Sulla REPUBBLICA di oggi, 18/05/2013, a pag.14, con il titolo, Putin invia i missili ad Assad, dal Qatar tre miliardi ai ribelli", Alberto Stabile descrive i rapporti tra Russia, Qatar e Assad.
Davanti alle cifre della catastrofe siriana (ottantamila morti, 1,5 milioni di profughi registrati o in attesa di registrazione dall'Alto Commissariato per i Rifugiati, 2,5 milioni di persone in urgente bisogno di assistenza) il segretario generale dell'Onu, in visita a Mosca, implora le grandi potenzedi indire «al più presto possibile» la conferenza internazionale che dovrebbe mettere fine alla grande carneficina. Ma non è cosi facile. Molti sonogli ostacoli da superare. Cosl, aspettando la conferenza, quella che continua a girare a pieno ritmo è la macchina della guerra: con il Qatar che, secondo quanto rivela il FinancialTimes, ha già speso 3 miliardi di dollari per armare i ribelli, mentre la Russia, forte della sua antica amicizia con il regime di Damasco, fornisce ad Assad i sofisticati missili da crociera Yakhont, in grado di prevenire ogni attacco esterno. Dopo la rivolta popolare, la feroce repressione, l'insurrezione armata e gli scontri a sfondo settario, Ia Siria dilaniata sembra diventata il campo di battaglia di una guerra per procura, o per interposta persona, combattuta da forze che rispondono agli interessi di giocatori non presenti sulla scena. Le ultime rivelazioni del Financial Times confermano le pretese del Qatar di assumere, in competizione con l'Arabia Saudita, un ruolo importante nel conflitto. Come? Armi innanzitutto, per circa tre miliardi di dollari, quanti ne sarebbero stati spesi finora, inviate ai ribelli con una settantinadi aerei-cargo, e consegnati ai destinatari, soprattutto le formazioni islamiste combattenti, tramite il confine con la Turchia. Ma anche tanto danaro, cash, per favorire le defezioni degli alti ufficiali (5Omila dollari a famiglia) e garantire uno stipendioai miliziani:150 dollari al mese, una fortuna rispetto alle paghe delle Forze armate siriane, ma molti meno dei 500 dollari al mese che tempo fasi diceva avesse offerto l'Arabia Saudita. Anche Ryad, a sua volta, non ha fatto mancare i mezzi bellici ai ribelli, come dimostra il caso della fornitura darmi croate intercettata qualche mese fa al confine con la Giordania [a rivelazione del giornale economico inglese fa il paio con quella del New Yok Times, confermata ufficialmente da fonti dell'Amministrazione, sui missili Yakhont, "venduti" dalla Russia al protégé siriano e consegnati, sembrerebbe, qualche giorno prima della visita del Segretario di Stato, John Kerry, a Mosca. Dotati di un radar modernissimo, questi missili da crociera, e dunque in grado di percorrere lunghe distanze, detti anche i "killer delle navi", sono un efficace deterrente contro un eventuale embargo navale, o una no-fly zone nel caso fossero messe in atto contro la Siria. E di una no-flyzone si è tornati a parlare insistentemente negli ultimi giorni (anche il nostro ministro della Difesa, Mauro, nella sua recente visita a Beirut ha menzionato la no-flyzone tra le misure attuabili a difesa dei rifugiati siriani). È vero che «qui desidera pacem, praeparet bellum», come dicevano i latini, ma in Siria la guerra c'è ormai da oltre due anni e la pace sembra tutt'altro che alla portata. Prova ne sia le difficoltà che si frappongono alla realizzazione della Conferenza Internazionale, auspicata da Ohama e Putin e ieri, a Mosca, fortemente evocata da Ban Ki-moon. Chi deve fame parte? La Russia vorrebbe includere l'Iran, in quanto "giocatore fondamentale" e, soprattutto, grande alleato di Damasco. Ma la Francia si oppone in maniera intransigente. Difficoltà anche nel prefigurare chi dovrà rappresentare il regime. Qualcuno che, in teoria, dovrebbe accettare l'idea di una transizione senza Assad. Cosa assai improbabile.
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