Sul FOGLIO di oggi, 27/06/2013, a pag.3, con il titolo " Causa Putin, Erdogan chiude alle armi per i ribelli siriani", Pio Pompa riferisce la decisione di Erdogan di chiudere il passaggio dalla Turchia delle armi destinate ai ribelli siriani.
Recep Tayyp Erdogan Vladimir Putin
Fonti d’intelligence mediorientali sentite dal Foglio hanno confermato la notizia secondo cui il premier turco, Recep Tayyp Erdogan, avrebbe direttamente comunicato mercoledì scorso al presidente americano, Barack Obama, in visita a Berlino, la decisione di chiudere il passaggio sul suolo turco di armi destinate ai ribelli siriani. Le motivazioni addotte da Erdogan avrebbero fatto riferimento al timore di esporre il suo paese a possibili ritorsioni da parte russa specie dopo l’esito dell’ultimo G8 in Irlanda del nord, che ha confermato la dura opposizione di Mosca a qualsiasi soluzione della crisi siriana diversa da quella politica e diplomatica. “In realtà – raccontano le nostre fonti – alla drastica decisione assunta dal premier turco hanno concorso due elementi essenziali. Il primo riguarda le prese di posizione espresse sia dai paesi europei sia dagli Stati Uniti sulle manifestazioni che hanno sconvolto la Turchia, ritenute da Erdogan un tradimento consumato nel momento in cui il suo governo stava producendo, nell’ambito delle strategie concordate soprattutto con Washington, il massimo sforzo nella crisi siriana. Tradimento che, secondo il leader turco, avrebbe determinato il suo isolamento politico ponendolo in grave difficoltà, come fosse l’espressione di un regime dittatoriale e non di uno stato democratico”. “Il secondo elemento è legato alla durissima reazione di Mosca. Da qui anche la freddezza negli incontri bilaterali tra Putin e Obama durante il G8 nel constatare che le armi, acquistate sul mercato internazionale e segretamente trasferite ai ribelli siriani dagli Stati Uniti e dalla Nato sfruttando il corridoio turco, erano quasi tutte di fabbricazione russa. Sicché, fatta eccezione per i missili terra-aria forniti ai ribelli dall’Arabia Saudita, le parti in conflitto hanno finito con l’usare, l’una contro l’altra, quasi solo armi russe. Un fatto, questo, considerato dal Cremlino un affronto e una provocazione imperdonabili”. A pagare le conseguenze di tutto ciò saranno, ancora una volta, il popolo e l’opposizione siriani: da un lato la Russia potrebbe decidere, per ritorsione, di accelerare la fornitura a Damasco, confermata giovedì scorso dal ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, dei sistemi missilistici di difesa aerea S-300. Dall’altro la decisione di Ankara di chiudere i propri canali per il trasferimento di armi ai ribelli rischia di tradursi in un enorme vantaggio per le forze del regime di Bashar el Assad e per Hezbollah che, dopo la presa della città siriana di Qusayr, stanno concentrando i loro sforzi per riconquistare anche la città di Aleppo. In tal modo, i ribelli non potranno più ricevere armi nelle battaglie decisive nel nord del paese, difficilmente raggiungibile dagli aiuti militari provenienti dalla Giordania. Eppure nella conferenza degli Amici della Siria, svoltasi venerdì e sabato scorsi a Doha, nel Qatar, nessuno si è soffermato sulle conseguenze strategiche della rabbiosa reazione russa e della drastica decisione assunta da Erdogan. “A Doha – continuano le nostre fonti – si è ripetuto sulla Siria lo stesso surreale copione vissuto al G8 di qualche giorno fa. Alla tesi sostenuta dal Qatar per cui solo fornendo armi ai ribelli si può ottenere la pace, altri, come il ministro degli Esteri britannico William Hague, hanno replicato sostenendo che bisognerà ancora riflettere sulla decisione di fornire aiuti letali all’opposizione siriana. La realtà è che a Washington non si hanno idee chiare su cosa sarebbe meglio fare. Il dilemma sul fatto che le armi date ai ribelli possano finire nelle mani dei jihadisti prefigurando scenari libici pesa come un macigno sulle decisioni della Casa Bianca. Ecco perché nonostante le dichiarazioni di pieno sostegno, anche militare, all’opposizione siriana, il vertice di Doha si è concluso in un nulla di fatto”.
Per inviare al Foglio la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante