Sul FOGLIO di oggi, 26/06/2013, a pag.1, con il titolo " Così il rais egiziano prova a bloccare il conto alla rovescia contro di lui", Daniele Raineri analizza la situazione egiziana, un paese travolto dalle proteste contro il regime dei Fratelli Musulmani e da una profonda crisi economica.
Per approfondire l'argomento, i commenti di Zvi Mazel, nella sua rubrica in Home Page.
Ecco l'articolo:
Roma. Questa sera il presidente egiziano, Mohammed Morsi, prova a rispondere con un discorso alla nazione trasmesso in tv alla crisi di legittimità che lo sta colpendo. Dopo un anno di governo senza alcun progresso, una rivolta sanguinosa a gennaio a Port Said, un accordo per un prestito da 4,8 miliardi di dollari con il Fondo monetario internazionale ancora in sospeso pur dopo trattative interminabili, e dopo rigurgiti di repressione gravi, come quello contro le ong straniere, o sterili come quelli contro il comico Bassem Youssef e la pornografia, l’opposizione contro il presidente sta diventando robusta ogni oltre aspettativa. La campagna per raccogliere 5 milioni di firme per chiedere le sue dimissioni e nuove elezioni presidenziali ne ha ottenute 15 milioni e domenica – primo anniversario della vittoria di Morsi – si materializzerà nelle strade del Cairo con una manifestazione che si prevede gigantesca. Il presidente e il partito creati dalla Fratellanza musulmana per vincere le prime elezioni del dopo Mubarak hanno deluso nel campo più importante, la crisi dell’economia. Il candidato del fronte laico sconfitto malamente nel 2012, Mohammed ElBaradei, riassume il fallimento in un articolo su Foreign Policy pieno di senso di rivalsa: “La sharia non si mangia”. “I Fratelli stanno perdendo anche perché a dispetto dei loro grandi slogan non sono stati capaci di mantenere le promesse. La gente vuole cibo in tavola, sanità, istruzione, tutte queste cose – e il governo non è riuscito a soddisfare le aspettative. La Fratellanza non ha le persone qualificate che servono, come invece i partiti liberali e di sinistra. C’è bisogno di formare una grande coalizione e di mettere a parte le differenze ideologiche per concentrarsi sui bisogni del popolo”. Il portavoce della campagna per le dimissioni di Morsi (chiamata Tamarrod, ribellione), dice al Financial Times che non ci sarà “alcuna trattativa, retromarcia o dialogo sulla fine di Morsi”. Alla protesta parteciperanno i nostalgici di Mubarak, cui non par vero di cogliere una chance contro i Fratelli, e anche una porzione abbondante del cosiddetto Hizb al Kanaba, il partito del divano, vale a dire la maggioranza silenziosa che non ha partecipato alla ribellione contro Mubarak e di solito preferisce stare sul divano. La novità sarà la presenza di quegli elettori che Thomas Friedman, in un pezzo sul New York Times, chiama gli “spremitori di limoni”, dal detto egiziano riservato a chi manda giù qualcosa che non gli piace: “Prima ci ho messo del limone sopra”. Politicamente è l’equivalente dell’italico “turarsi il naso”. Gli spremitori di limone sono quegli elettori che hanno votato Fratellanza musulmana alle scorse elezioni pur senza essere Fratelli, lo hanno fatto controvoglia, anzi temendo la possibilità di una deriva islamista, perché volevano che il paese entrasse finalmente in una fase di stabilità politica, e che poi ne derivasse prosperità economica. Non è andata così e ora sono pronti a richiedere la loro fiducia indietro. Anche una parte dei salafiti è schierata contro Morsi. La protesta però non segna la nascita di una nuova opposizione politica compatta e capace di farsi ascoltare – al Cairo resta un miraggio. Piuttosto, segna l’alzarsi della tensione, ancora. L’ambasciata americana chiuderà, il ministero dell’Interno segnala il furto di uniformi militari dicendo che “probabilmente sono provocatori che vogliono infiltrarsi tra le forze di sicurezza”, dalla capitale egiziana raccontano di code ai bancomat per ritirare soldi in anticipo sugli eventi e di code ai distributori di benzina (queste ultime, per la verità, sono ormai all’ordine del giorno perché i rifornimenti sono a singhiozzo). Il ministro della Difesa, Abdul Fattah al Sisi, domenica ha avvertito che l’esercito potrebbe essere costretto a intervenire per prevenire la violenza nelle strade se gli islamisti e l’opposizione non riuscissero a trovare un compromesso – le sue parole sono state interpretate come la possibilità (remota) di un ritorno dei generali al potere, come dopo Mubarak. Anche qui, tensione con gli sciiti Il contenuto del discorso che Morsi pronuncerà questa sera è ancora misterioso. Il fatto che sia stato preceduto da grandi manifestazioni organizzate dalla Fratellanza lascia capire che non ci saranno concessioni (vedete, il popolo è con me) e secondo alcune indiscrezioni ci sarebbero accuse contro “complotti stranieri” e appelli alla riconciliazione nazionale. Due giorni fa il rais è stato criticato anche per avere risposto blandamente all’uccisione di cinque sciiti da parte di fanatici sunniti, è una violenza di tipo nuovo. Lo spillover della guerra civile siriana raggiunge anche l’Egitto.
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