Sul FOGLIO di oggi, 18/05/2013, a pag.2, con il titolo "Da 'Miss Guardian' a nemesi dei radical chic, l'abiura di Melanie Phillips", Giulio Meotti traccia un ritratto di Melanie Phillips, una giornalista scrittice inglese che coraggiosamente la dice tutta alla sinistra senza essere per questo di destra.
Melanie Phillips
Roma. Nel commentarne il libro, il Wall Street Journal ha definito Melanie Phillips “la coscienza politica inglese”, mentre l’Independent l’ha chiamata “castigo dei liberal”. “Guardian Angel”, il titolo del volume, è una storia personale e un atto d’accusa contro l’establishment giornalistico anglosassone. Melanie Phillips ha lavorato per vent’anni al Guardian (da qui il titolo), prima di approdare all’Observer, allo Spectator e al Times. Premiata con l’Orwell Prize, il riconoscimento più prestigioso della stampa inglese, Phillips ha firmato best-seller come “All must have prizes”, atto d’accusa verso la crisi morale della Gran Bretagna (anche Tony Blair avrebbe risposto pubblicamente alle critiche della Phillips). “Per i miei genitori, il Partito conservatore rappresentava i ricchi, mentre il Labour sosteneva gli ultimi, la gente come noi”, scrive Phillips nel nuovo libro. “Mio padre per tutta la vita è stato perseguitato dalla povertà dell’East London. Io sono cresciuta pensando che lo stato fosse buono, che i poveri fossero buoni, che le minoranze fossero buone, che il libertinismo sessuale fosse buono. Avevo la formazione perfetta per approdare al Guardian. Avrei potuto vincere il titolo di ‘Miss Guardianista’”. E qui si apre l’atto d’accusa contro il giornale simbolo dell’intellighenzia inglese e delle sue chattering classes. “Tutto cambia quando al potere sale Margaret Thatcher. Mi ritrovai ad ascoltare un punto di vista mai sentito prima”. Melanie Phillips, sposata al giornalista della Bbc Joshua Rozenberg, sostiene che il giornalismo inglese mainstream sia viziato nel profondo da un misto di “malizia e ideologia”, “manierismo e nichilismo”, così che “anziché combattere l’abuso esso lo incarna”. La chiama “inquisizione liberal”. Phillips mette alla berlina Mary Warnock la papessa della bioetica inglese, “uno degli ego più titanici e pericolosi dei nostri tormentati tempi”, che ha giocato “un ruolo mostruoso nello smantellare il nostro patrimonio morale ed etico” (il riferimento è alla sua relazione sulla ricerca embrionale pubblicata nel 1984, che ha stabilito che gli embrioni “diventano umani solo dopo quindici giorni”). Ne ha per Polly Toynbee per il caso Conrad Black (“la sua caduta è stata accolta con la stessa gioia della sconfitta di Napoleone a Waterloo”) e per Rushdie (“l’inizio di un letale processo di intimidazione all’occidente”). Phillips denuncia l’antisemitismo nei giornali inglesi. Racconta che all’epoca della guerra in Libano del 1982, i colleghi al Guardian le dissero che quella era “la tua guerra”, perché in quanto ebrea la giornalista avrebbe dovuto sostenere l’invasione israeliana. “Capii che per il Guardian ero una donna, ma non una loro sorella”. Il Daily Mail serializza la pubblicazione delle memorie sotto il titolo di “A leftie who saw the light”, una di sinistra che ha visto la luce. Guai a chiamarla “di destra”. Risponde che è l’altra parte ad aver tradito.
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