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Il “sushi” si sta riscaldando (Traduzione dall'ebraico di Sally Zahav, versione italiana di Yehudit Weisz)
Per gli studiosi del Medio Oriente, il termine “sushi” è una abbreviazione che vuol dire “sunniti-sciiti”. Chi si interessa alla storia dell’Islam, sa che le origini del conflitto tra sunniti e sciiti hanno origine nel momento in cui Maometto, il profeta dell’Islam, chiuse gli occhi per sempre nell’anno 632 e.v. senza lasciare alcuna indicazione per la scelta del successore alla guida della nazione musulmana. Di recente vi sono stati dei tentativi per superare il conflitto e trovare un terreno comune al fine di pacificare le fazioni dell’islam, in Stati quali Iraq, Siria e Libano, dove sciiti e sunniti vivono fianco a fianco. Anche lo sceicco egiziano Yusuf al-Qaradawi, Mufti (arbitro religioso) dell’Emirato del Qatar, si è espresso sia verbalmente che per iscritto, circa la necessità di trovare un modo per “portare le due scuole di pensiero più vicine”, come se lo sciismo fosse un’altra legittima scuola di pensiero, in aggiunta alle quattro scuole giuridico-religiose sunnite: Hanafismo, Malikismo, Shafi’ismo e Hanbalismo. L’Età dell’Oro tra i sunniti e sciiti è stato l’anno 2006, quando Hezbollah, in seguito alla Seconda Guerra del Libano sembrò aver vinto una “vittoria divina”. Dopo tutto, Hassan Nasrallah era sopravvissuto nonostante i 33 giorni di pesanti attacchi israeliani, alcuni dei quali erano stati indirizzati a lui personalmente. Hezbollah venne paragonato agli eserciti dei paesi arabi, che avevano fallito in tutti i loro tentativi di distruggere lo stato di Israele, e che nel 1967 furono sconfitti dall’esercito israeliano in soli sei giorni. Bashar Assad aveva dichiarato che la strada indicata da Hezbollah era l’unico modo per combattere e sconfiggere il nemico sionista. Durante la guerra, nell’estate del 2006, grandi masse in Medio Oriente manifestavano tenendo alti i ritratti di Hassan Nasrallah, insieme a quelli di Bashar Assad, grande sostenitore di Hezbollah. Faceva comodo a tutti - compresi i religiosi come lo sceicco Yusuf al-Qaradawi - ignorare che Hezbollah era un gruppo sciita, sostenuto dall’ Iran, perché se il movimento sunnita di Hamas fosse finito nella stessa barca con Hezbollah, quali danni ne sarebbero derivati al movimento libanese “al-Muqawama wal-mumana'a” (“Resistenza e difesa”), che sostiene tutti i “movimenti di liberazione”, indipendentemente dalla setta religiosa? Il canale al-Jazeera, portavoce del movimento dei Fratelli Musulmani sunniti, aveva abbracciato Hezbollah e dedicato molte ore di programmazione in suo sostegno; in molte società islamiche - compresa quella in Israele – numerose persone erano passate dalla sponda sunnita dell’islam a quella sciita. L’informazione del coinvolgimento di Hezbollah nei combattimenti è trapelata più di un anno fa. In un primo momento avevano sepolto i loro caduti in cimiteri provvisori nella valle del Libano, vicino al confine con la Siria, per evitare che i funerali si svolgessero in aree residenziali, rendendo così visibile il coinvolgimento nella guerra in Siria. Alle famiglie dei caduti fu proibito osservare i riti del lutto con cerimonie commemorative per mantenere segreta la partecipazione di Hezbollah alla guerra. Questa battaglia sanguinosa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Da quando Qusayr è caduta nelle mani di Hezbollah, le critiche sono state moltissime, i portavoce dell’Islam sunnita hanno attaccato Hezbollah con le frecce più acuminate e intrise di veleno mortale della retorica islamica. L’espressione che usano per chiamare l’organizzazione è “Hizb al-Shitan”, “il partito di Satana” alludendo al passaggio del Corano “Il partito di Satana sono i perdenti” (Sura 58, versetto 19) , che è l’opposto di “Hizb 'Allah”, “il partito di Allah”, anch’esso citato nel Corano (sura 5, versetto 56). Qaradawi non tiene a freno la lingua. Parla con disprezzo dei cambiamenti apportati alla Costituzione siriana, che hanno permesso a Bashar Assad di succedere al padre nel 2000, quando aveva 34 anni, nonostante il fatto che fino ad allora, al Presidente era richiesto di averne almeno 40. Cita anche il nome originale della famiglia Assad – “al-wahash” - che significa “bestia selvaggia”. Qaradawi ha invitato i saggi islamici di tutto il mondo a radunarsi al Cairo il 13 giugno, per discutere su come trattare con gli sciiti in generale e Iran e Hezbollah in particolare, e prendere decisioni in merito. Ma Qaradawi non è solo. Lo sceicco Ra’ad Salah, capo del ramo settentrionale del movimento islamico in Israele, parla apertamente contro Hezbollah, che agisce contro i “nostri fratelli” in Siria. E’ importante poi ricordare che ”i fratelli” per lo sceicco Ra’ad Salah potrebbero essere i Fratelli musulmani siriani, ma potrebbero anche essere i profughi palestinesi in Siria, diverse centinaia sono rimasti feriti in scontri tra Assad e i ribelli, mentre alcune migliaia sono fuggiti in Giordania e Libano. Iraq La crescente tensione tra sunniti e sciiti si fa sentire anche in Iraq. Nel mese di maggio di quest’anno, più di un migliaio di uomini, donne e bambini sono stati uccisi negli attacchi sunniti contro gli sciiti, e viceversa. La tensione tra le fazioni in Iraq cresce e genera minacce reciproche: “È meglio che ve ne andiate dall’Iraq prima che sia troppo tardi”, cioè prima che i nostri coltelli separino la testa dalle vostre spalle. L’Iran fornisce armi ed equipaggiamento all’esercito iracheno così come alle milizie sciite e a quelle del Mahdi, mentre l’Arabia Saudita, il Qatar e gli Emirati procurano armi, munizioni e denaro alla minoranza sunnita. La tensione “sushi” nella Terra dei Due Fiumi è in aumento e una conflagrazione con una dilagante guerra civile è solo una questione di tempo. Libano Molti libanesi non approvano l’attività di Hezbollah in Siria, perché temono che la guerra civile potrebbe travasare dalla Siria in Libano, e ne sarebbero le prime vittime. Questa settimana i sunniti hanno tenuto una manifestazione davanti all’ambasciata iraniana a Beirut, dove i manifestanti hanno chiesto all’Iran di portare Hezbollah fuori della Siria. In Israele, dobbiamo tener conto del fatto che in Medio Oriente la regola “il nemico del mio nemico è mio amico” non sempre funziona. Solo perché sunniti e sciiti sono ostili e si odiano a vicenda, non significa che ci sia amore per Israele. Nel migliore dei casi, ci potrebbe essere una coalizione di breve durata tra Israele e paesi sunniti quali Arabia Saudita, Giordania ed Egitto, ma non possiamo fare affidamento su una tale coalizione, perché siamo ancora “l’entità sionista” che, secondo l’Islam – per sunniti e sciiti allo stesso modo - non ha il diritto di esistere. Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi. |
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