Il collasso della “Mezzaluna Fertile”
Analisi di Mordechai Kedar
(Traduzione dall’ebraico di Sally Zahav, versione italiana di Yehudit Weisz)
In contrasto con il deserto che ricopre la maggior parte del Medio Oriente, la “Mezzaluna Fertile” è stata un’area sulla quale, fin dagli albori della storia, vissero e prosperarono molte popolazioni. Il motivo è semplice, perchè era possibile mantenere una vita stabile, fondata su un’economia agricola e sull'allevamento del bestiame.
I figli di Israele nella Terra di Israele, i fenici in Libano, gli assiri in Siria, sumeri, babilonesi e caldei in Iraq, tutti regni costituiti con un governo centrale forte ed efficace, fondati su una società agricola stanziale di comunità stabili da cui si potevano esigere le tasse e arruolarne i figli nell’esercito del sovrano.
Dall’altro lato, il deserto non era un luogo adatto per costituire regimi stabili perchè abitato da popolazioni nomadi. L’era moderna è, in larga misura, una continuazione della “Mezzaluna Fertile”: Libano, Siria e Iraq furono fondati come Stati legittimi, con sistemi di governo basati su una società civile, egualitaria e condivisa, che comprendeva le tribù e i vari gruppi etnici, religiosi e tribali.
La natura della zona - precipitazioni abbondanti, un clima confortevole, fiumi e terreno fertile - avrebbe potuto fornire una vita adatta per le popolazioni di questi Stati, se solo fossero vissuti in pace tra loro.
I confini degli Stati sono stati invece ridisegnati dalle forze coloniali che dominavano l’area, ne definivano la sovranità e l’identità dei cittadini. La difesa delle frontiere è un prerequisito per l’esistenza di tutti gli Stati del mondo. Ma nello scorso decennio - e soprattutto negli ultimi due anni - i confini di Libano, Siria e Iraq sono stati continuamente ridefiniti, indeboliti, erosi.
Questi Stati non attribuiscono ai confini alcuna legittimità. Esistono solo sulle mappe, ma in realtà, non vi è alcuna vera separazione, muro o barriera che consenta a uno Stato di proteggersi dall’invasione di vicini nemici.
L’efficacia della protezione delle frontiere è un indicatore reale della condizione generale di uno Stato: se i confini sono protetti, impediscono l’accesso dei nemici, quindi lo Stato in grado di sopravvivere, anche se l’area nella quale si trova è ostile.
Al contrario, uno Stato che non riesce a proteggere i propri confini da forze nemiche rischia di essere cancellato. I recenti eventi in Iraq, Siria e Libano confermano pienamente questa ipotesi.
Iraq
Nel ventesimo secolo sono stati molti i fattori che ne hanno indebolito i confini. La Persia dello Scià Reza Palhavi aveva sostenuto i Curdi nel Nord iracheno fino al 1975, rifornendoli di soldati, armi, attrezzature e finanziamenti.
Questo ne aveva minato l’integrità, in più, da quando nel 1991, la zona curda era stata dichiarata no-fly zone per la forza aerea irachena, i curdi dell’Iraq hanno vissuto in una quasi assoluta indipendenza.
Hanno un parlamento, un governo, partiti politici, un esercito, polizia, mezzi di comunicazione e una fiorente economia.
In pratica, oggi i confini dell’Iraq non comprendono la zona curda che un tempo era classificata quale parte settentrionale dello Stato. Il confine tra Iraq e Iran è stato di fatto aperto fin dall’inizio del 2004, un anno prima che l’Iraq venisse occupato dalla coalizione occidentale guidata dal presidente Bush.
Quando gli iraniani capirono che gli americani non volevano aprire un ulteriore fronte verso l’ Iran, hanno incominciato a trasferire attraverso il confine iracheno armi, munizioni, soldati e finanziamenti, per rafforzare le milizie sciite a scapito di quelle sunnite, in modo che gli sciiti potessero avere la meglio contro le forze della coalizione e contro al-Qaeda, che era presente nel paese con una organizzazione denominata “Lo Stato islamico dell’Iraq”.
Migliaia di soldati provenienti dagli Stati Uniti e dai paesi alleati, sono stati uccisi in Iraq con armi ed esplosivi contrabbandati dall’ Iran. Il confine tra l’Iraq e l’Arabia Saudita è anche servito per il passaggio di armi, munizioni, finanziamenti e milizie jihadiste per le organizzazioni sunnite, soprattutto in aiuto ad al-Qaida.
Solo negli ultimi anni l’Arabia Saudita ha costruito una barriera lungo i suoi confini con l’Iraq, al fine di evitare che il caos iracheno penetrasse nel proprio territorio, ma questo non ha impedito all’Arabia Saudita di trasferire agli jihadisti sunniti il sostegno programmato.
La Turchia non ha mai rispettato il poprio confine con l’Iraq e le sue forze hanno spesso attraversato il confine con il Kurdistan iracheno per attaccare le basi del “Partito dei lavoratori del Kurdistan” (PKK), da sempre in lotta con il governo turco.
Siria
Il confine dell’Iraq con la Siria è servito per più di dieci anni come zona di passaggio per entrambi gli Stati. Tra gli anni 2004 e 2011 il confine è stato attraversato dai combattenti di Hezbollah che dal Libano passavano in Iraq attraverso il territorio siriano per sostenere gli sciiti. Dal marzo del 2011 il confine ha consentito agli sciiti iracheni di sostenere il regime in Siria, ma anche i sunniti iracheni l’attraversavano liberamente con armi e materiale bellico al fine di aiutare i loro fratelli siriani nella lotta contro il regime di Assad. Dal 2011 anche le tribù del Nord della Giordania hanno trasferito combattenti, armi e attrezzature per i loro fratelli nella zona dell’Hauran nel Sud della Siria. Fino ad oggi quasi un milione e mezzo di profughi sono fuggiti in Giordania dall’inferno siriano.
Il confine tra la Siria e il Libano non è mai stato considerato tale da nessuno dei due paesi: fin da quando vennero fondati negli anni ‘40. Il contrabbando dal Libano alla Siria aveva assolto la funzione di sostegno economico a molte migliaia di libanesi, e anche molti siriani attraversavano illegalmente la frontiera con il Libano, in fuga dalla repressione del regime, soprattutto da quando Hafez al Assad salì al potere alla fine del 1970.
Si stima che sia un milione il numero dei lavoratori siriani trasferiti illegalmente in Libano.
Neppure il confine della Siria con la Turchia è rigido, molti l’hanno attraversato nel corso degli anni: curdi siriani e turchi non hanno mai subito restrizioni, così come il confine tra Iraq e Turchia, è servito da passaggio per i curdi da entrambi i paesi. Negli ultimi due anni la Turchia ha inviato ai ribelli siriani aiuti e combattenti jihadisti provenienti da Arabia Saudita, Siria, Qatar, Nord Africa e da altre zone, Europa inclusa.
Non per caso i ribelli contro Assad hanno conquistato i valichi di frontiera nella fase iniziale della ribellione, perché averne il controllo facilita il trasferimento in Siria dei miliziani che combattono il regime.
Libano
Hezbollah ha trasformato il contrabbando in una impresa: in pieno giorno come di notte, per strade asfaltate o sterrate, ai valichi ufficiali e altrove, una grande quantità di missili, armi leggere e pesanti, munizioni, sono state trasferite per conto di Iran, Cina e Russia dalla Siria in Libano.
I combattenti di Hezbollah hanno attraversato il confine siro-libanese per andare in Siria e Iran per addestrare alla jihad contro i loro fratelli libanesi e contro Israele.
Negli ultimi due anni Hezbollah ha trasportato armi e attrezzature in Siria per venire in aiuto di Assad. All’inizio vi erano cecchini di Hezbollah che sparavano dai tetti sui manifestanti nelle strade di Dara'a, poi sono arrivati i militanti di Hezbollah per combattere nelle strade, soprattutto a Homs, Hama e Damasco.
I corpi degli shahid di Hezbollah uccisi in Siria venivano riportati in Libano attraverso la frontiera aperta, e sepolti provvisoriamente e segretamente nella Valle della Beqa’a. Ultimamente, da quando il coinvolgimento di Hezbollah in Siria è diventato di dominio pubblico, gli shahid sono restituiti direttamente alle loro famiglie per la sepoltura.
Apparentemente la linea costiera è l’unica frontiera integra del Libano, ma non ci sono prove che confermino la stabilità di questo confine. Sulle rive violate del Libano ci sono decine di ormeggi non ufficiali che sono serviti per molti anni per il contrabbando, in particolare autovetture rubate in Europa, trasferite poi sul mercato libanese e in altri Stati arabi.
Dal 2011 questi ormeggi, insieme con il porto di Tripoli, sono serviti ai sunniti come punto di trasferimento per il contrabbando di armi e munizioni per i ribelli in Siria. Queste armi provengono principalmente dalla Libia: dai magazzini militari di Gheddafi e dal surplus di armi europee e americane che il Qatar aveva inviato ai ribelli anti-Gheddafi nel 2011.
Gli Alawiti che vivono in Libano, soprattutto nella zona Jabal Mohsen, attraversano illegalmente la frontiera tra il Libano e la Siria al fine di sostenere Assad.
In conclusione, i confini degli Stati arabi nella “Mezzaluna Fertile” - Iraq, Siria e Libano - stanno sempre più perdendo la loro funzione.
Questo fenomeno negli ultimi due anni è in aumento, da quando alcuni regimi arabi hanno subito attacchi partiti al loro interno.
Quando i confini di uno Stato vengono violati, la sua esistenza stessa è minacciata: più i suoi confini sono attraversati illegalmente, tanto più è in pericolo il significato stesso di Stato.
L’architettura della” Mezzaluna Fertile” lasciata in eredità dal colonialismo sta cambiando sotto i nostri occhi. L’Iraq si sta disgregando, la Siria è in preda a un aguerra civile, e il Libano da qualche tempo ha perso quel carattere pluralistico che la sua Costituzione avrebbe dovuto garantire.
Sulle rovine di questi paesi nascono nuovi organismi. Alcuni hanno uno stampo islamista, considerano gli Stati moderni come creazioni illegittime nate dal colonialismo, e quindi devono essere completamente eliminati.
Altri hanno una prospettiva locale, etnica o tribale, e sono interessati a stabilire nuovi quadri in base ai dati demografici che il colonialismo tendeva ad ignorare completamente.
Negli ultimi mesi, le guerre in Iraq, Siria e Libano hanno assunto una connotazione nuova: l’aspetto religioso , che avevano bandito o emarginato finchè erano rimasti Stati integri .
Esplode il conflitto storico tra i sunniti e sciiti, che diventa l’essenza di tutto.
In Iraq il governo sciita con i caccia-bombardieri mira e colpisce i cittadini sunniti. In Siria il regime degli Alawiti, una setta staccatasi dagli sciiti, lancia bombe dagli aerei sui propri cittadini sunniti e usa anche armi chimiche.
In Libano il gruppo sciita minaccia di prendere il controllo sull’intero Stato, che, di conseguenza, si comporta in modo tale che nessuno è disposto a scommettere sul suo futuro democratico.
I combattimenti lungo la “Mezzaluna Fertile” sono diventati guerre aperte, i confini tradizionali sempre più inefficienti. Gli eserciti governativi e le forze dei ribelli non sono molto differenti gli uni dalle altre. Entrambi assassinano, mutilano, stuprano e violano con crudeltà i diritti delle popolazioni, la maggior parte delle quali non sono nemmeno coinvolte nella lotta attiva.
I confini di Israele, al contrario, offrono una barriera quasi invalicabile per chi cerca di entrare clandestinamente, e quasi mai con buone intenzioni.
Il confine con l’Egitto è stato chiuso e il numero degli infiltrati è diventato quasi uguale a zero.
Quello con la Giordania è ben protetto a causa del comune interesse dei due Stati.
Il confine con la Siria sopravvive sulle Alture del Golan, nonostante il caos sul versante siriano.
Quello con il Libano resiste per il diritto di deterrenza di Israele contro Hezbollah, e se non fosse per i trafficanti di droga, sarebbe chiuso ermeticamente.
Anche il confine costiero è protetto in modo efficace dalla marina israeliana, e solo il confine con la Striscia di Gaza è un punto di tensione a causa degli jihadisti che hanno preso il sopravvento nella Striscia.
In confronto ai suoi vicini, lo Stato di Israele è un’isola di stabilità e di vita normale, le sue frontiere lo testimoniano in modo netto.
La situazione attuale richiama un passaggio interessante della porzione settimanale 'Hazinu' della Torah": “Quando l’Altissimo diede alle nazioni la loro eredità, quando separò i figli di Adamo, Egli fissò i confini dei popoli secondo il numero dei figli di Israele”. (Deuteronomio 32:8).
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
Link: http://eightstatesolution.com/
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