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Corriere della Sera - La Stampa - Il Foglio Rassegna Stampa
31.05.2013 Siria: Assad sostiene di avere missili russi
cronache di Davide Frattini, Francesca Paci, Paola Peduzzi. Intervista a Daniel Pipes di Francesco Semprini

Testata:Corriere della Sera - La Stampa - Il Foglio
Autore: Davide Frattini - Francesca Paci - Paola Peduzzi - Francesco Semprini
Titolo: «Assad: ho già le armi dalla Russia. E la conferenza di pace si allontana - È scontro fra Hezbollah e Hamas. Palestinesi cacciati via dal Libano - Il raiss cerca di scoraggiare la no fly zone - Non perda tempo, ministro Bonino»

Riportiamo dal CORRIERE della SERa di oggi, 31/05/2013, a pag. 16, l'articolo di Davide Frattini dal titolo " Assad: ho già le armi dalla Russia. E la conferenza di pace si allontana ". Dalla STAMPA, a pag. 15, la breve di Francesca Paci dal titolo " È scontro fra Hezbollah e Hamas. Palestinesi cacciati via dal Libano ", l'intervista di Francesco Semprini a Daniel Pipes dal titolo " Il raiss cerca di scoraggiare la no fly zone ". Dal FOGLIO, in prima pagina, l'articolo di Paola Peduzzi dal titolo " Non perda tempo, ministro Bonino ".
Ecco i pezzi:

CORRIERE della SERA - Davide Frattini : " Assad: ho già le armi dalla Russia. E la conferenza di pace si allontana "


Davide Frattini

DAMASCO — La strada verso Damasco è intasata di camion, arrancano ai posti di blocco appesantiti dai container caricati al porto di Beirut. Merci che i trasportatori libanesi ricevono a loro nome e mandano dall'altra parte, approvvigionamenti che permettono al regime di resistere quanto le armi promesse dai russi che — assicura Bashar Assad — sono state consegnate.
Il presidente sceglie di parlare alla nazione attraverso una televisione del Paese vicino e legata all'organizzazione che è più vicina a lui. Anche se proprio all'emittente di Hebzollah il leader siriano minimizza il ruolo dei combattenti sciiti libanesi nella battaglia di Qusayr. «La vera guerra è a Damasco e Aleppo, non nelle campagne».
La capitale resta sotto assedio. Il botto delle esplosioni è quasi continuo. I colpi risuonano dai quartieri al di là del monte Qassioun, quello bombardato dal raid israeliano all'inizio del mese. Nell'intervista Assad minaccia anche lo Stato ebraico: «Risponderemo a ogni nuovo attacco. C'è una chiara pressione popolare, mi chiedono di aprire un nuovo fronte militare di resistenza nel Golan». Fino alla rivolta scoppiata poco più di due anni fa, le alture conquistate da Israele nel 1967 rappresentavano un confine tranquillo e senza scontri tra due nazioni ancora in guerra.
Rintuzza le pressioni che Benjamin Netanyahu, il premier israeliano, ha cercato di esercitare sui russi perché non passassero al regime i missili antiaerei S-300 («in questo lui non c'entra niente»). Resta però vago su quali armamenti Mosca abbia effettivamente consegnato: «Tutto quanto concordato verrà attuato, alcune parti dell'intesa sono già state portate a termine». Senza specificare se le batterie che potrebbero fermare i jet israeliani siano nel pacchetto.
Assad è convinto della vittoria delle sue truppe «in questa guerra mondiale scatenata contro la Siria», al punto da proclamare: «Non esiterei a presentarmi alle elezioni dell'anno prossimo, se il popolo lo volesse». L'offensiva a Qusayr (a pochi chilometri dal confine con il Libano), la capitale ancora in gran parte sotto controllo, gli fanno pensare di poter arrivare al vertice di Ginevra in una posizione da cui poter trattare. È pronto a inviare i suoi rappresentati ai negoziati, avverte che «qualunque accordo dovrà essere sottoposto a un referendum».
I diplomatici occidentali sperano che la conferenza aiuti a trovare una soluzione per fermare il conflitto che ha raggiunto le 90 mila vittime. L'opposizione siriana resta divisa e non ci vuole andare, gli europei (tra loro e con gli americani) non sembrano trovare una linea comune. Washington pianifica una no-fly zone per indebolire il regime, Mosca la considera una mossa — spiega Sergey Lavrov, ministro degli Esteri — che cancellerebbe gli sforzi per trovare un'intesa di pace.
John McCain, il senatore rivale del presidente Barack Obama, preme perché Washington rifornisca di armi i ribelli. Nei giorni scorsi ha attraversato la frontiera con la Turchia per incontrare i rivoltosi nelle province a nord. Adesso una foto che lo stesso McCain ha diffuso via Twitter lo imbarazza: sorride vicino a quello che sarebbe un leader del gruppo responsabile del rapimento di undici pellegrini sciiti libanesi. L'incidente spiega i dubbi occidentali, la paura è di non poter controllare a chi finiscano i fucili mitragliatori.

La STAMPA - Francesca Paci : " È scontro fra Hezbollah e Hamas. Palestinesi cacciati via dal Libano "


Francesca Paci

La pretesa del presidente siriano Assad di battersi contro un complotto israeliano cozza contro il gelo calato nelle ultime ore tra i suoi alleati di Hezbollah e i palestinesi di Hamas che, secondo fonti locali, avrebbero scoperto ora come il comune nemico sionista non colmi alla lunga la distanza tra i primi sciiti e i secondi sunniti. All’inizio della rivolta anti regime, nel 2011, il leader di Hamas Meshal aveva lasciato l’amica Damasco per abbracciare il Qatar (sponsor dei ribelli siriani). Ora pare che Hezbollah avrebbe ordinato ai militanti di Hamas residenti in Libano di lasciare «immediatamente» il paese a causa del loro sostegno al fronte anti Assad.

Da Beirut il leader di Hamas Ali Baraka ha smentito la notizia argomentando che Gaza non si è mai apertamente schierata contro Damasco, ma poco tempo fa il quotidiano «Times» aveva rivelato che Hamas stava iniziando a addestrare i miliziani dell’Esercito siriano libero.

Il FOGLIO - Paola Peduzzi : " Non perda tempo, ministro Bonino "


Paola Peduzzi                 Emma Bonino

Milano. Victor Davis Hanson, che è un esperto di storia militare, ha cercato di spiegare ieri sul Wall Street Journal perché alcune guerre sono tanto efferate, perché la guerra in Siria è così barbara, come dimostra il famoso video del mangiatore di cuore (che poi era un polmone, e nessuno l’ha mangiato; che poi i massacri delle forze del regime, i corpicini accatastati e buttati negli angoli delle strade sono ben più barbari, e ben più frequenti). Hanson spiega che la storia delle guerre è disseminata di episodi barbarici, inutilmente efferati, e poi precisa: “Il prolungamento dei combattimenti è un modo sicuro per ritrovarsi con cicli brutali di violenza”: più passa il tempo più la soglia di violenza si alza. Il tempo è uno degli elementi cruciali della crisi siriana, e quando il nostro ministro degli Esteri, Emma Bonino, dice in un’intervista a Repubblica che prima di fare qualsiasi cosa – dare armi ai ribelli, per esempio – bisogna aspettare l’esito della conferenza di Ginevra, che ieri è stata fissata per il 5 giugno, regala tempo al regime di Bashar el Assad, alla brutalità del regime di Bashar el Assad. Il tempo sta dalla parte di Damasco, non dei ribelli. Il tempo sta dalla parte della Russia, dell’Iran, di Hezbollah, non dei paesi occidentali o di quelli che, nella regione, sostengono la lotta contro il regime. Il tanto atteso vertice di Ginevra della prossima settimana arriva a un anno quasi esatto da un altro vertice di Ginevra, che era identico a questo per molti versi, soprattutto per gli obiettivi – “soltanto la diplomazia può fermare le armi”, dice oggi Bonino, ed è con lo stesso ritornello che gli interlocutori di allora si riunirono speranzosi a Ginevra – ma aveva premesse più rassicuranti di quelle attuali. Eppure fallì. Allora, soltanto un anno fa, i morti in Siria erano circa 20 mila: oggi sono circa 100 mila. Allora la possibilità che il regime utilizzasse armi chimiche era remota: oggi ci sono le prove di attacchi chimici da parte di Damasco, anche se sembrano sempre insufficienti per determinare qualche cambiamento di strategia da parte dell’occidente. Allora l’infiltrazione delle forze di al Qaida tra i ribelli era un fenomeno relativamente recente e isolabile: Jabhat al Nusra, il gruppo jihadista che s’è appropriato della rivoluzione dei ribelli siriani, s’è formato nel gennaio del 2012. Allora – e forse questo è il dato più agghiacciante – Assad non avrebbe potuto presentarsi a Ginevra, sarebbe stato pericoloso per lui e inaccettabile per tutti. Il 5 giugno invece il rais potrebbe andare di persona – o perlomeno l’ipotesi è presa in considerazione – mentre l’opposizione al rais, quella ufficiale, quella che si è presa delle ramanzine tremende dall’ambasciatore francese in Turchia durante il vertice di Istanbul (sul Web ci sono i video) e si è irrimediabilmente divisa, a Ginevra non ci sarà. L’obiettivo di un anno fa a Ginevra era lo stesso di oggi: fermare le violenze aiutando la formazione di un governo di transizione. Bonino ricorda che il suo collega russo, il signor-no Sergei Lavrov, e quello americano, il globetrotter John Kerry, si sono impegnati personalmente per questa conferenza, e che l’Europa è tenuta a sostenere questo sforzo. Ma Mosca non ha bisogno del sostegno di nessuno: questa conferenza di pace è già la “sua” conferenza di pace. I russi arrivano a Ginevra con una chiara supremazia sul campo, e se sarà presente anche la delegazione iraniana – come auspica il nostro ministro – si ritrovano con un alleato altrettanto radicato in Siria dal punto di vista militare. L’alleanza (che per essere al completo dovrebbe avere anche una rappresentanza di Hezbollah) è tanto più forte di noi che le manca soltanto di avere Assad lì, seduto di fianco, per dimostrare all’occidente, con un sorriso sprezzante da vincitore, quanto poco è efficace il suo mantra “Assad-se-nedeve- andare” senza un qualche impegno sul campo. Ma rifornire di armi i ribelli è affare pericoloso: anche gli inglesi, che si sono battuti lunedì scorso per non rinnovare l’embargo (da domani chi vuole fra i membri dell’Ue può inviare le armi: non s’è trovato un accordo, ognuno fa come vuole) aspetteranno il 1° agosto per qualsiasi azione, perché per allora l’Ue si è impegnata a presentare un rapporto dal quale si capirà come dare le armi ai ribelli “buoni”. Chissà se ad agosto ce ne saranno ancora, di ribelli “buoni”, o se al Qaida avrà occupato tutto lo spazio lasciato libero dall’inerzia occidentale. E chissà anche i fondamentalisti come saranno: i russi, gli iraniani, Hezbollah e Assad si stanno rafforzando, riconquistano terreno ogni giorno, ammazzano un centinaio di siriani ogni giorno. Il tempo sta dalla parte dei più efferati.

La STAMPA - Francesco Semprini : " Il raiss cerca di scoraggiare la no fly zone"


Francesco Semprini      Daniel Pipes

Daniel Pipes, fondatore del Middle East Forum, Bashar al-Assad è realmente già in possesso dei missili S-300?

«Ho molti dubbi al riguardo, ritengo che il regime abbia a disposizione solo alcune parti degli S-300, e che la consegna da Mosca non sia ancora avvenuta. Inoltre prima che le forze lealiste possano utilizzare questi armamenti ci vorrà del tempo, si tratta di sistemi molto sofisticati e complessi, per i quali occorre un addestramento ad hoc che impone i suoi tempi».

Come mai il presidente siriano millanta questa disponibilità?

«È un deterrente per scoraggiare la creazione di una “no fly zone” sul proprio Paese, perché con gli S-300 sarebbe in grado di colpire gli aerei militari della gendarmeria internazionale impiegati per vigilare sul divieto di volo. C’è poi l’interesse a creare pressioni nei confronti di Israele».

Il regime non ha già abbastanza problemi?

«Il punto è che a Damasco chi detta le regole è l’Iran il cui intento è creare tensioni con lo Stato ebraico, forse contando sul fatto che, in caso di necessità, Israele sia pronta a prendere di mira anche la Russia. Il rischio è più ampio di una tracimazione regionale del conflitto, c’è chi parla di nuova Guerra fredda, con la differenza che ai tempi della cortina di ferro i piani di Mosca erano chiari, mentre oggi Putin appare piuttosto confuso».

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