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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
07.05.2013 Iraq sull'orlo della guerra civile
commento di Lorenzo Cremonesi

Testata: Corriere della Sera
Data: 07 maggio 2013
Pagina: 34
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: «Iraq sull'orlo di una guerra civile colpa del premier che non sa unire»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 07/05/2013, a pag. 34, l'articolo di Lorenzo Cremonesi dal titolo "Iraq sull'orlo di una guerra civile colpa del premier che non sa unire".


Lorenzo Cremonesi

L'articolo di Cremonesi trova la sua risposta nell'analisi di Mordechai Kedar, secondo il quale gli Stati fasulli costituiti in seguito a decisioni coloniali andrebbero smantellati e divisi in altri piccoli Stati controllati dalle tribù.
(http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=320&id=43559).
Ecco il pezzo di Cremonesi:

L'Iraq sta ricadendo nel baratro della guerra civile. E il premier Nuri al Maliki dimostra sempre più di essere un grave elemento di divisione interna, addirittura la classica benzina sul fuoco del conflitto settario. Uno scenario che contribuisce ad aggravare il caos in Siria e alimentare le tensioni interislamiche tra sciiti e sunniti in tutto il Medio Oriente. La crisi irachena si è incancrenita con la tornata delle elezioni provinciali dello scorso 20 aprile. Avrebbero dovuto costituire un passo centrale per la costruzione della democrazia interna: la prima andata alle urne in modo indipendente dal ritiro delle truppe americane alla fine del 2011.
In realtà, negli ultimi tre mesi il tasso di violenza non ha fatto che crescere. Attentati, stragi e omicidi mirati sono all'ordine del giorno e ricordano da vicino gli scenari insanguinati del 2005-2007. Maliki, il leader sciita che formalmente continua a lanciare appelli all'unità nazionale, è accusato dalla minoranza sunnita di essere un «burattino» agli ordini dell'Iran, fedele alleato del regime di Bashar Assad e soprattutto incapace di condurre una politica al di sopra delle parti per il bene del Paese intero.
Quando fu eletto per la prima volta nel 2006 Nuri al Maliki chiedeva a sunniti e curdi la massima cooperazione. Allora la forte presenza militare statunitense costituiva la sua garanzia. Ma è dalla sua riconferma al voto del 2010 che ha cominciato a cambiare. La sua accusa al vice presidente, Tariq al Hashimi, di essere un «terrorista» fiancheggiatore delle violenze sunnite aprì un solco interno destinato ad approfondirsi. Allo stesso tempo, le sue pretese di controllo sull'enclave curda nel nord ha facilitato al contrario la nascita de facto di un nuovo Stato indipendente. Ma i fatti più gravi negli ultimi tempi sono avvenuti nelle province sunnite di Al Anbar e Niniveh, dove neppure si è votato e i contingenti militari inviati dal governo centrale non riescono più a entrare. Ora la vittoria elettorale di Maliki non è riconosciuta dai sunniti, che hanno anche costituito nuove milizie armate formate da qaedisti ed ex baathisti.

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