Su LETTURA/CORRIERE della SERA di oggi, 09/06/2013, a pag. 13, l'abituale colonna domenicale di Daria Gorodisky, dal titolo "Solo la Tv si ricorda dei rapiti", nella quale si legge come le televisioni italiane siano state le uniche in Europa a non avere acquistato i diritti di una serie israeliana - Hatufim - di grande successo in tutto il mondo. Già, perchè?

locandina di "Hatufim"

Gideon Raff
Pochi giorni fa Ismail Haniyeh, elegante cinquantenne laureato in Letteratura araba, ha voluto ribadirlo: «Rapire soldati israeliani è un dovere di ogni buon palestinese». Questo è il messaggio del primo ministro di Hamas a Gaza. In Israele ci sono circa 1.500 persone, tra militari e civili, vittime di questi rapimenti; molti altri sono morti in prigionia; di altri non si sa neppure se siano ancora in vita: la comunità internazionale ha fatto e fa ben poco per ottenere che le organizzazioni terroristiche forniscano almeno la più essenziale delle informazioni. Libri e media israeliani si sono occupati ampiamente di questo tema, delle torture subite dai prigionieri, del tormento delle loro famiglie, dell'imperativo «portare a casa i ragazzi». Ma l'autore e regista Gideon Raff è stato il primo ad affrontare un argomento tabù: che cosa succede quando un soldato rapito torna? Tante ricerche e interviste, poi Raff ha realizzato una fiction televisiva che nel 2010 (e nel 2012 con la seconda serie) ha sfondato i record israeliani di audience; e che, tra l'anno scorso e questo, viene distribuita negli Stati Uniti, in Australia e nella maggior parte d'Europa ma non in Italia. Di altissima qualità cinematografica, bassissimi costi e massimo apprezzamento della critica, Hatufim (significa «Sequestrati»), racconta di tre riservisti di Tzahal che nel 2008 vengono riportati in patria — solo due vivi — dopo 17 anni di cattività in Libano. Lo zoom è sull'aspetto psicologico dei personaggi coinvolti, la difficoltà e il dolore del reinserimento, una moglie che ormai appartiene a un altro, o due figli lasciati in fasce e ritrovati giovani adulti; il tutto intrecciato ai sospetti dei servizi di sicurezza sulla nuova personalità dei due uomini, quindi interrogatori, indagini, suspense. Gli americani hanno subito chiesto a Raff di riadattare la storia a protagonisti e gusto stelle-e-strisce. Lui non ha esitato: 40 anni, ora abita di nuovo a Tel Aviv insieme con suo marito Udi, ma prima aveva lavorato nove anni a Los Angeles. Così è nato Homeland, conosciuto anche da noi. Truculento e cupo, contrariamente all'originale; ma si è portato via 27 premi, compresi diversi Emmy e Golden Globe.
Per inviare il proprio commento a Lettura/Corriere della Sera, cliccare sulla e-mail sottostante