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Corriere della Sera - La Stampa Rassegna Stampa
23.06.2013 Siria: l'Occidente non resti a guardare i massacri di Assad
l'opinione di Bernard-Henri Lévy, cronaca di Paolo Mastrolilli

Testata:Corriere della Sera - La Stampa
Autore: Bernard-Henri Lévy - Paolo Mastrolilli
Titolo: «Si avvicina il massacro di Aleppo, il mondo non può guardare altrove - Siria, la Cia addestra i ribelli. E il Qatar porta le armi libiche»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 23/06/2013, a pag. 36, l'articolo di Bernard-Henri Lévy dal titolo " Si avvicina il massacro di Aleppo, il mondo non può guardare altrove ". Dalla STAMPA, a pag. 16, l'articolo di Paolo Mastrolilli dal titolo " Siria, la Cia addestra i ribelli. E il Qatar porta le armi libiche ".
Ecco i pezzi:

CORRIERE della SERA - Bernard-Henri Lévy : "  Si avvicina il massacro di Aleppo, il mondo non può guardare altrove"


Bernard-Henri Lévy                    Bashar al Assad

Non si sa più su che tono dirlo né in quale lingua. Appena qualche giorno dopo la caduta di Qusayr nelle mani dell'esercito regolare siriano e delle migliaia di miliziani di Hezbollah giunti in rinforzo, il sirian-killer Bashar al-Assad annuncia l'intenzione di dare l'assalto ad Aleppo, la seconda città del Paese, la sua capitale economica. Meglio ancora: mentre il Partito di Dio, secondo la stampa anglosassone che conferma le parole dei suoi dirigenti, avrebbe già schierato attorno alla città duemila dei suoi combattenti più agguerriti, un responsabile dei servizi di sicurezza siriani ha di recente dichiarato, da Damasco: «È probabile che la battaglia di Aleppo cominci nelle prossime ore o nei prossimi giorni». Nel frattempo, la comunità internazionale non si muove, non reagisce, e al vertice del G8, in Irlanda, dove si è ancora una volta riunita nei giorni scorsi, persevera nello stesso penoso gioco delle parti: Putin che si oppone a Obama; Putin che detta legge a Obama; Putin che si pavoneggia in tv affermando, senza essere veramente contraddetto da chicchessia, che non se ne parla di fornire missili terra-aria ai ribelli, che vuole siano abbandonati alla mercé della soldatesca del regime armata fino ai denti. Sorvolo su quel che significa «battaglia di Aleppo» nel linguaggio di Assad, visto che questo non sembra più turbare molta gente. Sorvolo sul fatto che, quando in casa Assad si dice «riprendere» una città, si intende dire punirla e che, quando si dice punire, si intende dire distruggere, uccidere decine di migliaia di persone, ridurre quartieri interi in un ammasso di rovine. E sorvolo, visto che tutti sembrano disinteressarsene, sull'eroismo di uomini e donne che un anno fa, a costo di sacrifici inauditi, si sono liberati da soli, senza nessun appoggio esterno, e hanno fatto della loro città — fino all'arrivo, negli ultimi tempi, nella breccia aperta dalla nostra abdicazione, dei primi battaglioni salafisti — uno dei focolai della rivoluzione siriana, la città emblematica della vittoria dei democratici sui due mostri gemelli che sono la dittatura e l'islamismo radicale: insomma, una città doppiamente simbolica e forse, per questa ragione, doppiamente detestabile agli occhi del grande partito, senza frontiere, degli urbicidi. Sanno, i dirigenti occidentali, che Aleppo è una delle più antiche e più gloriose metropoli del pianeta? Sanno che ad Aleppo, non meno che ad Atene, Babilonia, Susa o Persepoli, fu inventata quella grande e bella cosa che è l'idea stessa di città e di civiltà urbana? Sanno che questa città-mondo, che fu degli Ittiti e di Alessandro Magno, dei romani e dei califfi, degli omayyadi e dei fatimidi, di Saladino e dei mongoli, che fu il punto di arrivo, nel Medioevo, della via della seta, è uno dei luoghi del mondo in cui si sono incrociate, da sempre, lingue, religioni, arti e culture, e in cui hanno quindi coabitato, da sempre, arabi, turchi, curdi, ebrei, veneziani, armeni, maroniti, greci ortodossi, cristiani siriaci e nestoriani, copti? Se i dirigenti occidentali si disinteressano degli esseri umani, se i corpi siriani dilaniati dalle bombe non fanno loro in fin dei conti né caldo né freddo, se hanno permesso che fosse oltrepassata, senza veramente reagire, la famosa «linea rossa» dell'impiego di armi chimiche che essi stessi avevano tracciato, lasceranno che siano annientati i bazar dalle porte di legno scolpito, le botteghe, i mercati del cuoio e delle spezie, i monumenti inestimabili, la cittadella celebrata da tanti scrittori e poeti, che sono un tesoro vivente iscritto, in quanto tale, nel Patrimonio mondiale dell'umanità? Aleppo consegnata agli squadroni della morte di Hezbollah, sarebbe una nuova carneficina che aggiungerebbe le sue vittime ai centomila cadaveri che già conta questa atroce guerra contro i civili. Sarebbe un capovolgimento del rapporto di forze che darebbe, definitivamente, il vantaggio a un Assad cui nulla e nessuno potrebbe impedire di segnare per sempre la fine e dell'insurrezione siriana e delle primavere arabe in generale. Ma, come i bombardamenti di Dubrovnik di vent'anni fa, come la Biblioteca di Sarajevo incendiata dagli artificieri di Mladic, come i Buddha di Bamiyan abbattuti a colpi di mitra dai talebani afghani, come i manoscritti sacri di Timbuctu incendiati dal fuoco iconoclasta dei fondamentalisti maliani, sarebbe un crimine contro lo spirito, un disastro nella civiltà, un pezzo della nostra memoria comune ridotto in cenere e fumo. Aleppo non appartiene alla Siria ma al mondo. E come i crimini contro l'umanità riguardano la coscienza universale, così la distruzione di Aleppo sarebbe un crimine contro la comunità internazionale, uno sputo in faccia al mondo e, a questo titolo, ci riguarda tutti. Resta pochissimo tempo per «santuarizzare» Aleppo. Si avrà il coraggio di tracciare una nuova linea rossa e, stavolta, di rispettarla? Oppure si lascerà di nuovo campo libero agli assassini dei corpi e dello spirito?

La STAMPA - Paolo Mastrolilli : " Siria, la Cia addestra i ribelli. E il Qatar porta le armi libiche"


Paolo Mastrolilli

La Cia sta già addestrando da mesi i ribelli siriani, nelle basi in Giordania, mentre le armi libiche hanno raggiunto gli oppositori, grazie al Qatar. Tutti elementi che puntano verso l’escalation del conflitto, visto che il gruppo «Amici della Siria» ha approvato l’aumento degli armamenti agli oppositori, anche se il ministro degli Esteri italiano Bonino chiede di far partire al più presto la conferenza di pace prevista a Ginevra.

La prima rivelazione, molto dettagliata, l’ha fatta il «Los Angeles Times». Gli uomini della Cia sono arrivati nel novembre scorso in una nuova base americana, aperta nel deserto sud occidentale della Giordania. Laggiù tengono corsi di due settimane, per insegnare a gruppi di 20-40 ribelli l’uso di missili e armi anticarro da 14.5 mm, e contraerea da 23 mm. Gli allievi sono scelti in collaborazione con il Supreme Military Council, per evitare di addestrare estremisti islamici, e vengono interrogati anche per avere informazioni sull’andamento della guerra. Le armi sono di fabbricazione russa, come il dispositivo anticarro Concourse, e i ribelli hanno detto di aver ricevuto promesse di forniture non ancora completamente consegnate. La Casa Bianca, interpellata dal «Los Angeles Times», non ha confermato né smentito, limitandosi a dire che «l’assistenza è stata incrementata».

Il «New York Times» infatti ha scritto che le armi stanno già arrivando, dalla Libia. Sono quello che resta dell’esercito di Gheddafi, e dell’arsenale usato nella guerra che lo ha rovesciato. Le forniture sono pagate dal Qatar, che si occupa anche di trasportarle con i suoi mezzi. I cargo partono da Tripoli e Bengasi, e vanno in Turchia. Li le armi vengono scaricate e consegnate via terra. Il «Nyt» ha trovato le prove di almeno tre viaggi, il 15 gennaio, il primo febbraio e il 16 aprile. Questa però s a re b b e solo l’avanguardia delle forniture che ora Washington è determinata a fare, sotto la spinta del segretario di Stato Kerry, che in passato aveva anche suggerito di lanciare raid aerei mirati contro le strutture di Assad.

Ieri proprio Kerry era nel Qatar per il vertice degli Amici della Siria, cui ha partecipato anche l’Italia. Il ministro Bonino ha detto che Roma darà tutti gli aiuti necessari, tranne le armi, e ha ribadito che l’unica soluzione resta la conferenza di pace chiamata «Ginevra 2». Il gruppo, però, ha approvato l’accelerazione degli armamenti ai ribelli.

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