Arrestato per terrorismo a Brescia. Voleva colpire e morire per Allah Sbagliato sottovalutare gli islamisti in Italia. Commento di Souad Sbai
Testata: Libero Data: 13 giugno 2013 Pagina: 19 Autore: Souad Sbai Titolo: «L’aspirante 'martire' di Brescia è l'emblema del pericolo islamista»
Riportiamo da LIBERO di oggi, 13/06/2013, a pag. 19, l'articolo di Souad Sbai dal titolo "L’aspirante «martire» di Brescia è l'emblema del pericolo islamista".
Souad Sbai
Anas el Abboubi
Sono nel cuore dell’Europa. Nel tessuto connettivo e produttivo che da tempo ormai guida, nel bene o nel male, la carovana dei Paesi europei. In Germania - lo annuncia Der Spiegel anticipando i dati del rapporto annuale del «Verfassungsschutz » (BfV), l’Ufficio per la protezione della Costituzione - i fondamentalisti di matrice islamica sono passati da 38.080 nel 2011 a 42.550 nel 2012. E la crescita più preoccupante vede la corrente dei salafiti passare dai 3.800 del 2011 ai 4.500 al 31 dicembre dello scorso anno. È un “ri - prodursi” a ritmo vorticoso, come in uno sciame di cavallette. Proliferano incontrollati giorno dopo giorno, andando a costituire un nucleo che attende solo di essere numericamente rilevante rispetto alla popolazione indigena per avanzare richieste a cui dire di no, di fronte a minacce nemmeno tanto velate, risulterebbe assai rischioso. BOMBA A OROLOGERIA Ma torniamo in Italia e apriamo gli occhi su ciò che accade nei nostri quartieri, dentro le case, nei ritrovi, nelle moschee fai da te. Succede che un giovane maghrebino residente a Brescia, Anas el Abboubi, 21 anni appena, venga letteralmente reclutato dal proselitismo jihadista militante di stampo salafita, e che in poco tempo divenga il fondatore del gruppo estremista «Sharia4Italy», costola del network internazionale «Sharia 4», nato nell’ormai islamizzato Belgio e dichiarato fuorilegge in molti Paesi. Il rapporto della Polizia e della Digos, che hanno portato a termine il suo arresto, parla di materiali propagandistici sul web, di sopralluoghi e obiettivi da colpire, addirittura di desiderio della morte in Siria da martire, dunque di voglia di jihad. Insomma, la vera e propria anticamera rispetto al passaggio verso più concrete azioni di terrorismo internazionale, capo d’accusa che con altri pende sulla testa del giovane. Il quale, attraverso il suo blog, aveva già agganciato altri giovani, reclutati alla causa. «Il martirio mi seduce, voglio morire a mano armata», così scriveva sul suo computer. E ancora: «Ho sete di battaglia, il Jihad contro l’Italia, contro il male è la mia sfida». D’altronde le nostre difese sono labili, troppo labili. Solo l’efficacia e la prontezza di analisi e azione dei Servizi e delle Forze dell’Ordine per ora hanno salvaguardato l’Italia dall’essere colpita nel profondo. Ma c’è una forza all’opera nella nostra società che tutto vede e tutto studia, al fine di scoprire il punto debole di un tessuto umano ormai allentato, sfilacciato, pronto a spezzarsi. Un’arte sottile ma affilata come una lama, che riesce a tramutare il disagio e il malessere in odio, in desiderio di vendetta. In jihadismo applicato a giovani menti, svuotate a dovere per poi essere saturate di propaganda. Questo accade ogni giorno, sotto i nostri occhi. Ma soltanto quando viene arrestato il proselitista di turno, le denunce stanno bene in ogni bocca, gli allarmi fanno al caso di ogni voce. La verità è che siamo giunti a questo perché qualcuno ha sottovalutato e continua a sottovalutare la situazione. Perché il buonismo strisciante ha sostituito le regole, il multiculturalismo ha preso il posto della gestione delle differenze. Qualcuno ancora si permette di affermare: «In fondo non ha fatto nulla di male». Ma il pericolo c’è ed è più che reale. APPELLO FINALE L’arresto di ieri, assieme a quelli di Andria - sei ordinanze di custodia cautelare emesse lo scorso 30 aprile per altrettanti sospetti terroristi che si addestravano sulle pendici dell’Etna - e tanti altri ancora, testimoniano che occorre sradicare la malattia che infetta le giovani generazioni immigrate, strutturando percorsi di lavoro e di integrazione, rifuggendo dalle false promesse che albergano in una cittadinanza “regalata” e non meritata né realmente voluta. Siamo all’appello finale: via gli imam fai da te, stop alle moschee fai da te, stop alla cittadinanza per chi si macchia di episodi riconducibili all’estremismo, e poi sì al censimento delle realtà cultuali, alle prediche in italiano e ai corsi di formazione per imam. La Consulta per l’Islam Italiano su questo aveva aperto una breccia, ma il buonismo di chi ha da poco passato il testimone, come l’ex ministro Riccardi, ha pensato bene di mettere noi sul ciglio di quella breccia.
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