Siria: Iran ed Hezbollah non mollano Assad commento di Daniel Nisman, intervista a Yossi Alpher di Giulio Meotti
Testata: Il Foglio Data: 20 giugno 2013 Pagina: 3 Autore: Daniel Nisman - Giulio Meotti Titolo: «Hezbollah dimostra che in Siria si fortifica l’influenza di Teheran - 'Israele teme che Assad sopravviva, iranizzato'. Parla Alpher»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 20/06/2013, a pag. 3, l'articolo di Daniel Nisman, giornalista e commentatore politico israeliano, dal titolo " Hezbollah dimostra che in Siria si fortifica l’influenza di Teheran ", l'articolo di Giulio Meotti dal titolo "'Israele teme che Assad sopravviva, iranizzato'. Parla Alpher ". Ecco i pezzi:
Daniel Nisman - " Hezbollah dimostra che in Siria si fortifica l’influenza di Teheran "
Daniel Nisman Hezbollah
E’ora che quelli che pensavano che il pantano in Siria avrebbe indebolito l’influenza iraniana nella regione aprano gli occhi: Teheran e il suo alleato Hezbollah sono pronti a uscire dal conflitto siriano più aggressivi che mai. Il mese scorso la campagna di Hezbollah per strappare la città di Qusayr ai ribelli siriani è stata progettata per essere per loro l’inizio della fine. I media internazionali l’hanno paragonata alla sconfitta nazista di Stalingrado. In Libano, la battaglia per Qusayr ha indotto a temere il rinnovo di una guerra civile tra sunniti e sciiti, tra le minacce di vendetta dei simpatizzanti dei ribelli. Dopo tre settimane di scontri, Hezbollah ha riportato Qusayr sotto il controllo di Assad. Questa vittoria ha segnato un punto di svolta tanto in Siria quanto in medio oriente. Il combattente di Hezbollah Abou Ali lo ha espresso al meglio in un’intervista recente con la stampa libanese: “La gente deve capire che ora Hezbollah è un partito regionale”. Diversamente dalla percezione comune, le ambizioni di Hezbollah si estendono ben al di là della protezione della comunità sciita del Libano o del difendere il paese contro l’occupazione israeliana. Hezbollah è un’organizzazione politica islamista che cerca di esportare la sua versione dell’islam sciita in tutto il Libano e nell’intero mondo musulmano. La rivoluzione iraniana ha consentito l’emergere del gruppo come una forza militare anti occidentale nei primi anni Ottanta. La somiglianza tra l’emblema di Hezbollah e quello delle Guardie della rivoluzione iraniane non è una coincidenza. L’ascesa al potere di Hezbollah ha trovato impulso nel pragmatismo dei suoi leader e nella loro abilità di formulare strategie sulla base del contesto esterno. Durante i negoziati per la fine della guerra civile in Libano nel 1989, la leadership di Hezbollah ha discusso al suo interno se promuovere uno stato islamico o aumentare la propria influenza all’interno del sistema democratico del Libano: scelse quest’ultima. Da quel momento, il partito Fedeltà alla resistenza di Hezbollah è diventato il principale mediatore del potere in Libano, oltre a servire per legittimare l’esercito privato del gruppo. La decisione di Hezbollah di intervenire in Siria è il risultato di un’altra rivalutazione delle forze in campo da parte dei suoi leader e dei suoi partner a Teheran. Le risposte dell’occidente proveranno alla fine se i loro calcoli erano corretti. Due settimane dopo la caduta di Qusayr, Hezbollah continua a sfidare la comunità internazionale, la Lega araba e le sue precedenti professioni di neutralità entrando ancora più in profondità nel conflitto siriano. In un discorso della scorsa settimana, il capo di Hezbollah Hassan Nasrallah ha riaffermato la fedeltà del gruppo a Bashar el Assad, dichiarando che “per sconfiggere questa pericolosa cospirazione contro la Siria siamo disposti a sopportare ogni sacrificio e ogni conseguenza”. Hezbollah sta ora fornendo supporto tattico e addestramento a migliaia di soldati di Assad stanziati presso Aleppo, probabilmente nel tentativo di sbloccare una situazione in stallo da tempo in uno dei fronti più cruciali del conflitto.
L’avventura del Partito di Dio
L’avventura di Hezbollah in Siria ha catturato l’attenzione di tutti, dai suoi avversari nel Golfo Persico agli investitori di Assad a Mosca. Il dieci giugno il Concilio di cooperazione del Golfo ha annunciato misure punitive contro Hezbollah, due mesi dopo che il Bahrein è diventato la prima nazione a mettere il gruppo nella lista nera come organizzazione terroristica. I paesi a maggioranza sunnita stanno cercando di opporsi all’influenza regionale dell’Iran e temono che Hezbollah possa stabilire connessioni militari con le loro comunità sciite interne. Nel frattempo, le vittorie di Hezbollah hanno rassicurato la Russia e l’Iran sul fatto che le truppe di Assad continueranno a essere rafforzate da una milizia considerevolmente più efficiente e motivata. Settimane prima della campagna di Qusayr, in aprile, Nasrallah si è incontrato con l’ayatollah Khamenei a Teheran e con il viceministro degli Esteri russo a Beirut, probabilmente per coordinare le rispettive posizioni. Fin dall’offensiva di Qusayr, Mosca è rimasta opportunamente silenziosa, e Teheran ha potenziato la sua presenza in Siria, secondo resoconti dal campo. Israele ha da perdere più di ogni altro da una Hezbollah rediviva. Pur avendo sofferto centinaia di perdite nella sola Qusayr, i combattenti di Hezbollah stanno guadagnando un’eccellente esperienza di battaglia che potrebbe essere utile in un futuro conflitto contro forze israeliane. Dopo aver osservato la capacità di Hezbollah di catturare ampie aree del territorio siriano, Israele non può più ignorare le minacce di Nasrallah di invadere la regione della Galilea nella prossima guerra. E’ probabile inoltre che l’Iran continui a sfruttare il regime di Assad per trasportare armi negli arsenali di Hezbollah, nonostante le minacce di ulteriori attacchi aerei di Israele. L’acquisizione da parte di Hezbollah di missili iraniani antiaerei, antinave e terraterra non garantirebbe soltanto l’egemonia a lungo termine di Nasrallah dentro e fuori dal Libano. Darebbe anche a Teheran un deterrente contro ogni futuro attacco israeliano alle sue installazioni nucleari. Non è certo che l’occidente comprenda le implicazioni del crescente coinvolgimento di Hezbollah in Siria. L’Unione europea continua ad annaspare sull’ipotesi di inserire o no Hezbollah nella lista nera delle organizzazioni terroristiche, cosa che comporterebbe danni incalcolabili alle operazioni finanziarie del gruppo nel continente. Gli Stati Uniti, nel frattempo, hanno soltanto iniziato ad accarezzare l’idea di fornire armi ai ribelli siriani. Invece di affrontare la minaccia incombente di Hezbollah, gli strateghi occidentali sono ancora alle prese con le preoccupazioni su quale gruppo di ribelli armare, o su quale regime potrebbe sostituire quello di Assad. Non riescono a capire che se il coinvolgimento di Hezbollah prosegue indisturbato, queste domande diventeranno irrilevanti. E’ arrivato il momento per l’occidente di smetterla di ossessionarsi sui rischi di fermare il regime di Assad, Hezbollah e l’Iran, e iniziare a considerare le conseguenze di non fermarli.
Roma. Cinto d’assedio da settant’anni, Israele si muove da sempre attorno a un solo principio cardine: la propria sopravvivenza. “Per questo il pensiero che domina il subconscio degli israeliani oggi è basilare e terrificante: lasciamo che in Siria i musulmani si combattano l’un l’altro”, dice al Foglio Yossi Alpher, stratega fra i più ascoltati in Israele sulle questioni siriane, consulente dell’ex ministro della Difesa Ehud Barak e con alle spalle molti anni nel Mossad, il servizio segreto israeliano. Nei giorni scorsi il ministro dell’Intelligence, Yuval Steinitz, ha detto che il regime di Assad potrebbe farcela. E sarebbe un Assad nuovo, più pericoloso, per Israele. “La posizione dell’establishment di sicurezza israeliano è che dobbiamo tenerci alla larga dal conflitto in Siria, a meno che non minacci i nostri interessi”, continua Alpher. “Nessuno in Israele ama Assad e la sua famiglia. Ma il confine col Golan è stato al sicuro dal 1973. Quello che si teme oggi è che un Assad che esce vittorioso dalla guerra civile sarà sotto una forte influenza iraniana. Israele non può permettere che Teheran governi il Levante. Israele non può restare passivo mentre in Siria la situazione si fa così volatile. Inoltre, la pace sul Golan non è più sicura come prima, ogni giorno ci sono cannoneggiamenti, scontri, tensioni, abbiamo anche un ospedale che cura i siriani. Se Assad rimane, per Israele sarà un Assad iranizzato; se Assad cade, per Israele sarà l’anarchia e il salafismo. Non ci sarà una situazione di colloquio indiretto come con i Fratelli musulmani in Egitto”. L’establishment di sicurezza israeliano risente di un apparato che ha sperato fino all’ultimo nella pace con Damasco. Capofila di questa corrente sono Uri Saguy, l’ex capo dell’intelligence militare, e Alon Liel, già direttore degli Affari esteri. Questa corrente ha scommesso sul pragmatismo di Assad in quanto tassello più riluttante dell'asse con Teheran. Altri, come il generale Amos Yadlin e l’ex capo del Mossad Meir Dagan, sostengono da anni la necessità della sconfitta di Assad in chiave anti iraniana. Secondo Alpher, nessuna delle correnti è oggi dominante e Israele manterrà un approccio pragmatico: “Difenderemo i nostri interessi in maniera contingente, senza pronostici o profezie. Un tempo avremmo scommesso sugli alauiti come facemmo con i cristiani libanesi della Falange in Libano, ma quell’alleanza finì in tragedia. Così oggi Israele non può contare su alleati nella regione. I falchi americani che scommettono sulla caduta di Assad in chiave anti iraniana non sono in grado di predire cosa accadrà dopo. Questo è il problema di Israele. Così stiamo cercando di separare le cattive opzioni dalle pessime opzioni. Basse sono le possibilità di una Siria sotto il controllo dei salafiti e di al Nusra, affiliata di al Qaida. Ci sarà forse la somalizzazione, ovvero la Siria che cade nel caos dei clan e delle etnie, in cui non c’è potere effettivo a Damasco. In questo caso non ci sarebbe una minaccia strategica per Israele, perché i siriani sarebbero impegnati a sopravvivere e a combattersi. Una Siria sotto Assad e l’influenza di Hezbollah e l’Iran sarebbe la prosecuzione ancora più negativa dello status quo degli ultimi quarant’anni. Ma ci vorrebbero anni per Assad per riconsolidare il potere. Però l’asse iraniano si sentirebbe abbastanza forte da aprire un nuovo fronte con Israele”. Lo scenario migliore per Israele sarebbe un governo laico sunnita in Siria: “Ma le possibilità che questo accada sono pari a zero. Un simile governo non esiste in medio oriente. Per questo l’Amministrazione Obama è stata così titubante sulla Siria. E in questo tragico quadro cade anche l’incertezza sul futuro del programma atomico iraniano. In questo senso, la Siria e la bomba atomica sono legate”.
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