Al Qaeda in Maghreb, da Libia a Niger commento di Pio Pompa
Testata: Il Foglio Data: 29 maggio 2013 Pagina: 3 Autore: Pio Pompa Titolo: «Anche gli attacchi in Niger partono dalla rete jihadista in Libia»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 29/05/2013, a pag. 3, l'articolo di Pio Pompa dal titolo "Anche gli attacchi in Niger partono dalla rete jihadista in Libia".
Al Qaeda
Mentre a Londra andava in scena l’orrore della decapitazione del soldato Lee Rigby, in Niger due commando jihadisti ultimavano gli ultimi preparativi prima di sferrare, all’alba di giovedì, gli attacchi suicidi nelle città di Agadez e Arlit, ritenute centri nevralgici della sicurezza del paese. L’imponente dispiegamento, in queste località, di uomini e mezzi dell’esercito nigerino, coadiuvati dall’apporto fornito dall’intelligence americana e francese, non ha impedito ai terroristi del Movimento per l’unicità e il jihad in Africa occidentale (Mujao) di portare a termine la loro missione provocando la morte di 24 militari e un civile. “Ciò dimostra – puntualizza una fonte d’intelligence sentita dal Foglio – che gli attentatori hanno potuto fare affidamento, nella fase di pianificazione dell’offensiva terrorista, sulle informazioni fornite dalla rete di complicità di cui godono tra le popolazioni locali. Informazioni che dal Niger hanno raggiunto direttamente i capi jihadisti, di al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi) e Mujao, nel loro quartier generale dislocato nella regione libica del Fezzan. La stessa da dove sono partiti i due commando diretti ad Agadez e Arlit”. Una circostanza, questa, confermata sabato dal presidente nigerino, Mahamadou Issoufou, nel corso di un’intervista esclusiva a France 24: “La situazione nel Mali non può nascondere ciò che sta accadendo in Libia giacché, secondo tutte le informazioni in nostro possesso, gli attentatori provengono dal sud di quel paese. Cosa che avevo già previsto dall’inizio della crisi libica”. Da qui l’ulteriore affondo del presidente Issoufou che, dopo averne stigmatizzato il crescente processo di “somalizzazione”, ha additato la Libia come uno dei principali “fattori di destabilizzazione per l’intero Sahel”, dal momento che è diventato anche un rifugio per i jihadisti fuggiti dal Mali dopo l’intervento militare francese. “Secondo informazioni in nostro possesso – aggiunge il nostro interlocutore – il redivivo capo del gruppo ‘Les signataires par le sang’, Mokhtar Belmoktar, che dopo l’attentato a In Amenas, in Algeria, avrebbe anche supervisionato gli attacchi di Agadez e Arlit, avrebbe trovato rifugio nel Fezzan insieme al suo portavoce El Hassen Ould Khlil, alias Jouleibib”. Non a caso è da lì che Jouleibib avrebbe diffuso la rivendicazione dei due attentati in Niger, opportunamente dedicati “al martire Abou Zeid”, uno dei capi di Aqmi, rimasto ucciso a fine febbraio nel nord del Mali. Il fatto che la regione libica del Fezzan, unitamente a quella di Djebel Akhdar con la roccaforte di Bengasi, fosse divenuta uno snodo nevralgico della commistione operativa tra i jihadisti libici, guidati da Souflane Ben Qoumou e Abdelbasset Azouz, e quelli di Aqmi e Mujao reduci dal Mali, era stato già anticipato dal Foglio in un articolo del 2 aprile scorso. Così come l’enorme disponibilità, da parte del network jihadista, di attentatori suicidi. “Un fenomeno, questo – continua la nostra fonte – in costante crescita e che sta gettando nello sgomento i servizi occidentali. Ad Agadez ne sono morti otto e altri due a Arlit. Almeno cinque hanno cercato e ottenuto il “martirio”, a Kabul in Afghanistan, nella strage di venerdì. Anche i due attentatori di Londra, Michael Adebolajo e Michael Adebowale, hanno mostrato, restando sul posto del crimine, di non temere di restare uccisi. Da qui lo scarso entusiasmo con cui i circuiti islamisti hanno accolto la notizia del ferimento di un soldato francese, avvenuto sabato nel quartiere parigino della Défense, tacciando l’aggressore di viltà per essere fuggito senza assicurarsi della morte del militare”. Così è terminata quella che può essere definita una settimana di ordinaria mattanza jihadista.
Per inviare la propria opinione al Foglio, cliccare sull'e-mail sottostante