Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Siria: Obama appoggia i ribelli contro Assad cronaca di Massimo Gaggi
Testata: Corriere della Sera Data: 14 giugno 2013 Pagina: 18 Autore: Massimo Gaggi Titolo: «Obama: 'Assad usa armi chimiche'»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 14/06/2013, a pag. 18, l'articolo di Massimo Gaggi dal titolo "Obama: «Assad usa armi chimiche»".
Massimo Gaggi
NEW YORK — Pressato da settimane da Francia e Gran Bretagna, attaccato dai repubblicani e ora criticato anche dal suo predecessore, Bill Clinton, per il suo atteggiamento prudente fino ad apparire rinunciatario, il presidente Barack Obama ha alla fine deciso di rompere gli indugi sulla Siria. Ieri sera la Casa Bianca ha riconosciuto ufficialmente, in un messaggio trasmesso al Congresso, che Damasco ha superato la «linea rossa» dell'impiego delle armi chimiche contro i ribelli. Un atto simile, avevano ammonito gli Usa, avrebbe provocato una reazione forte. Quale? Per ora la Casa Bianca annuncia un maggior supporto ai ribelli esteso anche agli aiuti di tipo militare, ma in una «conference call» con i giornalisti il numero due del Consiglio per la Sicurezza Nazionale, Ben Rhodes, ha escluso che, al momento, si stia pensando di istituire una no fly zone sui cieli della Siria. Rhodes ha spiegato che Obama mantiene la sua preferenza per una soluzione della crisi negoziata a livello politico-diplomatico e intende affrontare la questione con gli altri leader dell'Unione Europea, della Russia e del Giappone negli incontri che avrà con loro lunedì e martedì al G-8 in Irlanda del Nord. L'alto funzionario ha però aggiunto che la conferma dell'uso del sarin da parte delle forze di Assad è un fattore che «cambia il calcolo del presidente Usa sulla Siria». Insomma gli Stati Uniti voltano pagina, anche se non è ancora chiaro come si muoveranno: «Non siamo pronti a fare un inventario degli interventi che metteremo in calendario» ha risposto Rhodes ai cronisti che gli chiedevano di spiegare meglio le intenzioni americane. La sensazione è che la Casa Bianca si sia mossa in ritardo, quando un Assad che qualche mese fa sembrava sull'orlo del tracollo, ha recuperato terreno e, con l'aiuto sempre più massiccio degli Hezbollah filo-iraniani, sta mettendo alle corde i ribelli. Già da tempo Londra e Parigi, certe degli attacchi chimici dell'esercito siriano, sollecitavano Washington a reagire. Ma Obama ha temporeggiato, la fase di istruttoria degli analisti si è allungata, mentre la diplomazia Usa ha cercato di far avanzare una soluzione negoziale con un maggior coinvolgimento della Russia, sempre decisa a puntellare il regime di Assad, ma anch'essa preoccupata per la crisi siriana. Ma i tempi di una nuovo conferenza di Ginevra continuano ad allungarsi mentre i ribelli sono ormai allo stremo. In Congresso i repubblicani, col senatore John McCain, accusano apertamente la Casa Bianca di essere stata troppo prudente, compromettendo, così, ogni possibilità di obbligare Assad a uscire di scena. Per questo bisognava aiutare i ribelli, cosa che non è avvenuta. Il governo ha sempre risposto che non si poteva rischiare di armare la gente sbagliata nel caos dei gruppi di insorti che hanno origini e obiettivi diversissimi. E che attendeva i risultati dell'indagine sull'uso del gas. Ora questa parte è conclusa: la Casa Bianca certifica che la «linea rossa» è stata varcata precisando che gli attacchi a base di sarin hanno provato 100-150 vittime (rispetto agli oltre 90 mila morti contati dall'inizio della crisi siriana). Di più: vengono indicate le date degli attacchi: il 19 marzo e il 13 aprile ad Aleppo, il 14 e 23 maggio nella parte est di Damasco: come a dire che sono fatti recenti, che l'istruttoria non è rimasta nel cassetto. Fatto sta che la Casa Bianca rompe gli indugi solo nell'imminenza di un difficile G-8 e il giorno dopo l'attacco più grave per Obama: quello del suo predecessore Bill Clinton: l'uomo che lo ha affiancato nei giorni decisivi della campagna per la rielezione e la cui moglie ha guidato fino a poche settimane fa la politica estera americana. In un incontro a porte chiuse il cui contenuto non doveva arrivare alla stampa, Bill Clinton ha addirittura detto che Obama rischia di fare la figura del fifone e di apparire uno «sciocco integrale» («total fool»), davanti alla riscossa di Assad. Replica del portavoce del presidente, Jay Carney: «Obama ascolta tutti, accoglie giudizi e critiche, ma alla fine prende le decisioni che è convinto siano nel miglior interesse del Paese». Poi, però, Bill Clinton ha criticato Obama anche durante un evento pubblico al quale ha partecipato a New York insieme a McCain. In sostanza l'ex presidente ha sostenuto che, anche se la maggioranza dell'opinione pubblica americana è contraria al coinvolgimento in un altro conflitto, un presidente deve decidere sulla base delle proprie convinzioni e delle informazioni di cui dispone, non guardando i sondaggi d'opinione: «Io ho fatto così quando siamo intervenuti in Bosnia».
Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, cliccare sull'e-mail sottostante