Afghanistan: l'attentato di sabato dimostra che il dialogo coi talebani è un errore commento di Pio Pompa
Testata: Il Foglio Data: 12 giugno 2013 Pagina: 3 Autore: Pio Pompa Titolo: «Un altro attacco a Kabul. Insistiamo nel dialogo con i talebani?»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 12/06/2013, a pag. 3, l'articolo di Pio Pompa dal titolo "Un altro attacco a Kabul. Insistiamo nel dialogo con i talebani?".
Capitano Giuseppe La Rosa
Se il bilancio dell’attentato di sabato in Afghanistan contro un convoglio italiano che rientrava nella base di Farah non ha avuto proporzioni maggiori lo si deve al capitano Giuseppe La Rosa, che ha sacrificato la propria vita limitando, con il suo corpo, gli effetti devastanti della bomba a mano lanciata all’interno del Lince. Così hanno avuto salva la vita gli altri tre militari rimasti feriti. Tutto il resto non conta nulla. Contano tantissimo, invece, i 53 militari italiani che, dall’inizio della missione, hanno perso la vita nell’adempimento del loro dovere in una guerra scatenata dal terrorismo islamico dell’11 settembre. Allora, al contrario di oggi, l’indignazione collettiva internazionale (siamo tutti americani!) spingeva per una resa dei conti definitiva con al Qaida e la minaccia jihadista. Sennonché l’appeasement manifestato nel corso degli ultimi anni da molti paesi sia nei confronti dei talebani sia di altre organizzazioni terroristiche si è materializzato nelle scelte strategiche di trattativa e di compromesso, senza valutarne accuratamente la praticabilità. La conseguenza è stata il varo, da parte dei network jihadisti impegnati nelle varie aree di crisi, di una comune “tattica dei due forni” perfezionata nei paludati ambienti di Doha, nel Qatar, divenuti luogo d’incontro tra i “diplomatici” talebani, quelli di al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi) e, persino, dei Boko Haram nigeriani: da un lato si tratta con il nemico in interminabili e spesso inconcludenti incontri segreti, dall’altro lo si continua ad attaccare proseguendo imperterriti nella mattanza del jihad, in attesa del suo ritiro e di riconquistare le posizioni perdute. E’ quel che è accaduto ieri, a Kabul, dove è stata attaccata la Corte suprema: un attentatore suicida si è fatto esplodere nei pressi degli autobus che portano i giudici e ha ammazzato almeno 14 persone, e ne ha ferite 40. I talebani hanno rivendicato l’attentato dicendo che hanno colpito i giudici perché “obbediscono all’occidente”. Ecco perché la maggioranza della popolazione afghana teme che il ritiro delle forze del contingente Isaf, fissato per la fine del 2014, possa coincidere con il ritorno in grande stile dei talebani e la deflagrazione di una nuova guerra civile. “Gli afghani – racconta al Foglio una fonte d’intelligence – non si fidano del governo di Hamid Karzai e di gran parte delle forze politiche presenti nel Parlamento, li ritengono compromessi con i talebani. Stesso discorso vale per i vertici degli apparati di sicurezza afghani che non sono riusciti, fino a ora, a estirpare la vasta rete di complicità di cui godono i terroristi. L’attacco talebano all’alba di lunedì contro l’aeroporto militare di Kabul, dove è ubicato il Comando congiunto della coalizione Nato che da dodici anni dirige le operazioni sul campo, non sarebbe stato possibile, al pari di altri sanguinosi attentati, senza la complicità di elementi appartenenti alle forze di sicurezza afghane. Un ulteriore elemento di preoccupazione per il futuro dell’Afghanistan e dell’intera area riguarda il nuovo premier pachistano, Nawaz Sharif. In molti, a partire dalla pancia della popolazione afghana e pachistana, lo ritengono un amico dei talebani. Nel febbraio scorso Nawaz Sharif fu indicato da Ehsanullah Ehsan, portavoce del movimento dei talebani del Pakistan (Ttp), come uno dei garanti nei colloqui di pace proposti dall’allora ministro dell’Interno pachistano, Rehman Malik. Sempre Nawaz Sharif è stato il primo a indignarsi quando, il 28 maggio scorso, un drone americano ha ucciso il numero due dei talebani, Wali ur Rehman, considerato la testa pensante del Ttp. In pochi, oggi, ricordano che i talebani hanno ucciso negli ultimi dieci anni, tra Afghanistan e Pakistan, oltre 60 mila persone”. L’appeasement nei confronti dei talebani e di altre organizzazioni terroristiche è un imperdonabile atto di viltà sul quale dovrebbero riflettere l’occidente e l’intera comunità internazionale.
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