Riportiamo da FOCUSONISRAEL.ORG l'articolo di Alex Zarfati dal titolo "Israele, l’Onu e le accuse di abusi sui bambini".
Questi giorni c’è stato un gran parlare intorno ad un recente rapporto delle Nazioni Unite che contiene un accusa molto grave. Secondo una commissione per i diritti dell’infanzia dell’ONU le forze armate israeliane hanno usato i bambini palestinesi come scudi umani in alcune operazioni militari e hanno perpetrato gravi abusi che comprendono “torture, abusi sessuali, minacce di morte e isolamento”. La cosa ha avuto piuttosto eco sui media, dove quando si parla di Israele a prescindere di ciò di cui si parla, è facile che ogni palla di neve si trasformi in una valanga. Per i detrattori di professione poi, per i quali spesso basta il crollo di un castelletto di sabbia a giustificare un pezzo sulla barbarie del sionismo, un rapporto addirittura firmato da un organo internazionale, è stata una ghiotta occasione alla quale non si è rinunciato per vomitare odio sul paese ebraico. In questa nuova crociata tra carta stampata e internet anche l’informazione più neutra riferiva la vicenda senza provare nemmeno ad avanzare uno straccio di dubbio nei confronti di un documento che veniva accettato come fosse un libro sacro. Si capiva benissimo che molti giornalisti il Rapporto non l’avevano nemmeno aperto e tra i commentatori il verdetto è stato unanime: gli israeliani confermano per l’ennesima volta di essere dei mostri che imprigionano immotivatamente bambini responsabili per lo più del lancio di sassi e di resistenza passiva, e rappresentano in quanto a crudeltà un caso più unico che raro nel mondo. Prima di tutto è bene chiarire che se gli abusi ci fossero stati (il condizionale è d’obbligo, e vedremo perché), tali abusi andrebbero condannati nella maniera più dura, e nulla di quanto segue può in qualche modo essere interpretato come un tentativo di nascondere, minimizzare o assolvere ogni eventuale responsabilità. Ma la vicenda e i commenti che sono seguiti alla diffusione di questa notizia meritano la spesa di qualche minuto per inquadrare la faccenda in un contesto più ampio.
7000 bambini detenuti. Chi sono questi bambini? Già il fatto di chiamarli “bambini” denota una certo orientamento. In realtà si tratta per la maggioranza di adolescenti tra i 13 e 17 anni. E’ bene sapere che le corti militari considerano i bambini di età compresa tra i 16 e i 18 come adulti, a causa della consuetudine di alcuni paesi di utilizzarli come soldati, ma la commissione ONU si rifiuta di considerarli tali, e continua a chiamarli “bambini” per rafforzare il suo assunto. In ogni caso questi adolescenti non vengono strappati alle loro famiglie per un capriccio dei cattivi soldati israeliani, ma sono tutti responsabili di reati. Forse non tutti lo sanno, ma a Gaza sono moltissimi i giovani che ricevono un addestramento militare uguale a quello degli adulti e fin dalla più tenera età vengono tirati su con la cultura delle armi e dell’odio contro Israele (esistono centinaia di fonti al riguardo, ne uso una a caso). L’incitamento alla violenza è pane quotidiano nelle famiglie e nelle scuole, che addirittura organizzano seminari estivi per insegnare ai ragazzi l’uso delle armi e le tecniche d’assalto. Nelle file dei cosiddetti “miliziani” di Hamas figurano in gran numero ragazzini di 16 e 17 anni, che a loro volta incoraggiano altri coetanei cercando di reclutarli o di terrorizzarli. L’indottrinamento antisraeliano e l’esaltazione del martirio partono dall’asilo in cui si mettono in scena sequestri di militari israeliani, mentre succede di tutto nei campi organizzati dal movimento integralista che controlla la Striscia. E se l’uso del termine “bambino” per noi occidentali richiama alla mente un giovane virgulto che si è appena affacciato alla vita bisognoso di protezione, nel caso degli arrestati questa descrizione non corrisponde al vero. A titolo esemplificativo, uno dei “bambini” considerati anagraficamente tali dal rapporto è Hakim Mazen Awad, responsabile dello sgozzamento di una neonata di 3 mesi, un bambino di 3 anni e uno di 11, insieme ad altri due adulti nella strage di Itamar, trovati nel Marzo del 2011 nei loro letti in un lago di sangue dall’unica sopravvissuta di 12 anni. La verità piuttosto è quella descritta nelle parole di un documento di Amnesty International che denuncia come i gruppi armati palestinesi abbiano ripetutamente mostrato un totale disprezzo per i diritti umani più fondamentali, in particolare il diritto alla vita, prendendo deliberatamente di mira i civili israeliani e utilizzando bambini palestinesi in attacchi armati. Proprio i bambini sono suscettibili di reclutamento attraverso la manipolazione e possono essere spinti a unirsi a gruppi armati per una serie di motivi, tra cui il desiderio di vendicare parenti o amici.
Tirano solo sassi. Che minaccia possono rappresentare questi bambini che tirano i sassi? Facciamo chiarezza: c’è da dire che molti degli arrestati con i sassi non hanno niente a che vedere, perché sono dei veri e propri bambini-soldato. Hussam Abdo per esempio, a soli 15 anni, si è presentato ad un check point imbottito di tritolo per farsi saltare in aria con le guardie di confine, la cosa incredibile è che l’immagine del bambino, spogliato dell’ordigno esplosivo e circondato dai soldati israeliani che gli hanno salvato la vita, viene addirittura usata come immagine per fomentare l’odio antisraeliano. In ogni caso anche parlare di “sassi” è improprio. I “sassi” non sono quelli ad uso dei fotografi che ritraggono bambini con un mucchietto di ghiaia in mano, ma sono pietre e rocce che vengono scagliate contro le auto in corsa con l’obiettivo di uccidere. Solo qualche giorno fa a San Cesareo in Italia è stato arrestato un tizio che gettava dei sampietrini da un cavalcavia, qualcuno spieghi dunque all’Onu perchè agli israeliani la prerogativa dell’arresto non dovrebbe essere concessa, quando questi attacchi fanno morti e feriti giornalmente. Un recente episodio di cronaca riguarda una bimba di 2 anni finita fuori strada e rimasta incastrata nelle lamiere con la mamma dopo che la loro auto era stata attaccata dai lanciatori di pietre. Sorprendersi che questi minorenni possano rappresentare una minaccia seria e meritevole dell’arresto è grottesco, quando i gruppi armati non fanno differenza tra adulti e minori e anzi hanno una particolare predilezione proprio per i secondi: confidano che non vengano percepiti come una minaccia dai soldati israeliani e con l’effetto collaterale che in caso di morte o di arresto possono essere utilizzati come arma mediatica.
Ayat Al Akhras
La catena di “confessioni” e denunce che hanno portato al lavoro della commissione non è casuale. Fa parte di una strategia iniziata qualche decennio fa da parte dei dirigenti palestinesi, che nell’impossibilità di ottenere qualcosa con la lotta armata, o con le concessioni attraverso la negoziazione hanno inaugurato un disegno mediatico per colpire al cuore l’occidente che ci è caduto con tutte le scarpe. L’ultima pensata sono i piccoli ribelli, che fanno tenerezza, e magari se sono fortunati fanno anche qualche morto. L’uso militare dei bambini da parte delle organizzazioni terroristiche palestinesi prevede di solito tre forme: i giovani possono prendere parte direttamente alle ostilità (bambini-soldato, appunto), possono essere usati con ruoli di supporto, come trasporto di materiale bellico, spionaggio e vedetta, o possono essere usati come vantaggio politico facendo da scudi umani o facendosi immortalare per la propaganda. Ayyat Al- Akhras per esempio aveva 17 anni quando uccise in un attentato suicida due persone in un supermarket di Gerusalemme il 29 Marzo del 2002. Perché né la Commissione né alcun giornalista ha ricordato il sistematico impegno palestinese per incoraggiare i bambini a rischiare la loro vita ogni volta che attaccano Israele? Eppure la Convenzione sui Diritti del Bambino delle Nazioni Unite, all’Articolo 37, (1989) proclama: “Le parti devono adottare tutte le misure possibili per garantire che le persone che non hanno raggiunto i 15 anni di età non partecipino direttamente alle ostilità. Tuttavia, le persone che hanno superato l’età di 15 anni, ma sotto l’età di 18 anni possono comunque volontariamente prendere parte ai combattimenti come soldati”. Il Protocollo opzionale sul coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati alla Convenzione, in vigore dal 2002, stabilisce addirittura di “adottare tutte le misure possibili per garantire che persone al di sotto dei 18 anni comunque non partecipino direttamente alle ostilità e non siano obbligatoriamente reclutati nelle forze armate ” e a «prendere tutte le misure possibili per prevenire tale reclutamento e l’impiego, compresa l’adozione di misure legali necessarie per proibire e criminalizzare tali pratiche” (Art. 4, Protocollo opzionale) Mi sembra piuttosto che i palestinesi di Hamas e delle altre forze cosiddette di resistenza si siano impegnati esattamente al contrario, nell’indifferenza generale, tranne quando è israele ad “abusare” di loro, arrestandoli. La verità è che i veri mandanti al caldo delle loro case nel migliore dei casi non si fanno scrupoli a mandare allo sbaraglio in propri figli a provocare i soldati, sperando in una reazione nervosa, in un attimo di perdita di controllo che permetta di scattare l’implacabile foto che inchioda. In questo filmato – in cui compare la famosa bambina bionda ribattezzata “Shirley Temper” che provoca per farsi ritrarre dai fotografi al minuto 4:18 notate come il bambino che si fa un po’ indietro venga letteralmente spinto addosso ai soldati. Quale mamma degna di questo nome si comporterebbe così con un figlio che ama?
L’accusa ad Israele di commettere regolarmente abusi sui bambini è infamante, ma piuttosto è vero esattamente il contrario. La propaganda islamica e filopalestinese si sbraccia per addossare agli israeliani i crimini di cui i loro “militanti” si sono macchiati di continuo i terroristi stessi. L’omicidio di Shalhevet Pass del 26 Marzo del 2001 ad Hebron, ne è un esempio. Un cecchino palestinese ha sparato nella culla ad una neonata di 10 mesi mirando deliberatamente ad uccidere. Non solo i responsabili non vengono mai assicurati alla giustizia, piuttosto le cose vengono negate e mistificate, fino ad affermare il contrario: la “Voce della palestina” la radio ufficiale della’ANP The Voice of Palestine, in quei giorni parlava di una montatura e che ad uccidere con un fucile fosse stata la madre israeliana della bambina. Oppure pensiamo alle vittime dell’attentato alla scuola Mercaz Harav, avvenuto il 6 Marzo 2008 in cui persero la vita Avraham David Moses (16 anni), Ro’i Roth (18 anni), Neria Cohen (15 anni), Yonatan Yitzhak Eldar (16 anni), Yochai Lifshitz (18 anni), Segev Peniel Avihail (15 anni), Yehonadav Haim Hirschfeld (19 anni), Doron Meherete (26 anni). Attentato per il quale a Gaza si ricordano ancora i grandi festeggiamenti proprio perché l’obiettivo di colpire degli adolescenti era stato raggiunto.
A questo punto prendiamo atto che c’è ampia documentazione sul fatto che i palestinesi incoraggiono i minorenni a commettere reati. Ma perché un rapporto che viene da una commissione dell’ONU non dovrebbe essere attendibile? Le sue commissioni non sono super partes? No, non lo sono. In modo particolare quando si tratta di Israele. Israele per l’ONU è sempre colpevole qualsiasi cosa faccia, ne sono prova il numero enorme di risoluzioni che in modo ossessivo sono sempre state rivolte contro lo stato ebraico ignorando paesi in cui si sono compite stragi indicibili. L’ONU è l’organizzazione sotto la quale si è organizzata “la conferenza di Durban”, la più grande manifestazione antisemita della storia recente ,e i cui organismi collegati non vedono che i torti di Israele, ignorando quelli dei palestinesi. Che il Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu fosse saldamente nelle mani dei Paesi arabi è una cosa nota, basti dare un’occhiata ai suoi membri (passati e presenti) per rendersi conto che è tutto fuorché un organismo imparziale o atto a difendere i Diritti Umani. Riuscite a immaginare dunque un rapporto di rispetto dei trattati su uno stato (l’America, per esempio), scritto dal punto di vista del dichiarato nemico ideologico (tipo l’ex Unione Sovietica, quando era ancora marxista, per esempio) e da un comitato di avvocati e burocrati provenienti da Marte? Se ci riuscite, allora avrete un’idea delle 21 pagine di pesante legalese che è il rapporto su Israele del Comitato delle Nazioni Unite sui Diritti del Bambino (63a sessione, 27 maggio-14 Giugno 2013). Non è solo un ordine del giorno tutto a svantaggio di Israele, si tratta di un progetto per la sua demonizzazione utilizzando il linguaggio dei diritti umani e dei bambini come una giustificazione. In attesa di prove concrete, semmai la responsabilità dello Stato d’Israele è quella di non aver collaborato con questi ispettori, ma chi potrebbe dargli torto con certe premesse create ad arte solo per otttnere un risultato falso e discriminatorio? Collaborare con questi ispettori avrebbe significato in qualche modo legittimare ad esempio l’assunto iniziale che Israele è una potenza occupante,e la cui presenza nei territori di Giudea, Samaria, Gaza, Golan, Gerusalemme è assolutamente illegale. Quindi come in altre occasioni è avvenuto, è stato condannato in contumacia senza possibilità di difendersi. Oltretutto la Commissione si è permessa di entrare in materie non di sua competenza consigliando ad Israele cosa mettere nella sua costituzione (come se ogni stato che non fosse una dittatura, potesse farlo senza consultazioni) e si riferisce al Governo di Gerusalemme con l’espressione “State Party”, un modo per evitare di riferirsi ad Israele come Israele, essenzialmente soddisfando la pretesa araba che Israele non debba essere legittimato nominandolo. Inoltre la commissione parla senza contraddittorio e nella stampa invece si è espresso nessuno riferisce delle reazioni di Israele. Yigal Palmor, portavoce del Ministero degli Esteri israeliano invece si è espresso chiaramente e ha bocciato il report e respinto l’accusa di aver negato la collaborazione come “una scandalosa menzogna”. E “ogni riferimento all’uso di minori palestinesi usati come informatori o scudi umani è una menzogna crata ad arte” “La Commissione è stata pienamente informata che l’uso di minori come scudi umani è assolutamente vietato. Inoltre i firmatari del rapporto insinuano che non c’è stata mai questa precisazione da parte di Israele” aggiunge.
Non sarebbe la prima volta che il lavoro di una commissione dell’Onu produce un lavoro assolutamente avverso ad Israele, come il già citato Rapporto Golstone, poi ritrattato quando il danno era stato fatto, o bufale vere e proprie come quella della prigione di Al Jalame .Quindi avanzare legittimi dubbi sulla letteratura prodotta da queste commessioni ai danni d’Israele non solo è lecito, ma nella maggior parte dei casi fondamentale. Ricordiamo poi che la democrazia israeliana è assolutamente funzionante e nella sua storia ogni crimine realmente documentato di fronte ad una corte perpetrato dall’esercito o da qualsasi altra entità israeliana è arrivato fino in fondo, anche quando gli imputati erano illustri esponenti della società israeliana .
Tra i membri della Commissione Onu e tra i più fermi avversari di Israele ci sono paesi che sono stati più volte e in modo definitivo responsabili di condotte ben peggiori. Certo questo non minizza affatto le eventuali responsabilità dell’esercito israeliano in caso di abuso, ma ci sembra che far presiedere le commissioni a questi paesi sia inadeguato come far testimoniare un assassino seriale in un delicato caso di omicidio. Solo ad una manciata di chilometri da Israele Assad e i ribelli siriani hanno reclutato bambini e bambine di età inferiore ai 18 nelle loro fila, utilizzati per lo più come “kamikaze o scudi umani”, in combattimento e di supporto. Altre segnalazione delle Nazioni Unite – mai citati in nessun articolo che si scaglia contro Israele – parlano di abusi regolari in Somalia, Iraq, Afghanistan, Libia, Costa d’Avorio, e così via.
Shirley Temper
Per concludere possiamo dire che tutta la vicenda ha dei toni di condanna su Israele che hanno dell’assurdo. In questo “processo” – come spesso gli è successo – Israele è un imputato che non ha avuto la possibilità di difendersi come si conviene e su cui non pesa nessuna prova certa. Mentre è certo il fatto che non sia stato nemmeno citato il reclutamento da parte delle organizzazioni terroristiche, il coinvolgimento dei giovani in attentati suicidi, lanci di molotov, lanci di pietre e di granate, uso di esplosivi, autobombe, trasferimento di armi, sequestro di persona, lancio di razzi, così come aggressioni e omicidi. Anche se questo rapporto non fosse confermato a seguito di ulteriori indagini quindi, il verdetto inferto contro Israele è stato già di condanna, perché secondo l’opinione pubblica fomentata da un modo meschino di fare informazione ha arrestato, detenuto, interrogato e fatto pressioni su bambini responsabili del lancio di qualche sasso, quando addirittura non ne ha abusato. Tutta la stampa che ha utilizzato questo rapporto per accusare Israele, si è guardata bene dal domandarsi se forse l’abuso certo e non presunto non sia quello invece di utilizzare adolescenti e bambini per tecniche di guerriglia, spingerli a uccidere e rischiare di farsi uccidere e condannarli fin dai primi anni di vita a un’esistenza da terrorristi. Nessuno si è chiesto chi fossero, ad esempio, le famiglie di questi ragazzi, i loro parenti, e che ruolo possano aver avuto nello spingerli ad attività che non dovrebbero aver nulla a che fare con adolescenti. Senza contare che – visto che il 95% degli arabi nell’Autorità palestinese e il 100% a Gaza frequentano scuole senza alcun input israeliano – che se la Commissione avesse voluto fare un lavoro completo a favore dei diritti dei bambini sarebbe bastato indagare all’incitamento alla violenza e al martirio direttamente nelle loro scuole.