Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 03/07/2013, a pag. 1-34, l'editoriale di Sergio Romano dal titolo "L'ossessione del controllo".
Sergio Romano
Secondo Romano, dopo l'11 settembre, esisterebbe in Occidente e negli Usa in particolare un'ossessione per il controllo che si traduce nell'invasione ingiustificata della sfera privata del cittadino.
In tutta risposta, citiamo le parole di Barack Obama "Non puoi avere il cento per cento di sicurezza, il cento per cento di privacy, e zero inconvenienti. Come società, dobbiamo fare una scelta"(http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=6&sez=120&id=49466). Se si tratta di sicurezza e privacy, la scelta è abbastanza scontata.
Ecco il pezzo:
Esiste un filo che lega il caso di Edward Snowden alle vicende dell'Intelligence americana negli ultimi decenni. La storia comincia nel 1975 quando il senatore Frank Church fu chiamato a presiedere una commissione d'indagine sulle attività della Central Intelligence Agency e del Federal Bureau of Investigation. La guerra del Vietnam, la pubblicazione sul New York Times nel 1971 dei «Pentagon Papers» (una imbarazzante fuga di notizie sulla strategia americana durante il conflitto) e lo scandalo del Watergate nel 1972 avevano suscitato una irresistibile domanda di pulizia e trasparenza. La Commissione produsse centinaia di pagine sulle armi tossiche, lo spionaggio epistolare, le operazioni segrete, gli omicidi mirati, le frequenti violazioni del Quarto emendamento (la necessità di una autorizzazione giudiziaria per le perquisizioni e gli arresti). Il rapporto gettò le basi per una radicale limitazione della libertà con cui i maggiori organismi della sicurezza americana avevano operato negli anni precedenti. Non tutti accettarono di buon grado le nuove regole d'ingaggio e parecchi analisti sostennero che il Senato, con le sue misure restrittive, aveva pregiudicato la sicurezza del Paese.
Le critiche divennero ancora più aspre dopo il crollo del muro di Berlino quando un gruppo d'intellettuali della destra repubblicana (i neoconservatori) sostennero che gli Stati Uniti, vincitori della Guerra fredda, avevano ormai il diritto e il dovere di governare il mondo senza sottostare ai limiti paralizzanti del passato. Bill Clinton, durante la sua presidenza, fece qualche concessione fra cui il lancio del satellite Echelon per la raccolta di informazioni soprattutto economiche. Ma evitò d'intaccare lo spirito della Commissione. Il quadro cambiò dopo l'assalto alle Torri gemelle nel settembre del 2001. I neoconservatori erano arrivati al potere nelle salmerie della presidenza Bush e colsero l'occasione per una svolta radicale. Tutto ciò che Cia e Fbi avevano perduto grazie alla Commissione Church fu restituito con gli interessi. Una legge, il Patriot Act, sostenne che era indispensabile e patriottico ascoltare, intercettare, registrare, trattare i prigionieri di guerra come banditi e criminali, giudicarli di fronte a commissioni militari o lasciarli invecchiare senza giudizio in un pezzo di territorio cubano chiamato Guantanamo. Qualcuno osservò che l'America stava combattendo per la democrazia con i metodi della Santa Inquisizione, ma i neoconservatori e i loro leader (Dick Cheney alla vicepresidenza, Donald Rumsfeld al Pentagono) poterono contare per parecchio tempo sulla paura e l'indignazione di una società che aveva improvvisamente scoperto, l'11 settembre del 2001, la propria vulnerabilità. Le legittime preoccupazioni dell'opinione pubblica divennero da quel momento l'alibi di cui i consiglieri di Bush si servirono per sciogliere i molti vincoli che avevano limitato in passato i poteri dell'esecutivo.
Sembrò che Barack Obama, dopo l'elezione alla Casa Bianca, avrebbe restaurato l'ordine costituzionale e mantenuto una promessa (la chiusura di Guantanamo) fatta durante la campagna elettorale. Ma voleva vincere le guerre di Bush, raggiungere lo scopo con il minore numero possibile di vittime americane, dare qualche soddisfazione all'establishment militare.
Prigioniero di queste contraddizioni, il presidente trasformò la Cia in un corpo combattente e le affidò un'arma, il drone, che ha un pilota in camice bianco a diecimila miglia dal campo di battaglia e il vizio di distinguere male il nemico dall'amico. Il risultato è un servizio d'intelligence che ha un numero di segreti incomparabilmente superiore a quello del periodo che precede la Commissione Church. Non è tutto. Questa fase della politica americana coincide con l'avvento di nuove tecnologie della comunicazione che consentono di ascoltare e intercettare, letteralmente, tutto e tutti: una raccolta indifferenziata, una pesca allo strascico in cui gli algoritmi possono pescare tutto ciò che può servire all'esercizio del potere. Julian Assange, fondatore di Wikileaks, non è simpatico e le sue rivelazioni hanno esposto a molti rischi la vita di coloro che combattono in Afghanistan. Ma la sua apparizione sulla scena internazionale ha colto una domanda di pulizia e trasparenza che ricorda per molti aspetti il clima della metà degli anni Settanta.
Edward Snowden, dal canto suo, ha qualche merito in più. Mentre Assange ha rivelato segreti militari (una categoria che molti considerano legittima), Snowden dice al mondo che gli Stati Uniti entrano sistematicamente nelle nostre case e nella nostra vita. Tutto ciò è accaduto, per di più, in una fase in cui l'America non perdeva occasione per rimproverare a Vladimir Putin la sua sistematica violazione dei diritti umani e ai cinesi le loro scorrettezze cibernetiche. Non è sorprendente che russi e cinesi si comportino ora con la soddisfazione di chi è finalmente in grado di saldare il conto. E non è sorprendente che Snowden diventi tanto più popolare quanto più l'America cerca di processarlo per alto tradimento. Quanto all'Europa non v'è ragione per cui debba astenersi dal dire a Washington che un rapporto di amicizia è tale soltanto quando non è sfacciatamente ineguale. Ma in ultima analisi il fattore di cui Barack Obama dovrà tenere maggiormente conto è la sua opinione pubblica. Se gli americani gli chiederanno pulizia, il presidente dovrà probabilmente ricorrere a una nuova Commissione Church.
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