lunedi` 25 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Il Foglio Rassegna Stampa
24.05.2013 Attentato di Boston: i fratelli Tsarnaev non erano 'lupi solitari'
analisi di Mattia Ferraresi

Testata: Il Foglio
Data: 24 maggio 2013
Pagina: 1
Autore: Mattia Ferraresi
Titolo: «Altro che lupi solitari»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 24/05/2013, a pag. 1-4, l'articolo di Mattia Ferraresi dal titolo "Altro che lupi solitari".


Mattia Ferraresi         Ibrahim Todashev


I  fratelli Tsarnaev prima dell'attentato

New York. Ibrahim Todashev aveva dato informazioni importanti agli agenti dell’Fbi che mercoledì pomeriggio si sono presentati nel suo appartmento di Orlando, in Florida. Poi qualcosa è andato storto. La dinamica non è perfettamente chiara, ma di certo il sospetto si è repentinamente surriscaldato, si è materializzato un coltello da cucina, un agente è rimasto ferito e i colleghi hanno messo mano alle pistole. Todashev è crollato a terra, morto; l’agente è stato portato all’ospedale e non è in pericolo di vita. Il ventisettenne di origine cecena stava tracciando una linea che congiunge Tamerlan Tsarnaev – il maggiore dei fratelli responsabili dell’attentato alla maratona di Boston, quello rimasto ucciso durante la grande caccia ai colpevoli – a un triplo omicidio avvenuto quasi due anni fa a Waltham, in Massachusetts, e mai risolto. Era l’11 settembre del 2011. Brendan Mess, Eric Weissman e Raphael Teken – ragazzi fra i 25 e i 37 anni – sono stati trovati il giorno successivo con le gole tagliate, i corpi cosparsi di marijuana e banconote. Tutto faceva pensare a un regolamento di conti legato al traffico di droga, una questione di spacciatori e capibanda nella periferia estrema di Boston. La polizia non ha trovato i colpevoli del triplo omicidio. Dopo che il 15 aprile i fratelli Tsarnaev hanno fatto saltare due bombe costruite con pentole a pressione nel centro di Boston, uccidendo tre persone e ferendone 260, nuove segnalazioni hanno scongelato il caso del 2011. Le indagini sull’attentato hanno portato gli inquirenti a una connessione fra i due eventi e il ceceno Todashev era l’anello di congiunzione. Todashev viveva a Boston e come Tamerlan Tsarnaev solcava spesso il ring. Si dilettava con le arti marziali miste e quando combatteva si trasformava in Ibrahim Cody o Chris Palmquist, i nomi di battaglia; anche Mess, una delle vittime del 2011, era un pugile. Gli amici dicono che qualche volta gli era capitato di allenarsi nella stessa palestra di Tsarnaev e parlano di qualche scintilla fra i due, screzi episodici che non hanno fatto scattare nulla nella mente degli inquirenti finché i fratelli Tsarnaev non sono diventati universalmente noti. Prima dello scontro a fuoco Todashev ha prodotto qualcosa di simile a un confessione e ha fatto il nome di Tsarnaev: gli agenti ora sospettano che Tamerlan fosse coinvolto nel triplice omicidio. L’identità cecena si mischia al terrorismo e a un caso di cronaca senza connessioni apparenti, con la sola data simbolica a fare da collante, e il risultato è che i lupi solitari di Boston non sono più solitari. La versione degli “sfigati”, come li chiamava lo zio, che trasformano in rabbia insensata e terrore i fallimenti di una vita sradicata, senza riferimenti, si è eclissata. Al suo posto c’è una rete di relazioni che non collima con l’educazione classica del terrorismo islamico, ma nemmeno s’attaglia alla versione del disagio culturale che sfocia, per assenza di alternative, in una radicalizzazione intima e solitaria. La possibilità che Tsarnaev fosse coinvolto nel triplice omicidio perpetrato dieci anni dopo l’attacco alle Torri gemelle introduce l’ennesimo elemento. Un altro indizio è la connessione tracciata dal fratello minore, Dzhokhar, con la predicazione di Anwar al Awlaki, imam americano di origine yemenita che ha ispirato un’ondata di terroristi, gente che come lui era nel mezzo del guado fra due culture. Dzhokhar ha detto alle autorità che i due sono rimasti impantanati nelle invettive con accento americano che Awlaki diffondeva online, hanno letto con attenzione la rivista Inspire diretta da Samir Khan, affiliato di Awlaki, hanno visto l’attentatore delle mutande fallire la missione guidata dal fanatico nato a Las Cruces, in New Mexico, e sapevano che i droni americanni gli stavano dando la caccia ovunque. Tre settimane dopo che i tre giovani sono stati sgozzati nella periferia di Boston un missile ha colpito Awlaki. Due settimane più tardi è toccato al figlio sedicenne. Nella primavera dell’anno successivo Tamerlan è partito per il Dagestan. Una cortina fumogena diplomatica avvolge il viaggio del terrorista di Boston: le autorità americane a un certo punto hanno perso le sue tracce, i russi lo hanno seguito ma hanno offerto segnalazioni parziali e intermittenti a Washington. Il giornale Novaya Gazeta ha scritto per primo che Tsarnaev in quei mesi si è unito ai combattenti islamici del Daghestan e diversi terroristi con i quali aveva stretto contatto sono stati uccisi all’inzio dell’estate 2012. Un paio di giorni prima che Tsarnaev lasciasse il territorio russo per rientrare in America diversi guerriglieri daghestani sono stati uccisi in un violento scontro con la polizia. Fra i morti c’era anche William Plotnikov, canadese di ventitré anni nato in Russia, con il quale forse Tsarnaev era diventato amico. Rimangono ancora molti punti oscuri nella vicenda, ma il fluire di dettagli compone una rappresentazione dinamica degli eventi. Non ci sono lupi solitari che si votano al jihad navigando nei forum, per osmosi internettiana. C’è una rete di relazioni che unisce la Florida al Daghestan passando per lo Yemen, ci sono connessioni religiose e conoscenze tecniche, c’è un triplo omicidio e un testimone chiave che dà in escandescenze dopo aver deposto per diverse ore. Nell’attentato di Boston il terrorismo islamico non è soltanto uno sfondo, un catalizzatore di turbe psichiche e disagi sociali generici. A meno di non voler prestar fede alla versione del padre, Anzor, che dall’inizio del caso non ha abbandonato le tendenze paranoiche: “Hanno aperto la stagione della caccia ai ceceni”.

Per inviare la propria opinione al Foglio, cliccare sull'e-mail sottostante


lettere@ilfoglio.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT