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Il Foglio - Libero Rassegna Stampa
22.06.2013 Siria: che cosa faranno i jihadisti europei quando la guerra sarà finita?
servizi segreti europei da Assad per avere informazioni su al Qaeda

Testata:Il Foglio - Libero
Autore: Redazione del Foglio - Gianandrea Gaiani
Titolo: «Che faranno una volta a casa gli 800 jihadisti europei ora in Siria? - Gli 007 tedeschi e italiani in pellegrinaggio da Assad»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 22/04/2013, a pag. 4, l'articolo dal titolo " Che faranno una volta a casa gli 800 jihadisti europei ora in Siria? ". Da LIBERO, a pag. 18, l'articolo di Gianandrea Gaiani dal titolo " Gli 007 tedeschi e italiani in pellegrinaggio da Assad ".
Ecco i pezzi:

Il FOGLIO - " Che faranno una volta a casa gli 800 jihadisti europei ora in Siria?"

Roma. Cittadini spagnoli che combattono la guerra di Siria contro Bashar el Assad. Li reclutavano a Ceuta, enclave europea in territorio marocchino, otto membri di una cellula terroristica di al Qaida, arrestati ieri dalla polizia spagnola. Dei giovani combattenti almeno tre, secondo il País, sono caduti sul campo, altri sono morti in attentati suicidi. La cellula qaidista aveva molti mezzi per trasportare gli aspiranti miliziani in Turchia, ultimo punto di raccolta. Dal confine turco i giovani reclutati entravano in Siria, dove si sarebbero arruolati nelle brigate dei ribelli affiliate con al Nusra, costola siriana di al Qaida. Noi italiani ci siamo accorti di questo piccolo esercito jihadista che dall’Europa si trasferisce in Siria pronto al martirio dopo la notizia della morte in battaglia di Giuliano Ibrahim Delnevo, il giovane genovese convertitosi all’islam e arruolatosi con i ribelli siriani. Ma i figli di Ceuta che si votano alla causa dell’islam hanno una lunga storia. I giornali locali sono pieni delle denunce delle famiglie ceutine: i loro ragazzi spariscono, e da quel momento tutto quello che le famiglie possono fare è sperare che non arrivi la chiamata di un qualche generale siriano ribelle ad annunciare la caduta sul campo del loro valoroso figliolo, spesso giovanissimo come Nordin, sedicenne ceutino. Nordin non è morto, ma lo scorso aprile è sparito dalla casa dei genitori, per poi telefonare pochi giorni dopo dalla Turchia. “Vado a combattere per Allah”, ha detto prima di svanire nel nulla. La guerra siriana attira tanti aspiranti martiri pure se, tra tutte, la battaglia tra i ribelli infiltrati da al Qaida e il dittatore Assad che ha consegnato le chiavi della sicurezza del suo paese a Hezbollah non pare esattamente una crociata contro il Satana occidentale. Perché un giovane europeo, per quanto ceutino e magari di origini marocchine, dovrebbe voler combattere e morire in una guerra civile che sta diventando sempre più un massacro tra sunniti e sciiti? Eppure i jihadisti europei sono tra i 600 e gli 800, secondo il capo dell’antiterrorismo europeo Gilles de Kerchove, e i centri di reclutamento di aspiranti miliziani per la guerra di Siria vanno moltiplicandosi: prima degli arresti di Ceuta, prima del caso di Ibrahim Delnevo, lo scorso aprile la polizia belga aveva arrestato Fouad Belkacem, leader del gruppo salafita Sharia4Belgium, che cercava di arruolare jihadisti da inviare in Siria a combattere con i ribelli. In un rapporto confidenziale trasmesso il mese scorso al Consiglio europeo e letto dal Monde, De Kerchove sostiene che è necessaria una reazione “rapida e globale” di fronte al fenomeno, preoccupante soprattutto perché, al contrario di quanto avveniva in precedenza, a cercare la strada del martirio in Siria sono gli immigrati di seconda o terza generazione, nati e cresciuti secondo i valori europei. Sempre De Kerchove, in un’intervista all’Irish Times di ieri, si pone il problema del reinserimento di questi guerriglieri: dopo aver abbracciato il jihad e combattuto una guerra civile, questi guerrieri della fede vorranno tornare in Europa e, si sa, il jihad non finisce mai. “Più questo fenomeno si amplia – dice ancora De Kerchove nell’intervista – più parrà che noi europei stiamo dando sostanza alle teorie di Assad, dell’Iran e della Russia per cui la guerra in Siria non è una lotta per la democrazia e la libertà del popolo siriano, ma un piano di al Qaida per imporre un califfato”. Ieri il presidente russo Vladimir Putin è tornato a sostenere con forza queste idee: se Assad cade, i terroristi riempiranno il vuoto di potere. E tra questi terroristi ci sono “almeno 600 russi ed europei che combattono insieme alle forze d’opposizione”, come a dire che forse ai ribelli le armi non saranno arrivate (ne sta discutendo in queste ore il segretario di stato americano John Kerry a Doha), ma di certo gli uomini sì. I ribelli russi sarebbero 200, e combattono sotto le bandiere di un “Emirato del Caucaso”. In un’intervista di lunedì sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, Assad ha detto che dopo la guerra siriana i terroristi saranno esportati in tutta Europa. Per ora pare che stia avvenendo il contrario.

LIBERO - Gianandrea Gaiani : "  Gli 007 tedeschi e italiani in pellegrinaggio da Assad "

È passato un mese da quando il giornale tedesco Der Spiegel rese note le valutazioni del capo dei servizi d’intelli - gence federali circa le previsioni sulla guerra siriana. Gerhard Schindler, direttore del Bundesnachrichtendienst, informò in un briefing riservato le commissioni parlamentari competenti che le truppe di Bashar Assad avrebbero presto lanciato offensive vincenti sui principali fronti bellici pur senza essere in grado di eliminare completamente i ribelli. Le valutazioni, oggi rivelatesi esatte, stupirono molti osservatori perché l’anno scorso lo stesso Schindler aveva previsto il collasso del regime di Assad nei primi mesi di quest’anno. I servizi segreti tedeschi vantano da oltre un secolo un’importante rete informativa in quell’area del Medio Oriente che abbraccia Turchia, Siria e Libano ma a far cambiare idea a Schindler pare abbia contribuito un viaggio compiuto a Damasco nella prima metà di maggio. Lo rivela il think tank «Middle East Monitor» (MEM), solitamente ben informato, citando fonti diplomatiche in base alle quali Schindler avrebbe incontrato il generale Ali Mamlouk, comandante dell’intelligence militare di Damasco, ottenendo dettagliate informazioni sui «volontari» tedeschi ed europei del jihad che combattono al fianco dei ribelli. Le truppe di Damasco hanno finora ucciso, ferito o catturato centinaia di stranieri inclusi parecchi cittadini di Paesi europei arruolatisi con le milizie dei rivoltosi, per lo più quelle islamiste. A Damasco Schindler avrebbe inoltre mediato per un accordo segreto tra Israele, Hezbollah e Damasco in base al quale lo Stato ebraico non si è opposto all’in - tervento dei miliziani libanesi in aiuto ad Assad a patto che gli Hezbollah non minaccino Israele. Una notizia che sembra indicare un appoggio indiretto degli israeliani alla controffensiva lealista che sta cacciando i miliziani sunniti dai confini con Libano e il Golan. Secondo quanto riferito al MEM anche l’intelligence italiano, yemenita e degli Emirati Arabi Uniti avrebbero inviato propri funzionari a Damasco per ottenere informazioni sulle brigate internazionali del jihad. Paesi della Ue e della Lega Araba che ufficialmente accusano il regime di Assad disconoscendone la legittimità inviano in segreto gli 007 in «pellegrinaggio» a Damasco per far luce sulle migliaia di miliziani giunti in Siria per combattere con gli insorti e che potrebbero in futuro compiere attentati nei loro Paesi di provenienza. La ripresa della cooperazione con Damasco potrebbe aver influito sul recente riposizionamento di Germania e Italia nei confronti della crisi siriana, oggi meno marcatamente schierata con gli insorti. Un’inversione di tendenza evidente nella politica di Roma che con il governo Monti era allineata a quella di Washington, Londra e Parigi nel sostegno alla causa dei ribelli e nel chiedere la rimozione di Assad. Una maggiore consapevolezza del ruolo sempre più dominante assunto dalle milizie salafite e la capacità degli estremisti islamici di reclutare migliaia di combattenti anche a Nord del Mediterraneo avrebbero influito nel mutamento della politica italiana che con l’attuale governo ha assunto toni più moderati sostenendo con Mosca il negoziato di Ginevra, rinunciando a fornire armi ai ribelli e criticando chi lo attua. La ripresa dei contatti con l’intelligence siriano (piuttosto intensi prima dello scoppio della guerra civile) potrebbe inoltre aiutare gli sforzi tesi a ottenere la liberazione di Domenico Quirico, l’inviato del quotidiano La Stampa scomparso in Siria il 9 aprile scorso.

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