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La Stampa Rassegna Stampa
24.05.2013 Barack Obama debole di fronte al terrorismo islamico
cronaca di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 24 maggio 2013
Pagina: 15
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Obama: ora chiudo Guantanamo»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 24/05/2013, a pag. 15, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo "Obama: ora chiudo Guantanamo".


Maurizio Molinari    Barack Obama

Attacchi limitati con i droni, sostegno alle transizioni democratiche arabe, lotta alle fughe di notizie e soprattutto chiusura del carcere di Guantanamo grazie al trasferimento di molti detenuti in Yemen: sono i pilastri dell’approccio con cui Barack Obama si propone di «porre fine» al conflitto iniziato dall’America dopo l’11 settembre.

Parlando per quasi 60 minuti davanti alla platea della National Defense University il presidente illustra i contenuti della «Presidential Policy Guidance» con la quale vuole dare un «approccio più disciplinato» al contro-terrorismo. Obama parla da comandante in capo delle truppe e al tempo stesso da docente di diritto costituzionale per porre fine alla fase iniziata con l’intervento in Afghanistan nel 2001, definendo regole e principi per combattere il terrorismo negli anni a venire. «Tutte le guerre hanno fine e anche questa deve averla» dice Obama, rendendo omaggio ai successi ottenuti - e alle 7000 vittime - dalle truppe in Afghanistan, in Iraq e nella lotta contro Al Qaeda per concludere che «ora siamo al bivio e dobbiamo decidere come affrontare la futura minaccia» con decisioni «sull’uso dei droni e la detenzione dei terroristi».

La risposta di Obama nasce dalla definizione del «nemico come sarà nei prossimi anni»: non più rappresentato da grandi organizzazioni ma da gruppi piccoli, «affiliati all’ideologia della Jihad», ridotti a poche unità «come dimostrato dagli attacchi a Bengasi o Boston» o anche «a singoli individui che si nutrono d’odio stando seduti davanti al computer di casa». Il terrorismo «torna a somigliare quello che ci attaccava prima dell’11 settembre» sottolinea Obama, spiegando che «la nostra prima scelta è di combatterlo con gli alleati» ovvero i Paesi come Pakistan e Yemen le cellule di trovano. «Ma non sempre è possibile». Da qui l’arma dei droni «da usare sono quando c’è un pericolo immediato e diretto per la sicurezza» e «in maniera da evitare vittime civili». Obama difende i droni «perché non sempre possiamo mandare le truppe speciali» e «sono preferibili a guerre e invasioni» ma gli standard che indica per usarli implicano una drastica riduzione degli attacchi.

Obama ammette il pericolo che viene «dagli estremisti interni» fomentati dalla Jihad e indica nella «cooperazione con la comunità musulmana americana» la strada migliore per combatterli. Il sostegno alle «trasformazioni democratiche» nel mondo arabo serve per «promuovere le riforme» e la lotta alle fughe di notizie sui media nazionali a «garantire la sicurezza» ma ciò che più è destinato a fare la differenza lo spiega negli ultimi minuti, parlando di Guantanamo, interrotto più volte dalle contestazioni di una donna in sala. «La nostra preferenza è per catturare, detenere e processare i terroristi negli Stati Uniti» e dunque il «carcere sulla terra di nessuno» deve essere chiuso. Se ciò non è avvenuto «è a causa di decisioni politiche del Congresso» e così Obama annuncia la controffensiva: il Pentagono troverà un luogo dove celebrare i processi militari, assumerà la responsabilità dei trasferimenti dei sospetti terroristi e la Casa Bianca toglierà il veto ai rimpatri in Yemen ma soprattutto il Presidente tornerà a chiedere con forza a Capitol Hill di far «detenere chi si trova a Guantanamo nei nostri penitenziari, come avviene per altri terroristi».

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