Lontanissima giornata pseudofestiva di fine settembre, ai tempi della guerra che coincise con lo Yom kippur.
Siamo nel 1973, ancora nell'adolescenza. Una tardiva escursione in montagna, col pranzo rovinato da diverbi "politici". La morente luce autunnale rende ancor più malinconica una sensazione di malessere, d'irrimediabilità, di prospettiva fallita già con anticipo di decenni.
A "condividere" il pranzo erano dei parenti dalle idee confuse interpolate con squallide irruzioni di carattere nazi-fascistico. che però si sposavano (e non "stranamente", col senno del poi) con quanto avevo udito la sera prima in un ambiente di compagni. Era, è e sarà: il solito vomito, l'odio contro lo Stato d'Israele, che metteva d'accordo ordinovisti e fascisti di sinistra quali avanguardia operaia o lotta continua, i miserabili gruppazzi ispirati al carattere genericamente sanguinario del leninismo. O dell'anarchismo. O del potoppismo.
La mia difesa d'Israele fu in quell'occasione del tutto istintiva e meravigliata, nel vedere d'accordo nazisti lillipuzian-borghesi e piccolo-borghesi di estrema sinistra (secondo la pasoliniana definizione).
Poi la questione medio-orientale sparì nelle nebbie della mia mente, mentre vivevo come un sonnambulo. Tremendamente inenarrabile dovrà essere il risveglio.
Lettera Firmata
Spesso ricordando il passato si capisce meglio quanto succede oggi.
IC redazione