicino a noi. Siamo nell’ anno 2067. I palestinesi hanno conquistato quasi tutta Israele e il mondo, ormai preda della siccità, è governato da multinazionali cinesi, giapponesi e ucraine che controllano le sorgenti e la distribuzione di acqua fresca. Maya è alla ricerca del marito Ido, un ingegnere giovane e brillante scomparso improvvisamente proprio quando stava per mettere a punto la sua invenzione, il ji-ji, un sistema di depurazione dell’acqua piovana che avrebbe consentito a ognuno di procurasela da solo e quasi gratuitamente. Tra giallo e thriller, Idromania ci racconta un futuro non troppo lontano e facilmente immaginabile, un futuro dove lo sviluppo delle tecnologie è altrettanto rapido quanto lo sfaldarsi dei legami sociali. Un romanzo intelligente e inquietante che fa sorgere domande particolarmente attuali e al tempo stesso tiene il lettore con il fiato sospeso per la sorte di Ido e per la tenacia e il coraggio di Maya che lotta per ritrovare il marito e liberare il proprio villaggio dai mercanti dell’acqua.
Da ultimo riserviamo un pensiero ai nostri bambini e approfittiamo delle vacanze per avvicinarli ai libri, dono prezioso per ogni età, invitandoli all’ascolto di una bella favola. Pa'am Achat: «Una volta». Cosí, il piú delle volte, cominciano le fiabe ebraiche che si dipanano sospese in un tempo che non è dato immaginare, libere dai confini di ogni concepibile realtà. Figure e circostanze, colpi di scena e finali si possono ripetere sovente eppure questi racconti non annoiano mai. La loro ossatura biblica è scheletro di giunco intorno cui ricamare, creando una favolistica che coniuga gli elementi delle fiabe tradizionali con il racconto sapienziale legato alle fonti religiose. Ironia, a tratti verace umorismo, sommessa distanza dalla realtà, profonda saggezza e inguaribile pazienza sono le virtú delle fiabe ebraiche - siano esse echi di adagi biblici o rifacimenti di motivi stranieri. In un caso o nell'altro, il filo conduttore del racconto, l'atmosfera che si respira, hanno inequivocabile la connotazione d'Israele. |
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