Esce oggi nelle sale World War Z, prodotto da Brad Pitt. Riprendiamo dalla STAMPA del 27/06/2013, apag. 35, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo "Chi vince sui morti viventi? Israele e Corea del Nord".
Maurizio Molinari
Il muro di Israele e la ferocia di Kim Jong Un sono gli unici argini capaci di fermare gli zombie all’assalto dell’umanità: i messaggi di geopolitica contenuti nel film World War Z fanno discutere perché sollevano il dubbio che il produttore Brad Pitt abbia sfruttato il grande schermo per esprimere un’opinione controcorrente sui temi più caldi della politica internazionale.
Il muro di Israele è il protagonista della scena centrale del film perché protegge a Gerusalemme tanto ebrei che palestinesi dall’assalto degli zombie, proprio come avviene nel romanzo di Max Brooks a cui si ispira. Si tratta di una gigantesca parete di cemento che richiama alla memoria la barriera difensiva iniziata dall’ex premier Ariel Sharon e continuata dal successore Benjamin Netanyahu per proteggere lo Stato ebraico dagli attacchi kamikaze. E in più l’imponenza della costruzione evoca le muraglie con cui nell’antichità ci si proteggeva dagli assalti dei barbari, se non addirittura il Muro del Pianto della Città Vecchia di Gerusalemme.
Nel caso della Corea del Nord invece è la ferocia del dittatore che insegue le armi nucleari a trasformarsi in un antidoto perché la spietata disposizione di asportare i denti da tutti i cittadini si rivela una efficace contromisura nei confronti del contagio degli zombie. Il fatto che tutto ciò avvenga sotto gli occhi di Pitt, che nel film interpreta un funzionario delle Nazioni Unite, avvalora l’impressione di trovarsi di fronte ad una sorte di etica internazionale, dove sono gli estremi opposti la ricetta più adatta a difendere il Pianeta. Per il New Yorker «chi va al cinema a vedere questo film è spinto alla conclusione che Benjamin Netanyahu e Kim Jong Un sono i leader più saggi della Terra» con la differenza che il nordcoreano è meno umano e più spietato dell’israeliano mentre il Los Angeles Times arriva a dedurre che «il muro diventa uno strumento di pace dopo essere stato a lungo un simbolo negativo nel contesto del conflitto arabo-israeliano». «Sono domande sulle quali riflettere» suggerisce il Washington Post .
Brad Pitt evita per il momento di esprimersi in materia ma è impossibile ignorare la coincidenza fra la valorizzazione del muro come strumento di difesa e quanto sta avvenendo in più nazioni del Nordafrica e del Medio Oriente, dove il divampare di rivolte e violenza porta ad una necessità di protezione fisica da parte delle popolazioni civili.
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