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Mordechai Kedar
L'Islam dall'interno
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Il “sushi” si sta riscaldando 16/06/2013

Il “sushi” si sta riscaldando
Commento di Mordechai Kedar

(Traduzione dall'ebraico di Sally  Zahav, versione italiana di Yehudit Weisz)


                                                                    Mordechai Kedar

 Per gli studiosi del Medio Oriente, il termine “sushi” è una abbreviazione che vuol dire “sunniti-sciiti”. Chi si interessa alla storia dell’Islam, sa che le origini del conflitto tra sunniti e sciiti hanno origine nel momento in cui Maometto, il profeta dell’Islam, chiuse gli occhi per sempre nell’anno 632 e.v. senza lasciare alcuna indicazione per la scelta del successore alla guida della nazione musulmana.
Il conflitto che ne è seguito è diventato un’aperta e sanguinosa battaglia nel corso degli anni e il filo conduttore della storia islamica lungo 1400 anni.
Un conflitto che si ripercuote su molti livelli: personale, familiare, politico e religioso. La battaglia tra le due fazioni dell’islam è per il possesso dell’intero potere, e continua fino ad oggi.

Di recente vi sono stati dei tentativi per superare il conflitto e trovare un terreno comune al fine di pacificare le fazioni dell’islam, in Stati quali Iraq, Siria e Libano, dove sciiti e sunniti vivono fianco a fianco. Anche lo sceicco egiziano Yusuf al-Qaradawi, Mufti (arbitro religioso) dell’Emirato del Qatar, si è espresso sia verbalmente che per iscritto, circa la necessità di trovare un modo per “portare le due scuole di pensiero più vicine”, come se lo sciismo fosse un’altra legittima scuola di pensiero, in aggiunta alle quattro scuole giuridico-religiose sunnite: Hanafismo, Malikismo, Shafi’ismo e Hanbalismo.
Un tempo la fazione sciita si chiamava “Scuola di Jafari” dal nome di uno dei padri dello sciismo.

L’Età dell’Oro tra i sunniti e sciiti è stato l’anno 2006, quando Hezbollah, in seguito alla Seconda Guerra del Libano sembrò aver vinto una “vittoria divina”. Dopo tutto, Hassan Nasrallah era sopravvissuto nonostante i 33 giorni di pesanti attacchi israeliani, alcuni dei quali erano stati indirizzati a lui personalmente. Hezbollah venne paragonato agli eserciti dei paesi arabi, che avevano fallito in tutti i loro tentativi di distruggere lo stato di Israele, e che nel 1967 furono sconfitti dall’esercito israeliano in soli sei giorni.
In seguito alla Seconda Guerra del Libano, Nasrallah aveva dichiarato a tutti i media - e specialmente nel suo canale televisivo al-Manar (“il faro”) - che la vittoria apparteneva a tutta la nazione arabo-islamica, dando di se stesso l’immagine dell’unico leader in Medio Oriente in grado di far fronte al nemico, ignorando le obiezioni dell’Occidente infedele e dei suoi miserabili servi, cioè la maggior parte dei governanti degli stati arabi.

Bashar Assad aveva dichiarato che la strada indicata da Hezbollah era l’unico modo per combattere e  sconfiggere il nemico sionista. Durante la guerra, nell’estate del 2006, grandi masse in Medio Oriente manifestavano tenendo alti i ritratti di Hassan Nasrallah, insieme a quelli di Bashar Assad, grande sostenitore di Hezbollah. Faceva comodo a tutti - compresi i religiosi come lo sceicco Yusuf al-Qaradawi - ignorare che Hezbollah era un gruppo sciita, sostenuto dall’ Iran, perché se il movimento sunnita di Hamas fosse finito nella stessa barca con Hezbollah, quali danni ne sarebbero derivati al movimento libanese “al-Muqawama wal-mumana'a” (“Resistenza e difesa”), che sostiene tutti i “movimenti di liberazione”, indipendentemente dalla setta religiosa?

Il canale al-Jazeera, portavoce del movimento dei Fratelli Musulmani sunniti, aveva abbracciato Hezbollah e dedicato molte ore di programmazione in suo sostegno; in molte società islamiche - compresa quella in Israele – numerose persone erano passate dalla sponda sunnita dell’islam a quella sciita.
Solo un piccolo gruppo di religiosi sauditi non si era lasciato sopraffare dalle ondate di entusiasmo per Hezbollah, avendo valutato negativamente il predominio sciita sul Libano, così come la sua influenza sul mondo arabo in generale.
Ma l’entusiasmo per Hezbollah non è sopravvissuto alla tempesta che si è abbattuta sul Medio Oriente fin dal dicembre del 2010, romanticamente definita dai media come “ primavera araba”, come se ora in Medio Oriente gli uccelli cinguettassero, gli alberi fossero carichi di boccioli, le aiuole in piena fioritura, le farfalle svolazzanti, le persone sorridenti e si respirasse un’aria di crescente ottimismo. La crudele guerra che ha imperversato in Siria fin dal marzo del 2011 è costata finora circa centomila morti e molte migliaia di feriti; milioni di siriani sono sfollati all’interno del proprio territorio o si sono rifugiati nei Paesi vicini, mentre Hezbollah combatteva questa sporca guerra a sostegno del regime di Assad.

L’informazione del coinvolgimento di Hezbollah nei combattimenti è trapelata più di un anno fa. In un primo momento avevano sepolto i loro caduti in cimiteri provvisori nella valle del Libano, vicino al confine con la Siria, per evitare che i funerali si svolgessero in aree residenziali, rendendo così visibile il coinvolgimento nella guerra in Siria. Alle famiglie dei caduti fu proibito osservare i riti del lutto con cerimonie commemorative per mantenere segreta la partecipazione di Hezbollah alla guerra.
Con il tempo, il quadro è mutato, Hezbollah non può più nascondere il suo coinvolgimento. Nel tentativo di rafforzare la propria popolarità, Nasrallah aveva affermato di essere in Siria solo per difendere un certo numero di villaggi “libanesi”, ma era chiaro che stava invece difendendo dei villaggi sciiti dagli attacchi dei ribelli sunniti.
Questa storia è andata in frantumi di fronte alla realtà riportata dai media, che descriveva Hezbollah come parte integrante del regime di Assad. Lo scorso anno, la critica a Hezbollah nel mondo arabo era cresciuta a causa del coinvolgimento nel massacro dei siriani, e la questione è poi balzata in prima pagina circa un mese fa, con l’attacco alla città di Qusayr, al confine tra Siria e Libano, cità- ponte per il trasferimento di armi, munizioni e combattenti dalla zona sunnita di Tripoli in Libano ai ribelli in Siria, che avevano preso il controllo di Qusayr un anno prima, creando un cuneo tra Damasco, la capitale, e la zona alawita nel nord-ovest del paese.
Dalle fotografie e dalle relazioni sulla battaglia del mese scorso, sembra essere stato Hezbollah e non l’esercito siriano ad aver conquistato Qusayr.

 Questa battaglia sanguinosa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Da quando Qusayr è caduta nelle mani di Hezbollah, le critiche sono state moltissime, i portavoce dell’Islam sunnita hanno attaccato Hezbollah con le frecce più acuminate e intrise di veleno mortale della retorica islamica. L’espressione che usano per chiamare l’organizzazione è “Hizb al-Shitan”, “il partito di Satana” alludendo al passaggio del Corano “Il partito di Satana sono i perdenti” (Sura 58, versetto 19) , che è l’opposto di “Hizb 'Allah”, “il partito di Allah”, anch’esso citato nel Corano (sura 5, versetto 56).
In omelie pronunciate nelle moschee e  pubblicate sui media, Yusuf al-Qaradawi fa appello a tutti i musulmani, maschi e femmine, per il jihad contro Hezbollah in Siria, e accusa apertamente Hezbollah e gli iraniani di voler distruggere tutti i paesi musulmani, e di nascondere la loro vera identità di infedeli.

Qaradawi non tiene a freno la  lingua. Parla con disprezzo dei cambiamenti apportati alla Costituzione siriana, che hanno permesso a Bashar Assad di succedere al padre nel 2000, quando aveva 34 anni, nonostante il fatto che fino ad allora, al Presidente era richiesto di averne almeno 40. Cita anche il nome originale della famiglia Assad – “al-wahash” - che significa “bestia selvaggia”. Qaradawi ha invitato i saggi islamici di tutto il mondo a radunarsi al Cairo il 13 giugno, per discutere su come trattare con gli sciiti in generale e  Iran e Hezbollah in particolare, e prendere decisioni in merito.
Vede l’ascesa dell’Islam sunnita al potere in Egitto, Tunisia, Marocco e Yemen come una benedizione, come a Gaza, che ha visitato di recente.
Qaradawi ammette chiaramente di aver commesso un errore nel 2006 su Hezbollah, ingannato dal suo aspetto religioso. Qaradawi loda i saggi religiosi dell’Arabia Saudita che già allora, ai tempi della Seconda Guerra in Libano, avevano capito la vera natura di Hezbollah e non erano caduti nella trappola che Nasrallah aveva teso al mondo arabo e islamico.
Ha chiesto scusa e perdono a quei saggi per aver sostenuto Hezbollah contro il loro giudizio.

Ma Qaradawi non è solo. Lo sceicco Ra’ad Salah, capo del ramo settentrionale del movimento islamico in Israele, parla apertamente contro Hezbollah, che agisce contro i “nostri fratelli” in Siria. E’ importante poi ricordare che ”i fratelli” per lo sceicco Ra’ad Salah potrebbero essere i Fratelli musulmani siriani, ma potrebbero anche essere i profughi palestinesi in Siria, diverse centinaia sono rimasti feriti in scontri tra Assad e i ribelli, mentre alcune migliaia sono fuggiti in Giordania e Libano.

Iraq

 La crescente tensione tra sunniti e sciiti si fa sentire anche in Iraq. Nel mese di maggio di quest’anno, più di un migliaio di uomini, donne e bambini sono stati uccisi negli attacchi sunniti contro gli sciiti, e viceversa. La tensione tra le fazioni in Iraq cresce e genera minacce reciproche: “È meglio che ve ne andiate dall’Iraq prima che sia troppo tardi”, cioè prima che i nostri coltelli separino la testa dalle vostre spalle. L’Iran fornisce armi ed equipaggiamento all’esercito iracheno così come alle milizie sciite e a quelle del Mahdi, mentre l’Arabia Saudita, il Qatar e gli Emirati procurano armi, munizioni e denaro alla minoranza sunnita. La tensione “sushi” nella Terra dei Due Fiumi è in aumento e una conflagrazione con una dilagante guerra civile è solo una questione di tempo.

Libano

 Molti libanesi non approvano l’attività di Hezbollah in Siria, perché temono che la guerra civile potrebbe travasare dalla Siria in Libano, e  ne sarebbero le prime vittime. Questa settimana i sunniti hanno tenuto una manifestazione davanti all’ambasciata iraniana a Beirut, dove i manifestanti hanno chiesto all’Iran di portare Hezbollah fuori della Siria.
Attivisti armati di Hezbollah hanno attaccato i manifestanti con mazze e bastoni e ne hanno colpito uno a morte. Il combattimento continua a Tripoli, nel nord del Libano, tra il quartiere sunnita di Bab al-Tabana e Jabal Mohsen, i cui residenti sono alawiti, e anche lì questa settimana ci sono stati dei feriti.
Circa due settimane fa dei razzi Grad sono caduti su un quartiere meridionale di Beirut, una roccaforte Hezbollah, e tutti i segnali indicano che un “sushi” si stia scaldando anche nella Terra dei Cedri.
Secondo alcuni rapporti Hezbollah ha richiesto ad Hamas di portare la sua gente fuori dal Libano, perché non dà più il proprio sostegno a Hezbollah. La tensione tra sunniti e sciiti potrebbe provocare una conflagrazione in molti paesi: Libano, Iraq, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Pakistan, Afghanistan, e forse anche la Turchia, dove vive una significativa minoranza sciita.

 In Israele, dobbiamo tener conto del fatto che in Medio Oriente la regola “il nemico del mio nemico è mio amico” non sempre funziona. Solo perché sunniti e sciiti sono ostili e si odiano a vicenda, non significa che ci sia amore per Israele. Nel migliore dei casi, ci potrebbe essere una coalizione di breve durata tra Israele e paesi sunniti quali Arabia Saudita, Giordania ed Egitto, ma non possiamo fare affidamento su una tale coalizione, perché siamo ancora “l’entità sionista” che, secondo l’Islam – per sunniti e sciiti allo stesso modo - non ha il diritto di esistere.

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
Link:
http://eightstatesolution.com/
http://mordechaikedar.com/


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