Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 17/06/2013, a pag. 14, l'articolo di Fabio Scuto dal titolo " Non illudiamoci, in Iran decide Khamenei ", l'intervista di Massimo Vincenzi a Daniel Pipes dal titolo " Per il Paese è una svolta positiva ma sul nucleare resteremo delusi ".
Ecco i pezzi:
Fabio Scuto - " Non illudiamoci, in Iran decide Khamenei "
Hassan Rohani
GERUSALEMME — C’è chi ci vede «un potenziale segno di una speranza» nell’elezione del conservatore moderato Hassan Rohani come gli Stati Uniti, chi il riscatto degli arabi e degli islamici come Hassan Nasrallah, il capo degli Hezbollah libanesi, chi desidera rapporti ancora più stretti con Teheran come la Siria e la Russia. E chi resta scettico su un cambio di rotta della politica iraniana sulla proliferazione nucleare, come il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che teme un “calo di tensione” acceso dai facili entusiasmi di Ue e America. Anche se, la Casa Bianca, dice a Rohani che «troverà un partner negli Usa se l’Iran rispetterà gli obblighi sul programma atomico». «Non illudiamoci», ha detto il premier durante la riunione di governo di ieri mattina, «la comunità internazionale non deve farsi tentare dalle aspettative. Dobbiamo ricordarci che comunque è l’ayatollah Ali Khamenei a determinare la politica nucleare dell’Iran». Estrema cautela di Netanyahu che vede scomparire all’orizzonte un nemico come Ahmadinejad — una figura grottesca con le sue allucinanti affermazioni su Israele — su cui poggiava tutta la sua strategia di allarme perenne, con la quale in questi anni ha incalzato l’Occidente ad avere una posizione più ferma, minacciando un attacco preventivo contro gli impianti nucleari iraniani. La vittoria di Rohani fermerà l’orologio dell’Apocalisse? A questa domanda cercano di rispondere gli esperti militari israeliani sui giornali. «È certamente una buona notizia per il popolo iraniano — scrive Haaretz— resta da vedere se sarà una buona notizia per Israele. Già una posizione diversa dell’Iran sul conflitto in Siria sarebbe un segnale incoraggiante». Per Netanyahu saranno decisivi i primi atti di Rohani, come rispondere alla comunità internazionale che chiede di fermare il programma nucleare e la fine del sostegno al terrorismo in diverse aree del mondo. «Per noi non cambia nulla», dice il ministro della Difesa Moshe Yaalon, perchè Rohani è a favore del nucleare, è stato capo dei negoziatori per due anni senza imprimere nessuna svolta decisiva a una maggiore collaborazione con l’Aiea. In ogni caso per Israele le sanzioni contro l’Iran «devono restare attive» perché, nonostante la vittoria a sorpresa dell’unico candidato moderato, tutte le decisioni in Iran sono saldamente in mano dei religiosi e dei Guardiani della rivoluzione. «Rohani non può cambiare il cuore della strategia nucleare dell’Iran che è determinata dalla Guida suprema, ma può cambiare il tono e lo staff dei negoziatori», spiega Ali Vaes esperto di Iran dell’International Crisis Group. «Adottando un linguaggio più conciliante e impegnando nella trattativa dei negoziatori con più esperienza, potrebbe avere un impatto positivo sulle discussioni circa le ispezioni dell’Aiea, ferme da mesi».
Massimo Vincenzi - " Per il Paese è una svolta positiva ma sul nucleare resteremo delusi "
Daniel Pipes
NEW YORK — La Casa Bianca è soddisfatta. Soddisfatta, prudente e soprattutto sorpresa. Le analisi del giorno dopo, dal New York Times al Washington Post, sottolineano come l’Amministrazione Obama non si aspettasse questo risultato nelle elezioni iraniane, dove, con la vittoria del riformista Hassan Rohani, si apre la porta «a segnali di speranza, ad un cauto ottimismo». L’augurio della diplomazia Usa è che il voto popolare possa portare il «paese ad una svolta moderata» e ad una «distensione sul fronte nucleare».
Una buona notizia, dunque, dentro uno scenario sempre più complicato dal conflitto in Siria. Uno spiraglio che però non intravede Daniel Pipes, studioso e analista del Medio Oriente. Anche lei sorpreso del risultato in Iran? Cosa ne pensa?
«In parte sì, anche se qualche lampo iniziale di insofferenza da parte della gente verso il regime si vedeva. Per il Paese è senza dubbio un fatto molto positivo, è un giorno importante. Il presidente ha autonomia nelle scelte che riguardano l’economia, la religione e altri temi che noi chiameremmo di politica interna. Ma sarei più cauto a sbilanciarmi per gli altri aspetti che ci interessano più da vicino».
Ovvero i rapporti con l’Occidente, a partire dal programma nucleare?
«Esatto. A Teheran l’esercito è saldamente in mano alla Guida Suprema, così come la politica estera e la strategia militare. Per capirci, è l’ayatollah Ali Khamenei che decide se far la guerra o la pace, se andare avanti o no con il programma nucleare. Ecco se parliamo di questo aspetterei ad esultare, anche se il nuovo presidente Rohani nel complesso equilibrio dei poteri di Teheran può provare a giocare un suo ruolo».
La Casa Bianca fa sapere di essere soddisfatta. Londra e Parigi parlano di una nuova via possibile. Lei dunque sarebbe più cauto?
«Penso che i vari governi adesso staranno alla finestra con giusta curiosità. Proveranno ad allentare un po’ la pressione sull’Iran, magari attenuando l’embargo per dare respiro e sostenere all’ala riformista che è emersa da questo voto e che come prima cosa deve affrontare la crisi economica. Ma temo che rimarranno delusi».
Nella partita siriana che si sta giocando in questi giorni potrà cambiare qualcosa?
«L’atteggiamento dell’Iran non cambierà, non in tempi brevi almeno e le dichiarazioni di Assad verso Rohani lo confermano».
Obama ha scelto di aiutare i ribelli che combattono il regime di Assad. Come giudica questa scelta?
«E’ un errore. Al Qaeda è infiltrata nelle truppe dell’opposizione, non si può capire in quale mani finiranno le armi e le munizioni americane. Io non avrei mai fatto una mossa del genere».
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