Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 27/05/2013, a pag. 1-17, l'articolo di Tahar Ben Jelloun dal titolo " Nella testa dei terroristi che stanno isolando l’Islam ", a pag. 18, l'articolo di Giampiero Martinotti dal titolo " Francia, è stato un attacco terroristico ".
L'interpretazione di Tahar Ben Jelloun tende a deresponsabilizzare l'islam nel suo insieme, ma i terroristi non hanno fatto altro che eseguire i dettami fanatici ben presenti a chiunque abbia una minima infarinatura sulla religione islamica.
E' vero, non tutti i musulmani sono terroristi, ma è altrettanto vero che quasi tutti i terroristi sono islamici.
Per quanto riguarda, poi, il commento di Tahar Ben Jelloun su Mohamed Merah, il terrorista islamico di Tolosa ("Merah aveva preso di mira una scuola ebraica di Tolosa e ha ucciso a freddo dei bambini solo perché erano ebrei. Nella sua testa doveva credere di star vendicando i palestinesi. Ma non era abbastanza maturo per capire che l’ultima cosa di cui hanno bisogno i palestinesi, per portare avanti la loro causa, sono le stragi."), si deduce che per Ben Jelloun non è tanto grave il fatto che tre bambini siano stati assassinati, quanto il fatto che l'accaduto, più che altro, non giovi all'immagine della 'causa palestinese'.
Non cerca di mettere la toppa e racconta quanto è accaduto già a partire dalla titolazione, invece, il pezzo di Giampiero Martinotti che riprendiamo in questa pagina.
Tahar Ben Jelloun - " Nella testa dei terroristi che stanno isolando l’Islam"
Tahar Ben Jelloun Mohamed Merah, terrorista di Tolosa
Che si tratti di Tolosa, Boston, Londra o Parigi, gli individui che hanno assassinato selvaggiamente degli innocenti in nome di Allah o dell’Islam hanno agito da soli. Le loro azioni non erano ponderate né ben preparate. Si autoproclamano “giustizieri” guidati da Dio. Per quanto si frughi nel loro passato, non si trova nulla che avrebbe potuto prepararli a quel genere di omicidi. In compenso, se si ascoltano attentamente le prediche di altri individui che si dichiarano “imam”, mentre nell’Islam non ci sono né gerarchie né sacerdozio, si scopre che i loro discorsi incitano alla “jihad”, nel senso di guerra per Dio. Le televisioni satellitari dei Paesi del Golfo riversano continuamente sul mondo arabo e musulmano incitazioni alla jihad e alla vendetta. Fanno discorsi razzisti e antisemiti. Confondono tutto e a guadagnare terreno è l’ignoranza. Mohamed Merah guardava video che mostravano una violenza terrificante. Mentre era in carcere gli hanno fatto il lavaggio del cervello e all’uscita era più musulmano di prima. Ma siccome ha avuto contatti con la polizia francese e con certe organizzazioni che sembra lo abbiano manipolato mandandolo in Pakistan, in Afghanistan e in Israele, la sua vita è presto scivolata nella vendetta. Nel caso di atti isolati, si osserva che le vittime non sono scelte, ma prese a caso. Nel marzo del 2012 Merah aveva preso di mira una scuola ebraica di Tolosa e ha ucciso a freddo dei bambini solo perché erano ebrei. Nella sua testa doveva credere di star vendicando i palestinesi. Ma non era abbastanza maturo per capire che l’ultima cosa di cui hanno bisogno i palestinesi, per portare avanti la loro causa, sono le stragi. A Boston, dietro le azioni dei due fratelli americani di origine cecena, c’è l’ombra della Cecenia. Anche in questo caso si fatica a trovare un filo conduttore per spiegare la strage. Tre morti e 176 feriti: crimini gratuiti, barbari e senza spiegazione. È questo che la polizia trova più inquietante. Il caso di Londra è forse quello che rappresenta meglio un terrorismo dall’interno, impossibile da prevenire, impossibile da combattere perché non c’è nulla — non un’organizzazione, né un gruppo o un movimento, anche se chi ha colpito si ispirava ad alcuni gruppi terroristici — in cui l’assassino abbia trovato ragioni ideologiche o politiche per il suo gesto. Sono dei pazzi che agiscono da soli e si dicono guidati da Allah! Ha scelto un soldato che aveva prestato servizio in Afghanistan, lo ha ucciso in modo selvaggio e dopo non è fuggito. È rimasto lì per parlare davanti alle telecamere, con le mani piene di sangue. Ha dichiarato: «Dobbiamo combatterli come loro combattono noi: occhio per occhio, dente per dente», e ancora: «Giuriamo su Allah che non smetteremo mai di combatterli». Quello che sta succedendo è terrificante perché nessuna polizia al mondo è capace di scovare quello che succede nella testa di un individuo. Nei paesi democratici la lotta contro questo terrorismo è ancora più difficile. In Arabia Saudita l’assassino sarebbe già stato decapitato sulla pubblica piazza. In Europa i terroristi approfittano dei vantaggi della democrazia per agire e rivendicare pubblicamente le proprie azioni. Questi gesti portano un gravissimo pregiudizio alle comunità musulmane di quei paesi. Secondo un sondaggio, il 74% dei francesi ritiene l’Islam «incompatibile con le leggi francesi ». L’islamofobia cresce. La gente ha paura. Tutti hanno paura, tanto gli occidentali quanto i musulmani. Quanti crimini si commettono nel nome di Allah!
Giampiero Martinotti - " Francia, è stato un attacco terroristico "
PARIGI — È una caccia all’uomo molto discreta quella intrapresa dai poliziotti dell’anti-terrorismo francese. Silenziosi con la stampa, lavorano sulle registrazioni delle telecamere e sulle testimonianze per ritrovare l’uomo, di orgini nordafricane, che sabato pomeriggio ha tentato di ammazzare con un taglierino un militare di pattuglia alla Défense, il quartiere d’affari alle porte della capitale. Un lavoro difficile, tanto è tenue il confine tra adepti del terrorismo, semplici esaltati e squilibrati. Secondo il ministro dell’Interno, Manuel Valls, esistono «elementi» che lasciano pensare «a un atto terroristico». «Dobbiamo affrontare un nemico interno - ha aggiunto - molti islamici radicali vogliono punire la Francia per aver mandato truppe in Mali». Gli inquirenti hanno continuato a visionare ieri tutte le registrazioni delle telecamere situate nel vasto spiazzo sotterraneo tra l’uscita della stazione Rer (la metropolitana regionale) e l’accesso al centro commerciale della Défense, dove è stato accoltellato uno dei tre militari di pattuglia nel quadro dei controlli anti-terrorismo. Il soldato, Cédric Cordier, 23 anni, è fuori pericolo, ma se l’è vista brutta: la sua ferita è infatti vicina alla carotide. L’aggressore, secondo le numerose testimonianze raccolte, è un uomo alto sul metro e novanta, di origini nordafricane. Portava un giubbotto beige e un berretto o una zucchetta bianca. Secondo alcuni, indossava anche un barracano, un particolare non confermato da tutti i testimoni. Sembra invece assodato che l’uomo, dopo aver accoltellato il giovane soldato, se ne sia andato senza dire una parola. Se l’emulazione nei confronti del barbaro omicidio a Londra sembra fuori discussione, gli investigatori si chiedono anche se ci sia un qualche rapporto con l’aggressione di un gendarme il 7 maggio, nell’Isère. In quel caso si trattò di uno squilibrato, ma la dinamica fu la stessa: un tentativo di accoltellare alla gola un gendarme e un grido, «Allah akbar». I poliziotti, per il momento, evitano qualsiasi accostamento fra i diversi fatti, mentre ad avanzare un’ipotesi sull’emergere di un «sottoproletariato» del terrorismo è il criminologo Alain Bauer. Massone, vicino a Nicolas Sarkozy ma amico anche del ministro socialista Valls, le sue tesi sono spesso contestate. Ieri però è stato l’unico ad avventurarsi in un tentativo di spiegazione dei fatti di Londra e della Défense: «Assistiamo forse alla trasformazione del terrorismo in Lumpen terrorisme». In pratica, gente che agisce da sola nel quadro di un’ideologia chiara. Si tratterebbe di una terza fase nell’evoluzione del terrorismo fondamentalista: l’emergere di individui magari conosciuti dalla polizia, ma non considerati pericolosi, che agiscono di testa loro. In questa categoria rientrerebbe anche Mohamed Merah, che l’anno scorso uccise sette persone a Tolosa.
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