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La Stampa Rassegna Stampa
10.06.2013 Siria: Assad ora punta alla città di Aleppo
in Libano scontri fra sostenitori di Hezbollah e sostenitori dei ribelli

Testata: La Stampa
Data: 10 giugno 2013
Pagina: 11
Autore: Claudio Gallo - Redazione della Stampa
Titolo: «Beirut, rivolta anti-Hezbollah davanti all’ambasciata iraniana - Dopo la conquista di Qusayr Assad punta su Aleppo»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 10/06/2013, a pag. 11, l'articolo di Claudio Gallo dal titolo "Beirut, rivolta anti-Hezbollah davanti all’ambasciata iraniana", l'articolo dal titolo " Dopo la conquista di Qusayr Assad punta su Aleppo ".
Ecco i pezzi:

Claudio Gallo - " Beirut, rivolta anti-Hezbollah davanti all’ambasciata iraniana"


Hezbollah

Ogni giorno la guerra siriana bussa alla porta del Libano per rinfocolare gli odi settari già costati al paese lunghi anni di guerra civile, inframmezzati dalle carneficine degli attacchi israeliani. Ieri un manifestante è stato ucciso da un colpo di pistola davanti al consolato iraniano, mentre protestava per l’aiuto di Hezbollah all’esercito di Assad che ha permesso al regime di riprendersi la città strategica di Al Qusair. Qualche ora prima, razzi e colpi di cannone erano piovuti dalla Siria oltre il confine settentrionale libanese, in un’area che fa da retroterra ai ribelli sunniti.

In realtà la pallina bianca sta ancora girando: se cadrà in una casella favorevole e la crisi in Siria sarà risolta dalla politica (il pessimismo per ora prevale) il Libano potrà essere la base privilegiata per la ricostruzione del paese vicino e il sangue sarà asciugato con il denaro; se cadrà nel posto sbagliato, la guerra si estenderà a questo martoriato paese per cui la religione, con tutte le sue implicazioni sociali, non è mai stata una benedizione. Venerdì l’esercito libanese ha fatto sapere, senza uscire dalla consueta opacità, di aver scoperto un complotto per coinvolgere Beirut nel conflitto.

Nella tarda mattinata di ieri a Bir Hassan, nella zona sud-occidentale di Beirut, sono comparsi una trentina di militanti di un piccolo partito sciita, Appartenenza Libanese, guidato dal figlio dell’ex presidente della Camera (sì, anche sciiti contro sciiti per complicare le cose) per protestare davanti alla cancelleria iraniana che fa anche da consolato (l’ambasciata è a qualche centinaio di metri, in via Al Kouds, via Gerusalemme).

I manifestanti, arrivati con un pullman, sono stati accolti da una sorta di servizio d’ordine in maglietta nera e fascia gialla al braccio. Chi siano questi «cittadini», come li chiama una parte della stampa libanese non è chiaro: per qualcuno erano militanti di Hezbollah, ma il movimento dello sceicco Nasrallah ha smentito e condannato le violenze. Fonti informate dicono che il «partito di Dio» avrebbe dato ai suoi la consegna di tenere un basso profilo di fronte a qualsiasi manifestazione ostile.

Gli uomini in nero potrebbero appartenere allora al movimento Amal del presidente del parlamento Nabih Berri, particolarmente presente nel quartiere. Ma come succede spesso in Libano è difficile stabilire esattamente i fatti, specialmente a caldo.

È certo comunque che i «vigilantes» hanno attaccato con bastoni l’autobus che portava i manifestanti, appena questi sono scesi coi loro cartelli e le loro bandiere. Nella confusione seguita all’aggressione, qualcuno ha sparato con una pistola, ferendo a morte il segretario giovanile del partito Hashem Salman. Poco dopo l’incidente sono arrivati la polizia e l’esercito libanese che ha chiuso la strada che attraversa la rotonda dove sono avvenuti gli scontri, rallentando anche il traffico sulla vicina arteria che porta all’aeroporto.

Quasi contemporaneamente, nel cuore della città, piazza dei Martiri, dove c’è il sacrario di Rafiq Hariri, il premier sunnita assassinato nel giorno di San Valentino del 2005, qualche centinaio di persone si sono raccolte sotto le bandiere libanesi e gli stendardi del Partito nazionale liberale, una formazione cristiana anti-siriana guidata dal figlio dell’ex presidente Camille Chamun. Anche loro protestavano per l’intervento di Hezbollah a fianco dei governativi nella vittoriosa battaglia di Al Qusair. Il timore del fronte antiAssad è che l’esercito possa adesso riconquistare Aleppo.

L’impatto della crisi siriana in Libano è già molto forte, senza che il conflitto attraversi il confine. Ha detto sconfortato in una recente intervista il cardinale Jean-Louis Tauran: «Il Libano pagherà il prezzo della guerra», riferendosi ai 500 mila rifugiati che stanno inondando il paese, andando ad aggiungersi ai 300 mila palestinesi, naufraghi senza speranza della storia.

Redazione della Stampa - " Dopo la conquista di Qusayr Assad punta su Aleppo"


Bashar al Assad

Il regime siriano punta a riconquistare Aleppo. La battaglia potrebbe cominciare «nelle prossime ore», ha rivelato all’agenzia Afp una fonte della sicurezza siriana. «Le nostre forze sono pronte a riprendere tutta la provincia, villaggio per villaggio». Cioè, la ripetizione della campagna di aprile-maggio che ha portato alla disfatta degli insorti nella zona di Qusayr. La manovra è la stessa. Le potenti formazioni degli Hezbollah, almeno duemila uomini, addestrate alla guerra urbana durante l’invasione del Libano da parte di Israele, muovono adesso verso Nord. Investiranno la città da Ovest come un martello, mentre l’incudine saranno le truppe scelte del presidente Bashar al Assad schierate a Sud e a Est della metropoli presa dagli insorti un anno fa.

Cacciarli da Aleppo sarebbe il coronamento strategico della campagna di primavere di Assad. Ma sarà più difficile che a Qusayr. Intanto le forze fedeli al raiss devono «ripulire» la regione di Homs, fra Qusayr e Aleppo. Poi le formazioni ribelli del nord ricevono più facilmente rinforzi e armi dal confine con la Turchia che controllano quasi per intero. A indebolirle sono però le divisioni interne. È di ieri la notizia dell’esecuzione da parte dei guerriglieri di Al Nusra, unità legata direttamente ad Al Qaeda, di un importante comandante del Libero esercito siriano, Mahmud al Majdami. Gli scontri fra moderati e integralisti avrebbero già fatto decine di vittime fra Idlib e Aleppo.

Regolamenti di conti e vendette che non risparmiano nessuno e si tingono spesso di orrore. Ieri è stato assassinato a sangue freddo, ad Aleppo, un ragazzino di 15 anni. È stato giustiziato davanti alla sua famiglia, con un colpo di pistola a bruciapelo in bocca e uno alla nuca. Gli estremisti islamici l’accusavano di «blasfemia», per alcune «frasi sospette» riferite in una conversazione con un amico. Dopo il caso dell’islamista che si è mangiato il cuore di un nemico appena ucciso, un altro segnale dell’estremizzazione della rivoluzione siriana. Quanto basta a inquietare le diplomazie che preparano la conferenza di Ginevra-2. Ieri il premier Benjamin Netanyahu ne ha discusso con il presidente russo Vladimir Putin e ha escluso ogni coinvolgimento di Israele nel conflitto.

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