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Mordechai Kedar
L'Islam dall'interno
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L'Egitto verso la catastrofe 06/07/2013

L'Egitto verso la catastrofe
analisi di Mordechai Kedar

(Traduzione dall’ebraico di Sally Zahav, versione italiana di Giovanni Quer) 


Mordechai Kedar

Gli egiziani intervistati in televisione, che difendessero Morsi o che chiedessero le sue dimissioni, hanno usato un nuovo vocabolario che si sta imponendo sul discorso pubblico. Tutto è iniziato con il movimento di opposizione a Morsi: "ribellati" o "ribellione"–non una protesta o una manifestazione, ma una ribellione. I ribelli hanno dispiegato striscioni scritto "vattene", come quelli che mostravano i manifestanti di piazza Tahrir due anni e mezzo fa, quando il messaggio era indirizzato a Mubarak. I manifestanti, usando gli stessi striscioni, paragonavano Morsi a Mubarak, e non c'è insulto peggiore verso un presidente che è stato eletto con le prime elezioni democratiche tenutesi in Egitto. Un altro slogan utilizzato, che urlavano i manifestanti nel gennaio 2011, è "il popolo vuole far cadere il regime", a dire che il regime dei Fratelli Musulmani è illegittimo come lo era quello di Mubarak.

Altri urlano "Morsi-Korsi", in arabo "Morsi-Sedia", condannando l'attaccamento di Morsi alla sua poltrona, come Mubarak a suo tempo. I difensori di Morsi si aggrappavano alla legittimità delle libere elezioni. I suoi oppositori gridavano "ti difenderemo, Egitto", a dire che la nostra patria è minacciata dai Fratelli Musulmani, incitando a "liberare l'Egitto dall'occupazione dei Fratelli Musulmani".

I ribelli credono che senza un'azione politica, Morsi e i Fratelli Musulmani rimarranno al potere, e i Fratelli Musulmani sono sicuri che la caduta dal potere avrà conseguenze interne all'organizzazione, che si indebolirà e disgregherà; ed entrambi non sono disposti a compromessi. Nell'Egitto del dopo Mubarak non si è sviluppata un'identità collettiva in cui si riconoscessero tutti i cittadini. Le divisioni sociali e il fanatismo politico, l'economia disastrata, la disoccupazione montante, la perdita della speranza, l'aumento delle violenze, l'avvicinarsi del Ramadan, l'uso di un linguaggio estremo, sono come benzina sul fuoco che brucia nel pubblico egiziano. Questi sono le cause della catastrofe nazionale, come in Siria.

I giovani di piazza Tahrir festeggiano la loro vittoria: sono riusciti a liberarsi di Morsi, benché questo non significhi che l'Egitto si è liberato dell'Islam politico. Quaranta milioni di egiziani religiosi, che credono che l'Islam sia la soluzione ad ogni problema personale, sociale e politico, sembrano passati in secondo piano. Tuttavia la realtà si impone su qualsiasi decisione dell'esercito egiziano, che non ha ancora dovuto affrontare una milizia dei Fratelli Musulmani, ma che in passato ha già avuto a che fare con gruppi islamici radicali, come "al-gama'a al-islamiya" (il gruppo islamico), responsabile dell'omicidio di Sadat nell'ottobre 1981, "al-takfir u-l-hijra" (scomunica e esodo) e "al-najun min al-nar (la salvezza dagli inferi).

La violenza politica di questi gruppi si esprime in particolare nella forma degli attentati terroristici, e poiché la settimana prossima inizierà il Ramadan, che come tutte le feste comporta un affollamento di popolazione nelle strade, può essere il periodo ideale per organizzare attentati terroristici, sull'onda anche del diffuso sentimento di religiosità dovuto alla festa. Il periodo del Ramadan comporta anche un aumento dei prezzi con un conseguente peggioramento della crisi economica e un aggravamento della frustrazione tra i più poveri, che naturalmente vorranno vendicarsi contro chi ritengono responsabili di questa situazione: l'esercito e i giovani, primi obiettivi di possibili attentati. Un importante veicolo di idee radicali sono le moschee, sulle quali il governo non ha nessun controllo e i cui predicatori possono sobillare le folle alla violenza.

Il futuro dell'Egitto dipenderà dalle scelte politiche del prossimo futuro, in particolare se si terranno nuove elezioni o se si tornerà a una dittatura che non permetta ai Fratelli Musulmani di partecipare alla vita politica. Se l'Egitto si dimostrerà una democrazia non potrà impedire ai Fratelli Musulmani di entrare in parlamento o di accedere alla presidenza; se l'Egitto si dimostrerà una dittatura che limita i diritti politici di un gruppo, allora c'è da chiedersi: cosa ha ottenuto questa rivoluzione contro Mubarak?

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
Link:
http://eightstatesolution.com/
http://mordechaikedar.com/


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