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Il Foglio Rassegna Stampa
09.07.2013 Francia, la deriva dell'antirazzismo
commento di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 09 luglio 2013
Pagina: 2
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «L’antirazzismo benpensante che processa mezza Francia, Le Pen compresa»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 09/07/2013, a pag. 2, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo "L’antirazzismo benpensante che processa mezza Francia, Le Pen compresa".


Giulio Meotti    Mouvement contre le Racisme et pour l’Amitiés entre les Peuples (Mrap).

Roma. Paul-François Paoli, in “Pour en finir avec l’idéologie antiraciste”, afferma che l’antirazzismo, nato da principi nobili, si è evoluto in una “ideologia che sterilizza il pensiero e che minaccia la libertà di espressione”. La leader del Fronte Nazionale, Marine Le Pen, sarà processata a Lione per istigazione all’odio per aver paragonato le preghiere islamiche per strada all’occupazione nazista della Francia.
Una grande vittoria del Mouvement contre le Racisme et pour l’Amitiés entre les Peuples (Mrap). Gli stessi che per poco non riuscivano a far indossare la fascetta “testo di natura antimusulmana” ai libri di Oriana Fallaci e che hanno accreditato una pratica pericolosa: concedere libertà di circolazione solo a idee o a parole che si ritengono giuste e tollerabili. Il Mrap ha persino coniato la frase “melanofobia” contro Alain Finkielkraut, che si è beccato una denuncia per istigazione all’odio dopo che dai microfoni di Radio Communauté Juive ha parlato di “vittime antillesi dello schiavismo che vivono oggi dell’assistenzialismo della madrepatria”. Si è consumato uno scisma nell’antirazzismo francese, con il Mrap da una parte e la Licra e Sos Racisme su posizioni più pragmatiche e che accusano i cugini di aver tradito la missione originaria. Così il presidente di Sos Racisme, Dominique Sopo, di origine togolese, ha detto che “l’antirazzismo benpensante è pericoloso”. Perché il Mrap, che aveva organizzato campagne per evitare che i locali notturni discriminassero gli immigrati, ha finito per allearsi con gli islamisti che hanno impedito che gli stessi immigrati musulmani andassero nei locali notturni. Il compianto presidente del Mrap, Mouloud Aounit, era stato accusato dalle altre ong dell’antirazzismo di occuparsi solo di “islamofobia”, tralasciando gli altri tipi di intolleranze e di puntare inoltre a una futura carriera politica, basata sull’appoggio della comunità musulmana. Nato da una rete creata nel 1941 per salvare i bambini ebrei dalla deportazione, l’allora Movimento contro il razzismo, l’antisemitismo e per la pace ha preso l’attuale denominazione nel 1977. Il suo slogan era “touches pas à mon pote!” (non toccare il mio amico!). Poi la degenerazione in quella che Gérard Kerforn, presidente della Confederazione delle Lande, ha chiamato “un terzomondismo primitivo che porta a tollerare nella religione dei cosiddetti poveri quello che non avremmo tollerato in altre religioni”. Nel 2002 il Mrap riuscì a imbastire un processo contro Michel Houellebecq, a causa di certe frasi contro l’islam contenute in “Plateforme”. Il Mrap ha poi presentato accuse di “crimini di guerra” contro Israele alla Corte dell’Aia e scatenato una campagna contro Arno Klarsfeld, l’avvocato figlio di celebri cacciatori di nazisti a cui l’allora ministro dell’Interno, Nicolas Sarkozy, chiese un lavoro sulla decolonizzazione. “Klarsfeld è un militante attivo della colonizzazione”, accusò il leader del Mrap Aounit. La sua colpa? “Aver servito nell’esercito israeliano”. Lo scorso 17 aprile, presso la Camera di commercio di Saint- Denis, il movimento antirazzista mandò un delegato per salutare Salah Hamouri, il terrorista che aveva pianificato l’assassinio del gran rabbino sefardita d’Israele, Ovadia Yosef. Il paradosso degli antirazzisti a braccetto coi terroristi ha spinto Alain Finkielkraut a chiamarli antisemiti “sympas” – letteralmente “simpatico” –, quelli cioè che “vogliono la pelle degli ebrei in nome del riconoscimento dell’uomo da parte dell’uomo”. Un antirazzismo che Paul Berman ha liquidato come “esercizio placa-coscienze per tonti”. Ma quando a dare la patente di antirazzista è un tribunale, come avverrà nel caso di Le Pen, si rischia di scivolare nel dadaismo. Non quello di Tristan Tzara, ma di Amin Dada.

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