Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/06/2013, a pag. 17, l'articolo di Lorenzo Cremonesi dal titolo " Le milizie in Libia e il collasso dello Stato ".


Lorenzo Cremonesi
Sono trascorsi quasi venti mesi dal linciaggio di Muammar Gheddafi alle porte di Sirte. Da allora in Libia si sono tenute le elezioni parlamentari, creati due governi, entro il 2013 si dovrebbe votare la nuova assemblea costituente. Eppure, caos e violenza restano pericoli costanti, tanto gravi da mettere a rischio l'intero processo post-rivoluzionario. Al cuore delle difficoltà sta l'ormai vecchia questione del controllo delle milizie che, forti della copertura Nato, rovesciarono il regime del Colonnello: sono tante, troppe, armate, indipendenti, sfuggono alle autorità centrali. Il problema si presentò già al tempo della caduta di Tripoli nell'agosto 2011 e da allora non ha fatto che peggiorare. Si riassume in una formula: lo Stato manca di monopolio della forza e dunque, privo di questa caratteristica centrale della sovranità, non è in effetti capace di governare il Paese. Ciò che è avvenuto sabato a Bengasi ne è l'ennesima riprova. Alcune centinaia di manifestanti si radunano di fronte alla sede della milizia «Scudo della Libia» chiedendone lo smantellamento immediato. Tra loro numerosi attivisti dei movimenti mobilitati in difesa della società civile dopo che l'11 settembre dell'anno scorso al consolato americano di Bengasi era stato ucciso l'ambasciatore Usa Chris Stevens assieme a tre collaboratori. A loro pare si uniscano attivisti del movimento federalista. Probabilmente anche qualche provocatore armato. Ma la reazione della milizia è rabbiosa, gravissima. I suoi guerriglieri sparano ad altezza d'uomo, pare abbiano utilizzato anche l'artiglieria. Un massacro: gli ospedali locali segnalano almeno 31 morti e oltre cento feriti. Ieri il capo di Stato maggiore, Yossef al-Mangoush, ha confermato il senso di sconfitta rassegnando le dimissioni. Serve a poco, nessuno può al momento fare meglio di lui. I miliziani si sentono forti dal fatto che il governo di Tripoli, incapace di creare un proprio esercito, ha promosso lo «Scudo della Libia» al ruolo di forza legittima. Ma la popolazione di Bengasi non si fida, teme l'anarchia, sa che questa milizia, al pari di tante altre tra le circa 200 in tutto il Paese, è a sua volta divisa al suo interno, spesso con gruppi in competizione tra loro per accaparrarsi armi, munizioni e finanziamenti. A Derna, dove lo Stato è del tutto latitante, a fare il bello e cattivo tempo ora sono gli estremisti islamici filo-Qaeda. I luoghi dove le milizie locali restano invece più popolari sono Misurata e Zintan, che però sono diventate città-Stato indipendenti, addirittura in concorrenza politica diretta con le autorità di Tripoli.
Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, cliccare sull'e-mail sottostante