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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Il Giornale Rassegna Stampa
23.06.2013 Afghanistan: quanto costa il ritiro
cronaca di Eleonora Barbieri

Testata: Il Giornale
Data: 23 giugno 2013
Pagina: 12
Autore: Eleonora Barbieri
Titolo: «Kabul, l’addio alle armi è una bomba a orologeria»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 23/06/2013, a pag. 12, l'articolo di Eleonora Barbieri dal titolo "Kabul, l’addio alle armi è una bomba a orologeria".


Afghanistan, due soldati piegano la bandiera americana

È costoso anche lasciare. Per l’America,l’Afghani­stan è un prezzo da paga­re, e non solo politico: sono mi­lioni di dollari, miliardi. Non so­lo q­uelli spesi in oltre un decen­nio di missione, ma anche quel­li che mancano per arrivare alla data cruciale, il ritiro program­mato per la fine del 2014. E fra le centinaia di dettagli materiali da considerare, ce n’è uno che gli uomini del Pentagono anco­ra cercano di risolvere: che fare di tutte le armi e gli equipaggia­menti dispiegati. Il problema è che sono troppi, ingombranti da rimpatriare e comunque, or­mai, inutili. Alla fine, circa il venti per cento del totale rimar­rà a Kabul; ma siccome non può rimanere così com’è (non si sa mai), dovrà essere in qual­che modo distrutto. Una specie di rottamazione colossale. Fa­rewell to Arms . In soldi, sette mi­liardi di dollari di equipaggia­mento che saranno di fatto ab­bandonati. Seminati fra le roc­ce afghane. Fatti a pezzi per es­sere rivenduti al mercato, un tanto al chilo. Il Washington Post ha raccontato questa nuo­va polemica nella polemica sul ritiro, che è anche una questio­ne di immagine: in un momen­to di tagli non è bello che miliar­di di dollari siano sprecati così, mollati oltreoceano, buttati al­le spalle insieme a una guerra dichiarata finita. Non è bello ne­anche che, mentre si viene a sa­pere che il disarmo è in corso, i soldati americani intanto ven­gano uccisi in attacchi continui da parte dei talebani che si so­no risvegliati di fronte alla pro­spettiva che il Paese sia libero dalle truppe straniere. Il Pentagono è in imbarazzo. Cerca di non pubblicizzare il problema, che però resta. Nel venti per cento di armamenti che non tornerà a casa ci sono pure i blindati antimine «Mrap»,dei veicoli superprotet­ti che la tecnologia Usa ha crea­to­apposta per fronteggiare il pe­ricolo delle strade irachene e af­ghane tempestate di insidie. Di questi veicoli ne esistono più di venticinquemila nel mondo: ebbene, secondo il Pentagono la metà ormai è inutile. Degli undicimila che girano per le strade di Kabul e dintorni, due­mila sono considerati di trop­po: resteranno lì. Un veicolo co­sta un milione di dollari, molti­plicato per duemila sono due miliardi di dollari. Che saranno smembrati pezzo dopo pezzo, in una operazione che richiede dodici ore di lavoro specifico da parte di esperti; poi, questi rifiu­ti finiranno sulle bancarelle co­me «polvere dorata», venduti per pochi centesimi. Il generale Stein, che si occu­pa dei tagli in Afghanistan, ha spiegato al Washington Post che quello da Kabul «è il più grande ritiro della storia». E co­munque, secondo i vertici mili­tari le operazioni sono pianifi­cate e portate avanti nel modo più corretto (anche per le casse pubbliche). Ma perché non do­nar­e gli equipaggiamenti agli af­ghani? Per l’America è da esclu­dere. È stato possibile in Iraq, dove oltretutto gli Stati Uniti hanno avuto il vantaggio di po­ter parcheggiare molto materia­le in Kuwait, in attesa di rispe­dirlo a casa. Ma le forze militari, economiche e politiche afgha­ne non lo consentirebbero. E poi di nuovo, anche in questo caso si riproporrebbe una que­stione di immagine: come la­sciare equipaggiamenti sofisti­cati potenzialmente in mano anche ai talebani? Una parte po­tre­bbe essere venduta o regala­ta agli alleati, che però si ritrove­rebbero con lo stesso proble­ma: quindi - si presume- pochi sarebbero disponibili. Rimane il dubbio che poi tutti quegli ar­mamenti e quei veicoli debba­no essere magari riacquistati in futuro, dopo averne buttati via per miliardi.

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