Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 19/06/2013, a pag. 4, l'articolo di Marco Zatterin dal titolo "Dai Grandi sì alla conferenza di Ginevra. Ma è Putin a dettare l’agenda sulla Siria".
Bashar al Assad con Vladimir Putin (foto d'archivio)
Oltre la conferenza di Ginevra per la pace in Siria che «sostiene con forza», il gruppo degli Otto grandi del pianeta vede «un governo transitorio con pieni poteri esecutivi, basato su un mutuo consenso fra le parti». In altre parole, il G8 ritiene che il tempo di Assad sia definitivamente finito. «È impensabile abbia un ruolo nel governo futuro, ha le mani sporche di sangue», ha riassunto il premier britannico Cameron, padrone di casa nella due giorni di vertice a Lough Erne, nell’Irlanda del Nord. Tutti d’accordo i leader, salvo il russo Putin che ha cercato sino all’ultimo di evitare la frase contro Damasco. Vistosi isolato, s’è scavato una via di uscita ed è partito ringhiando, avendo però cura di non rompere il sottile filo del dialogo. «È vero, ci sono stati momenti tesi», ha ammesso una fonte europea raccontando la cena col menù siriano di lunedì. Lo scontro fra il presidente americano Barack Obama e lo zar Vladimir è stato palese, due mondi diversi, come il basket e il judo, per usare la metafora dell’uomo della Casa Bianca. Sette degli Otto hanno parlato all’unisono e, racconta un testimone, «il movimento è stato soprattutto su un lato». I diplomatici sostengono che la formula del «caminetto» del G8 serve proprio a questo.
La condanna dell’orrendo conflitto siriano è il punto condiviso di partenza. Lo spirito si materializza nell’impegno a versare «quasi» 1,5 miliardi di dollari in aiuti umanitari. Detto che tutti sostengono «una soluzione politica» per porre fine al bagno di sangue che provocato 93 mila vittime, la visione complessiva mira «una Siria unita, democratica e aperta» che - ha puntualizzato Cameron - «vada oltre le divisioni religiose» Questo, si precisa, deve appunto condurre a «un governo transitorio», formula del dissenso ricomposto fra i Sette e Mosca.
I più volevano che nel comunicato conclusivo ci fosse un riferimento esplicito ad Assad. Putin ha messo il veto e l’idea è saltata. Il presidente russo è anche riuscito a far riformulare l’approccio alla questione dell’uso di armi chimiche, sul cui uso ritiene «non ci siano prove». Anche qui, rivelano più fonti, la maggioranza voleva mettere in nero su bianco le colpe del regime. La soluzione trovata è l’appoggio alla missione Onu, quella che ha già cercato di entrare in Siria, con la precisazione del dovere di riferire direttamente al Consiglio di Sicurezza, dove la Russia ha potere di veto. Quando? «Asap», risponde in inglese una fonte. Ovvero, «al più presto possibile».
Soddisfatto Cameron, soddisfatta la Merkel («abbiamo un accordo e un obiettivo molto chiaro»), Putin ha lasciato una coda di dichiarazioni piccate, soprattutto sulla questione delle armi. «Potrebbero un giorno finire in Europa», ha avvertito, per cui bisogna «pensarci attentamente» prima di darle ai «ribelli». Lui, però, ha ripetuto di non escludere di rafforzare l’esercito di Assad, se fosse il caso: «Abbiamo contratti legali». Un gioco di specchi, ancora. Il suo e quello dei più battaglieri di un’Europa che «ha tolto l’embargo, ma si è impegnata a non a consegnare armi». L’impressione è che la conferenza di Ginevra slitterà da luglio sino ad agosto o settembre. Sulla data non c’è intesa. Prima, spiega una fonte, «bisogna avere un percorso chiaro perché dopo il regime non ci sia il caos».
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