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Il Giornale-Corriere della Sera Rassegna Stampa
26.05.2013 Svezia: ecco il futuro (da tempo annunciato) che ci attende
Cronaca di Arcangelo Rociola, commento di Paolo Valentino

Testata:Il Giornale-Corriere della Sera
Autore: Arcangelo Rociola-Paolo Valentino
Titolo: «Svezia, immigrati in rivolta ma non si può dire-Il modello di integrazione svedese vacilla con la rivolta delle periferie»

Quanto sta succedendo in Svezia non è il fallimento dell'integrazione degli immigrati. La Svezia, come gli altri stati dell'Europa del nord, è sempre stata all'avanguardia per quanto riguarda l'accoglienza degli immigrati, musulmani in particolare. Stiamo invece assistendo alla dimostrazione pratica di come l'islam intende l'integrazione: la sostituzione di una società aperta, democratica con una islamica, nella quale scompariranno tutti quei valori che sono stati alla base della cultura occidentale, sostituiti dalla Shari'a.
Non che sia una sorpresa, era solo questione di tempo, soltanto una informazione ipocrita, cauta, timorosa come quella occidentale può ritenerla tale.
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 26/05/2013, a pag.15, la cronaca di  Arcngelo Rociola, dal CORRIERE della SERA il commento di Paolo Valentino.

Il Giornale-Arcangelo Rociola: " Svezia, immigrati in rivolta ma non si può dire"

Degli arrestati si sa solo l’età. Tra i 15 e i 19 anni. Vivono in periferia e non ri­spondono alle domande degli inquiren­ti. Sono diciotto in tutto. Altri venti i fer­mati e subito rilasciati. Eppure è il sesto giorno che in Svezia si fa la conta dei dan­ni. Di notte le strade dei quartieri perife­rici diventano teatro di una battaglia tra forze dell’ordine e ragazzi del posto. Centinaia i giovani che scendono in stra­da. Altrettante le auto date alle fiamme, cassonetti inceneriti, scuole, caserme. Il portavoce della polizia Kjell Lindgren si rifiuta di ammettere che la situazione sia fuori controllo. Ma la protesta si è estesa. Dalle periferie della capitale ad altre città svedesi, nonostante i rinforzi arrivati da Göteborg e Malmö.
Domenica scorsa i primi scontri. Ad Husby, quartiere a nord della capitale. 12mila abitanti,l’80 per cento immigra­ti. Siriani, afgani, sudamericani, irache­ni. Prima un lancio di pietre contro una pattuglia della polizia, poi il caos. Nei giorni successivi l’area degli scontri si è allargata a Skarpnäck, Norsborg, Rinkeby. Tutti quartieri che circonda­no la capitale ad alta concentrazione di immigrati. Venerdì notte altre venticin­que auto date alle fiamme. A Oebro, nel­la Svezia centrale, una trentina di ragaz­zi ma­scherati hanno dato fuoco a tre au­to e ad una scuola. Nessuno di loro è sta­to arrestato. Ancora, a Linkoping, 200 km a sud di Stoccolma, alcuni ragazzi hanno incendiato una decina di mac­chine e una scuola materna. Dalla poli­zia continua a non trapelare nulla sulla nazionalità dei dimostranti.

 E quei gior­na­li che provano a violare il muro del po­liticamente corretto vengono pronta­mente smentiti. Sono immigrati, ma non si può dire. Gli abitanti dei quartieri intanto cominciano a dubitare sulla ca­pacità d­elle forze dell’ordine di contene­re le violenze. E una cinquantina di mili­tanti nei movimenti di estrema destra svedesi hanno cominciato a presidiare i sobborghi. Dopo una settimana di stra­de messe a ferro e fuoco, in Svezia conti­nuano a rincorrersi più domande che ri­sposte. Pare che tutto sia nato dopo la morte di un 69enne di Husby, ferito a morte da un colpo sparato da un agente che aveva minacciato con un machete. Pare, perché nulla è confermato. Anche di lui si sa solo l’età,nonostante le crona­che locali (subito smentite da fonti isti­tuzionali) parlano di un uomo di origi­ne portoghese. Sarebbe questa la mic­cia che ha fatto scatenare la rivolta. Da tempo le periferie sono polveriere di rabbia e frustrazione. La percentuale di disoccupati è del 10 per cento. Secondo un recente studio del governo, a Husby il 30 per cento dei ragazzi tra i 16 e i 29 an­ni non studia e non lavora. L’Ocse ha ri­velato che in Svezia c’è la più alta diver­genza al mondo tra occupati svedesi e occupati di altre nazionalità. Una situa­zione che è andata peggiorando nel tem­po, insieme all’aumento del tasso di cri­minalità e del­numero di rifugiati politi­ci che Stoccolma ha accolto: 44 mila le ri­chieste nel 2012.Quest’anno il numero dovrebbe salire a 53 mila. In media ne vengono accolte la metà. Un numero co­munque elevato per un paese che conta 9 milioni di abitanti. Molti gli irregolari.
La loro rabbia nei confronti della poli­zia e delle istituzioni è cresciuta quando alla fine del 2012 è stato approvato il pro­getto Reva. Agli agenti è stato consenti­to di fermare e denunciare immediata­mente gli immigrati senza permesso di soggiorno. Una legge razzista, per le as­sociazioni degli immigrati. Ma è solo un altro anello della catena di cause su cui ci si interroga in questi giorni. Mentre per le risposte,e le misure da attuare,c’è ancora da attendere.

Corriere della Sera-Paolo Valentino: " Il modello di integrazione svedese vacilla con la rivolta delle periferie"

Il Folkhemmet, la casa del popolo, è in fiamme. Il modello sociale svedese — tasse elevate, buoni servizi, egualitarismo e apertura all'integrazione — è scosso da un rigurgito di violenza urbana, che dalla capitale rischia di estendersi ad altre città del Paese. Per la sesta notte consecutiva, i sobborghi di Stoccolma a maggioranza etnica straniera sono stati devastati da disordini e scontri, innescati dalla protesta di centinaia di giovani: più di duecento auto date alle fiamme, incendi appiccati a scuole, stazioni di polizia e ristoranti, una dozzina di poliziotti feriti, almeno trenta dimostranti arrestati. Sono cifre sconvolgenti per una Svezia, che si vuole consensuale e generosa verso la popolazione immigrata, ma che invece scopre al suo interno un risentimento diffuso e bruciante.
I torbidi gettano luce sinistra sul lato oscuro dell'integrazione alla svedese. Quarantaquattromila domande d'asilo sono state accettate nel 2012: in rapporto alla popolazione, fanno della Svezia il secondo Paese più accogliente al mondo. A tutti vengono immediatamente estesi i benefici del leggendario welfare scandinavo. Ma gli immigrati — somali, turchi, iracheni, siriani — finiscono quasi tutti a vivere in ghetti come Husby, teatro principale dei disordini. E sono i nuovi arrivati a costituire la massa critica dei disoccupati: un giovane su quattro è senza lavoro, il sedici per cento degli immigrati è al collocamento contro il sei per cento degli svedesi. Di più, pur rimanendo una delle nazioni più egualitarie del mondo, la Svezia ha registrato negli ultimi dieci anni il maggiore aumento delle disparità di reddito in Occidente, in seguito alle riduzioni delle tasse, finanziate con tagli allo Stato sociale, imposte dai governi di centro-destra.
Non siamo ancora alla virulenza e alla gravità delle rivolte del 2005 in Francia o del 2011 in Gran Bretagna, ma i fuochi di Husby suonano un allarme preoccupante, anche per i probabili risvolti politici: già oggi i Democratici Svedesi, partito anti-immigrati con radici tra i neo-nazisti, sono la terza forza del Paese.

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