Siria: e una volta passata la “linea rossa”?
di Stefano Magni
Una linea rossa dalle molte sfumature (per questo che non funziona)
Agire è pericoloso, non agire lo è ancora di più. Washington non ha ancora preso una decisione sul da farsi nella crisi siriana. Nemmeno il duplice raid aereo israeliano della settimana scorsa ha sbloccato la situazione. E la proposta di John Kerry (segretario di Stato), formulata assieme al ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, per una conferenza di pace e un processo di transizione politico, sembra morta sul nascere: tutti i precedenti sono falliti. Anche il premier britannico David Cameron, ospite a Washington DC, commenta tutto il suo pessimismo sulla riuscita di un’iniziativa come questa.
Secondo il generale Michael Hayden, ex direttore della Cia (dal 2006 al 2009) ci sono “poche opzioni buone” per gli Stati Uniti in Siria. Hayden non può semplicemente essere annoverato nella lista di chi è solito saltar fuori, col senno di poi, con un “te l’avevo detto”. La sua esperienza sul campo permette di considerarlo come un analista di primo piano: è stato a capo della National Security Agency dal 1999 al 2005, prima di diventare direttore della Cia. E si è formato nei ranghi dell’aviazione, servendo la Us Air Force per 39 anni. Dunque sa di cosa parla, quando si discute su un possibile intervento aereo in Siria.
Per Hayden, intervenuto nel sito di intelligence “Lignet” (di cui è membro del comitato scientifico) è già stato commesso un grave errore quando è stata tracciata una “linea rossa” lo scorso agosto. La linea, una soglia che non può essere passata, pena “gravi conseguenze”, è stata fissata sull’uso delle armi chimiche da parte di Bashar al Assad. Ora, secondo Hayden, questa linea è stata, con tutta probabilità, già passata. Quindi la Siria è, già da ora, un problema statunitense. “In base alle informazioni di cui dispongo e a quello che è stato detto dai media, ritengo che sia molto probabile che si sia già fatto uso delle armi chimiche, in piccole quantità. Ed è quasi certo che a usarle sia stato il regime”. E quindi? Quali “gravi conseguenze” si attendono? “Adesso un problema veramente difficile è finito nelle nostre mani”, commenta Hayden. Nello sviluppo più recente della crisi siriana, i raid israeliani hanno “ribaltato la situazione sul campo a favore degli oppositori” e dovrebbero indurre “a ricalibrare verso il basso il nostro giudizio sull’efficacia dei sistemi anti-aerei siriani”, considerando che nessun aereo israeliano è stato abbattuto, proprio nell’aerea (l’Ovest siriano) in cui dovrebbe esserci la maggior concentrazioni di missili terra-aria, radar e artiglieria. L’intervento di una potenza esterna suggerisce anche che la crisi siriana “Non è destinata a far implodere il Paese, ma a farlo esplodere”, coinvolgendo sempre più Paesi della regione.
Intervenire o no? Hayden resta dell’idea che, ormai, intervenire sia la meno peggiore delle soluzioni. Non solo per mantenere la parola data, una volta tracciata la linea rossa, ma perché, lasciata da sola, la crisi siriana, porterebbe a un “risultato scontato”: “La disintegrazione dello Stato siriano, in cui la maggior parte del Paese, oltre che le sue armi chimiche, finirebbero nelle mani di un governo successore sunnita, sempre più fondamentalista e destabilizzante per la regione”. Quindi, benché Hayden si dica ben poco ottimista sull’esito del piano di pace di Kerry e Lavrov, lo considera, tutto sommato, la meno peggiore delle opzioni percorribili. Se dovesse fallire anche questo, è comunque sempre meglio intervenire che lasciar esplodere la situazione.
Fosse facile… l’opinione pubblica americana non è mai stata così contraria ad un intervento nel Medio Oriente come in questo periodo. Secondo un sondaggio The Huffington Post, gli americani si oppongono ad un attacco aereo Usa contro la Siria per 3 a 1. Si oppongono all’invio di armi ai ribelli per 4 a 1. Si oppongono al dispiegamento di truppe di terra statunitensi in Siria per 14 a 1. I Democratici, Repubblicani e gli indipendenti sono tutti contrari a un coinvolgimento degli Usa in una guerra civile che ha prodotto 1,2 milioni di rifugiati e 70 mila morti. Un sondaggio Cbs/New York Times ha rilevato che 62 americani a 24 vogliono restare fuori dalla guerra siriana. Un sondaggio Reuters/Ipsos ha rilevato che 61 americani a 10 si oppongono a qualsiasi intervento degli Stati Uniti.
Stefano Magni