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Libero - Il Foglio - Corriere della Sera Rassegna Stampa
20.06.2013 Il percorso seguito dal jihadista italiano Giuliano Delnevo
commenti di Andrea Morigi, Pio Pompa, Guido Olimpio

Testata:Libero - Il Foglio - Corriere della Sera
Autore: Andrea Morigi - Pio Pompa - Guido Olimpio
Titolo: «I fan del jihadista al pesto: 'Ibrahim è un eroe'- Perché la parabola di Delnevo verso il jihad e la morte ha inizio in Marocco - Quella legione femminile dall’Europa»

Riportiamo da LIBERO di oggi, 20/06/2013, a pag. 16, l'articolo di Andrea Morigi dal titolo " I fan del jihadista al pesto «Ibrahim è un eroe» ". Dal FOGLIO, a pag. 4, l'articolo di Pio Pompa dal titolo " Perché la parabola di Delnevo verso il jihad e la morte ha inizio in Marocco ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 19, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " Quella legione femminile dall’Europa ".
Ecco i pezzi:

LIBERO - Andrea Morigi : "  I fan del jihadista al pesto «Ibrahim è un eroe» "


Andrea Morigi         Giuliano Delnevo

Sulla rete spuntano già i primi ammiratori di Giuliano Ibrahim Delnevo, ucciso durante la riconquista di Al Qusayr da parte dell’esercito siriano. L’elegia funebre «per il nostro caro fratello Giuliano» compare su Ummah News Italia, a firma di Usama El Santawy, che chiede «ad Allah di accettarlo tra i martiri e di perdonare tutti i suoi peccati». Con l’omaggio tributato al nuovo eroe della comunità islamica italiana, si propone un esempio di vita: «Era un ragazzo giovane, pieno di grinta e con la voglia di lottare e liberare i suoi fratelli dal dominio dell’uomo sull’uomo, quel dominio che rende schiavo l’uomo per il piacere e per gli interessi di pochi al mondo». Perciò, «così ricorderemo questo musulmano, italiano, che non è andato in Siria, in Afghanistan, in Iraq o altrove per avere uno stipendio più alto a fine mese come invece fanno i soldati di mezzo mondo». Quella sua impresa, il sacrificio, acquistano valore soprattutto perché «non era un mercenario contattato da chissà quale agenzia militare per andare a combattere le guerre che nessuno vuole combattere », ma «un ragazzo che ha lottato per quello che credeva più giusto». Sui forum come Ummah. com, basta digitare il nome del «martire» per trovare chi lo esalta. Ormai è una figura di riferimento anche su Facebook, dove gruppi di tutto il mondo, fino al il Khilafah Movement India, ne esaltano le gesta. Nemmeno Carlo Delnevo, il padre del ragazzo ucciso, nel suo lutto, condivideva fino a quel punto la scelta del figlio. Ora che lo ha perso, in un'intervista a La Repubblica, cerca una motivazione nobile: «Sono orgoglioso di mio figlio. È morto cercando di salvare un caro amico. La sua missione era quella di difendere le donne e i bambini dall’aggressione del regime». Ma, da padre e da cattolico, di fronte a quella conversione aveva «cercato di capire e di convincerlo a tornare indietro ». Ormai era partito, a cercare il suo Dio misericordioso per una via che lo aveva allontanato dalla famiglia e dalla comunità islamica locale. Lo avevano espulso, con altri italiani, dalla sala di preghiera genovese di vico Amandorla, dove proprio non volevano sentir parlare di violenza giustificata dalla religione. Mohammed, imam dello scantinato trasformato in moschea parla chiaro: «Quelli che fanno questo tipo di scelte non conoscono l’islam e portano avanti azioni profondamente sbagliate. È quello che insegniamo a chi frequenta il nostro centro». Deluso, Delnevo si era rivolto alla galassia dell’ultrafondamentalismo islamico, trovando gente maggiormente affine a lui all’estero, in particolare nel Regno Unito e in Germania. Si era unito alle milizie di Allah e, in cambio, avrebbe svolto anche attività di reclutamento, secondo le prime risultanze investigative dei magistrati di Genova, che avevano iniziato a indagarlo dal novembre del 2009 per associazione per delinquere a scopi terroristici e arruolamento a fini terroristici. Utilizzando anche le prediche sul web e attraverso un blog, Delnevo sarebbe riuscito ad arruolare tre maghrebini e un italiano anche lui convertito all’islam. Dopo il cambiamento di religione Delnevo avrebbe quindi assunto un ruolo determinante nella ricerca e nell’arruolamen - to di nuovi soggetti da condurre all’estremismo islamico. Ora, conferma il procuratore di Genova Michele Di Lecce, l’in - chiesta continua. Per evitare altri sacrifici umani.

Il FOGLIO - Pio Pompa : "  Perché la parabola di Delnevo verso il jihad e la morte ha inizio in Marocco"


Giuliano Delnevo

E’una storia semplice quella di Giuliano Ibrahim Delnevo, il giovane jihadista genovese morto in Siria combattendo contro le truppe di Bashar el Assad, e del tutto simile a quella di centinaia di convertiti europei che hanno abbracciato la causa islamista. Il passaggio cruciale avviene quando il convertito, rompendo gli indugi, è pronto a uccidere e a essere ucciso. Prima di questo snodo fondamentale, il percorso può essere lungo o breve a seconda di quanto impiega l’individuo a metabolizzare, interiormente, la possibilità di dare e ricevere la morte. Il percorso di Ibrahim Delnevo è stato abbastanza breve e ha ricalcato tutte le tappe solitamente seguite, nella conversione all’islam, dai cittadini di origine europea che alimentano quella che viene definita “la legione straniera del jihad”. La sua parabola islamista sarebbe iniziata nel 2008, ad Ancona, dove abbraccia formalmente la religione musulmana dopo essere entrato in contatto con alcuni immigrati maghrebini. Gli stessi che lo avrebbero messo in rapporti con il gruppo jihadista marocchino al Adl Wan Ihassan (“Giustizia e carità”), da cui sarebbe stato indottrinato e avviato allo studio dei testi islamici, redatti anche in lingua italiana, stampati e diffusi dall’Arabia Saudita. Dunque, dai contatti individuali, Ibrahim Delnevo passa a far parte di un vero network jihadista, quello di Giustizia e carità – considerato fuorilegge dalle autorità di Rabat ispirate a un islam moderato. Giustizia e carità ha ramificazioni nei principali paesi europei, inclusa ovviamente l’Italia dove gestisce, dalla sede principale di Torino, diverse moschee, tra cui proprio quelle di Genova. Secondo i servizi marocchini, i principali obiettivi della rete di Giustizia e carità sono due: il reclutamento e la raccolta di fondi per il jihad. Attraverso Adl Wan Ihassan sarebbero anche transitati, soprattutto dalla Francia, molti dei giovani convertiti europei entrati a far parte di al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi), che tuttora partecipano attivamente al jihad nel Sahel e nel massiccio dell’Adrar degli Ifoghas, nel nord del Mali. Comunque sia qualcuno, dall’Italia, avrebbe segnalato il giovane convertito genovese ai vertici del gruppo islamista marocchino, guidato dal filoqaidista Mohamed Abbadi, che lo avrebbero invitato a recarsi in Marocco. Fonti saharawi, sentite dal Foglio, raccontano che durante i suoi viaggi in quel paese, Ibrahim Delnevo sarebbe entrato in contatto anche con jihadisti reclutati in alcuni campi del Fronte Polisario, che lo avrebbero addestrato all’uso delle armi. Dunque il suo passaggio definitivo al jihad potrebbe essere avvenuto in Marocco dove, tra l’altro, avrebbe contratto matrimonio con una ragazza del posto. Meno chiari appaiono, invece, i rapporti stabiliti con i terroristi ceceni. Recarsi in Cecenia, eludendo le strettissime maglie degli apparati di sicurezza posti in uno stato di perenne allerta, per incontrare dei gruppi terroristi, non è impresa facile. Stando ad altre fonti che hanno parlato con il Foglio, l’incontro operativo di Delnevo con i jihadisti ceceni sarebbe avvenuto in alcuni campi profughi, dislocati a ridosso del confine turco-siriano, infiltrati dai ribelli. E’ da lì, e con loro, che sarebbe entrato, nel febbraio scorso, in Siria: risalendo man mano verso il nord del paese. “Una delle sue principali aspirazioni – ricordano i nostri interlocutori – era quella di conoscere i miliziani filoqaidisti del Fronte Jabhat al Nusra, divenuti in Siria una leggenda. Anche alcuni jihadisti britannici, provenienti da Birmingham, avevano la stessa aspirazione. Sembravano conoscersi e nei loro discorsi li sentivamo spesso fare riferimento ai ‘martiri’ degli attentati di Londra, ma anche allo stragista di Tolosa, Mohammed Merah”. Ibrahim Delnevo, il gruppo ceceno e i jihadisti di Birmingham, a un certo punto riescono a unirsi ai miliziani di Jabhat al Nusra nella zona di Qusayr. Ed è lì che il giovane jihadista genovese ha perso la vita. Una storia semplice, la sua, in grado di scorrere inavvertita nei suoi propositi di morte e, per questo, straordinariamente temibile. Una storia cui non vorremmo abituarci come sembra accadere per la quotidiana mattanza provocata da chi sceglie di portare o ricevere la morte.

CORRIERE della SERA - Guido Olimpio : " Quella legione femminile dall’Europa"


Guido Olimpio

WASHINGTON — Nicole e le altre. Donne inglesi, olandesi, forse anche italiane che vanno in Siria. Per fare le infermiere, per aiutare i ribelli nelle missioni logistiche e pronte a imbracciare un fucile se la situazione è disperata. Le informazioni sulle pasionarie non sono sempre precise, è facile che si diffondano notizie confuse, avvolte dalla nebbia di guerra. Le combattenti, poi, nascondono le loro tracce. Per non allarmare i familiari, per proteggere il cammino che le ha portate fin dove si muore. Ogni giorno. Come testimonia l’uccisione di Giuliano Ibrahim Delnevo, il convertito italiano caduto sotto il fuoco del regime. Le voci della diaspora raccontano che sul fronte di Aleppo vi sarebbe un’italiana, probabilmente romana. Forse non è neppure musulmana, ma semplicemente una donna vicina alla causa dei ribelli. Un profilo comune ad altri. Nelle scorse ore si è parlato di 40-50 volontari arrivati dall’Italia. Foad Aodi, il medico italiano d’origine palestinese che ieri per primo ha fornito questo dato, precisa: «Non parlavo solo di convertiti, bensì di italiani che pur non essendo musulmani si sentono legati agli insorti ed hanno deciso di partire». Come un giovane che abitava nel quartiere di San Basilio e un altro al Testaccio, due quartieri di Roma. Aya Homsi, instancabile attivista pro-ribelli, sostiene che i cosidetti «italiani» saranno una trentina, in maggioranza siriani che vivevano nel nostro Paese e sono rientrati per unirsi alla rivolta. Più marcato il profilo di alcune volontarie. Una di loro è diventata famosa solo dopo la sua morte. Nicole Mansfield, madre single, trentenne, cristiana diventata musulmana, ha lasciato la cittadina di Flint, nel Michigan, per legarsi a una formazione islamista. Una vita avventurosa e tortuosa, con molti rovesci, che l’ha portata al sacrificio estremo. Per alcune settimane ha accompagnato un’unità di insorti. Preparava il cibo, si occupava dei molti feriti. E quando il suo gruppo è partito per il settore di Idlib lo ha seguito finendo in una trappola dei governativi. Nicole è stata uccisa insieme a un militante canadese e a un inglese. Fonti dell’opposizione segnalano che tra i ribelli vi sono 2 o 3 ragazze olandesi, qualche britannica e una pattuglia di giovani tunisine. Piccoli numeri. Alcune formazioni non gradiscono la presenza di donne o comunque preferiscono lasciarle nelle retrovie. Inoltre le condizioni operative sono piuttosto difficili. Ostacoli che però non impediscono alle giovani venute da lontano di «unirsi alla carovana». Nei mei scorsi gli insorti hanno fatto girare le foto di una tiratrice scelta ad Aleppo: «È una mamma coraggiosa - è stata la spiegazione - che desiderava stare in prima linea». Propaganda e verità usate anche dal regime. Le autorità, per mostrare compattezza, hanno creato la «Sourriyat», una milizia al femminile apparsa in alcune zone di Damasco. Per le donne, quale che sia il loro schieramento, è un passo in più sulla strada di un conflitto che le vede protagoniste e vittime. Così come i loro figli.

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