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La Repubblica Rassegna Stampa
08.07.2013 20Km a nuoto in sei ore, ma per gli ayatollah non è un record
perché è donna e perché il suo costume non è abbastanza 'islamico'

Testata: La Repubblica
Data: 08 luglio 2013
Pagina: 16
Autore: Anna Lombardi
Titolo: «Elham, la campionessa di nuoto che imbarazza gli ayatollah»

Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 08/07/2013, a pag. 16, l'articolo di Anna Lombardi dal titolo "Elham, la campionessa di nuoto che imbarazza gli ayatollah".


Elham Asghari

Un pesce di nome Elham. Elham Asghari: campionessa in quell’Iran dove ogni donna è tabù, che per veder riconosciuto il suo talento in mare ha elaborato una mise castigatissima. Composta da una muta da sub, un camicione nero lungo fino ai piedi e una cuffia, coperta a sua volta da un foulard. Abiti che una volta bagnati pesano più di sei chili. «Nessuno vorrebbe nuotare così. Ma non avevo scelta». Con quell’armamentario addosso lo scorso 11 giugno ha nuotato per 20 chilometri in mare aperto a largo di Noshar, Mar Caspio. E già sarebbe un’impresa da campioni. Ma Elham, che ha 32 anni e nuota da quando ne aveva 5, lo ha fatto in meno di sei ore: conquistando quello che nel suo Paese è il nuovo record nazionale. Record che ora nessuno vuol riconoscerle: pur sotto quella sorta di hijab acquatico qualcuno avrebbe intravisto le sue forme femminili. «C’erano sei ufficiali di gara a certificare la mia impresa. Nessuno aveva avuto da eccepire. Solo dopo, la Federazione ha ritoccato il record a 18 chilometri e poi deciso di non registrarlo. Il motivo? Hanno detto che non importa quanto islamico fosse il mio costume: era comunque inaccettabile». Elham Asghari non ci sta: e affida la sua denuncia a un video postato in rete che è già diventato virale. Dove nuotando coperta, ovviamente, da capo a piedi, racconta la sua storia. Sportiva di professione — insegna nuoto alle ragazze da quando aveva 17 anni perfezionando le sue tecniche soprattutto grazie a internet — ha creato il suo costume speciale proprio per non rinunciare al suo sogno. Anzi, alla sua battaglia: «Nuotare non può essere un privilegio maschile». Parole rivoluzionarie in un Paese dove le donne possono utilizzare le piscine pubbliche solo in giorni e orari particolari e sono obbligate a frequentare spiagge “femminili” dove comunque devono stare completamente coperte: e soprattutto non possono avventurarsi in mare aperto. Le atlete hanno poche possibilità di competere: le nuotatrici iraniane non possono partecipare a gare fuori del paese e l’unica competizione internazionale dove sono ammesse sono i Women Islamic Games, giochi femminili islamici che si tengono ogni quattro anni proprio a Teheran. Elham ha sempre combattuto questi divieti: e nel 2008 — con lo stesso burkini addosso — era riuscita perfino a ottenere il suo primo record ufficiale, regolarmente certificato dal ministero dello Sport per i 12 chilometri a dorso. Poi, nel 2010, aveva tentato di circumnavigare l’isola di Kish, nel Golfo Persico. Ma dopo appena 5 chilometri — e nonostante la presenza anche in quell’occasione dei giudici di gara — venne letteralmente investita dalla barca della polizia che tentava di fermarla. I suoi abiti finirono strappati e lei fu lievemente ferita a una gamba. Un’esperienza scioccante: «Non dormii per notti e notti». Questa volta la campionessa non ci sta: e ha deciso di chiedere aiuto alla rete, anche perché, ha spiegato al quotidiano inglese Guardian, spera che col nuovo presidente Hassan Rouhani le cose possano cambiare e nel nuovo governo «non ci sia spazio per quelle persone che hanno finora ostacolato i miei tentativi». Anche altri intellettuali iraniani si stanno mobilitando. Come il videoblogger Farvartish Rezvaniyeh: che ha realizzato a sua volta un altro video virale dove, a ritmo del tormentone Harlem Shake, nuota anche lui completamente vestito in piscina, cappuccio da terrorista in testa. «I miei 20 chilometri sono ostaggio di persone che non potrebbero nuotare nemmeno per 20 metri» dice Elham. «Mi hanno detto di lasciar perdere, di pensare ad altro. Ma no. Questa volta io non riununcio». Riuscirà almeno la rete (di Internet) a salvare il pesce di nome Elham?

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