Sul FOGLIO di oggi, 04/05/2013, a pag.II, con il titolo " Il divieto del Nibelungo " Giulio Meotti racconta il permanere del divieto della 'Kristellnachtmusik' , la musica della Notte dei Cristalli, in Israele.
Giulio Meotti
In attesa del 22 maggio, quando si celebrerà il Jubiläumsjahr, i duecento anni dalla nascita di Richard Wagner, la Germania festeggia il grande compositore con una serie di concerti, letture pubbliche, biografie, programmi televisivi. In Israele però resta in vigore il bando informale delle sue opere, unico paese a impedirne ancora l’esecuzione dopo la caduta della Romania comunista di Ceausescu, dove Wagner era proibito “perché fascista”. Il direttore dell’Israel Opera, David Stern, grande amante della musica wagneriana, ha detto che il bando della musica di Wagner, in vigore da settant’anni, rimarrà inalterato. C’è chi l’ha definita “Kristallnachtmusik”, musica da Notte dei cristalli, quella che vide il primo pogrom di massa delle camicie brune contro gli ebrei tedeschi. C’è chi ne ha scritto come della “quasi perfetta partitura nazista: fresca, ottimista, robusta, semplice sin quasi alla banalità, il canto ideale dei giovani e delle ragazze ariane raffigurate nei manifesti della propaganda hitleriana”. In Israele il bando è già caduto per Richard Strauss (il violinista Jascha Heifetz fu preso a sprangate per averlo eseguito) e altri solerti musicisti filonazisti come Carl Orff. E che dire del testo della “Passione secondo Giovanni” di Johann Sebastian Bach, che fa impallidire qualsiasi obiezione polemica in fatto di antisemitismo nei confronti di Wagner, i cui Nibelunghi deformi, diabolici e naneschi che concupiscono e accaparrano l’oro del mondo sono ebrei? O della bacchetta di Wilhelm Furtwängler, che diresse la Nona di Beethoven nel giorno del compleanno di Hitler, e quando di Hitler fu data la notizia della morte, alla radio, la musica di fondo era un Adagio di Bruckner interpretato da lui? Quando morì, un gruppo di ebrei gli dedicò il seguente necrologio: “Idolo dei criminali, degli assassini nazisti, scagnozzo musicale della loro giustizia sanguinaria”. Eppure le interpretazioni di Furtwängler sono tranquillamente in vendita, in Israele. E così pure quelle di Herbert von Karajan, che al Partito nazista aderì senza scrupoli, o di Karl Bohm, che i saluti nazisti li faceva eccome. Wagner è un caso unico e anche un paradosso, perché oggi alcuni dei migliori interpreti della sua musica, come Jonathan Livny e Daniel Barenboim, si trovano fra gli artisti israeliani. “Wagner era un uomo odioso, ma ha scritto musica divina”, dice Livny, che ha persino fondato una Israel Wagner Society. Da anni i programmi didattici israeliani hanno preso a trasmettere brani wagneriani camuffati da lezioni di storia della musica, mentre in alcuni dibattiti ha avuto diritto di cittadinanza anche l’idea che Wagner non fosse antisemita ma che i nazisti avessero usato la sua musica. Nonostante la Corte suprema israeliana abbia sancito la liceità dell’esecuzione delle sue opere, Wagner resta comunque un grande tabù in Israele. Per milioni di ebrei le sue note, trasmesse dagli altoparlanti dentro i campi di concentramento (soprattutto a Dachau) sono stati gli ultimi suoni ascoltati in vita. Da allora, nessuna di queste note è mai più riecheggiata ufficialmente in Israele. Il sostegno al bando resta maggioritario fra la popolazione israeliana (oltre il cinquanta per cento secondo il Jerusalem Post). Il bando di Wagner non è una bandiera della destra israeliana. A capeggiare la campagna culturale antiwagneriana è un sopravvissuto all’Olocausto, il giornalista Noah Klieger, maestro di tanti reporter dello stato ebraico, che si oppone all’esecuzione di quelle note nelle sale da concerto e nei teatri israeliani. Non perché fosse antisemita (anche Strauss lo era). “Wagner voleva lo sterminio di tutti gli ebrei”, ha scritto Klieger, firma di punta del giornale Yedioth Ahronoth. “Non abbiamo bisogno di riconciliarci con la sua musica”. E a riprova cita una lettera a Cosima, che aveva appena comunicato al marito di un incendio a Vienna durante la performance del “Nathan il Saggio” di Gotthold Ephraim Lessing. “Tutti gli ebrei devono bruciare a morte”, replicò lui. Agli ebrei, Wagner intimò: “Esiste un solo mezzo per scongiurare la maledizione incombente su di voi: la redenzione di Ahasvero”, ovvero l’annientamento. La frase si trova nel libello “Il giudaismo nella musica”. In termini poco ambigui, l’Enciclopedia ebraica sentenzia suWagner: “Concepì l’idea dell’estinzione degli ebrei”. “Suonare Wagner è un’offesa assoluta”, scrive Noah Klieger. “Darà il pretesto a chi ‘ama’ Israele di dire che il boicottaggio di Wagner è stato un errore. Ma boicottarlo non ha nulla a che fare con la Shoah: la prima a farlo fu nel 1938 la Palestine Orchestra, ‘madre’ della Filarmonica di Tel Aviv, perché c’era stata la Notte dei Cristalli. Bronislaw Huberman, il direttore, stava preparando in Germania un concerto wagneriano. Disse che un ensemble di musicisti ebrei non poteva eseguire le pagine di un signore che considerava gli ebrei ‘stranieri nocivi alla cultura tedesca’”. Arturo Toscanini eseguì le note di Wagner (Preludio dell’atto I e III del “Lohengrin”) a Gerusalemme nel 1938. E quella fu l’ultima apparizione ufficiale. “Stupro culturale”: così ha definito l’esecuzione di Wagner in Israele il Centro Wiesenthal, pensando alla Shoah e alla sua colonna sonora wagneriana, dopo che nel 2011 e dopo settant’anni di divieti l’Orchestra israeliana ha suonato Wagner a Bayreuth, in Germania. A volere il bando di Wagner fu il fondatore dell’Orchestra filarmonica israeliana, il violinista polacco Huberman, visto l’amore di Hitler per il musicista, che sempre nel saggio “Il giudaismo nella musica” scriveva della “nostra naturale ripugnanza contro la natura giudaica”. Minuto e religioso, Huberman lasciò Varsavia e cominciò un lungo viaggio presso i musicisti più prestigiosi dell’epoca. Spiegò loro che stava per imbarcarsi per la Palestina poiché aveva la sensazione che “qualcosa di terribile” stesse per travolgere gli ebrei d’Europa. Chi non gli credette rimase in Europa e morì nei campi. Chi seguì Huberman si trovò a suonare l’“Oberon” di Weber, “La scala di seta” di Rossini e la Seconda sinfonia di Brahms nel porto vecchio di Tel Aviv. Contrario a suonare la musica di Wagner in Israele anche Gottfried Wagner, pronipote del compositore: “Le teorie di Wagner non sono estranee ad Auschwitz”. Contrario Elie Wiesel: “Migliaia di sopravvissuti sono furiosi e feriti, non c’è bisogno di infliggere loro questa musica”. Il presidente della Knesset, Reuven Rivlin, ha boicottato un premio a Daniel Barenboim perché nel 2001 aveva osato un fuori programma su Wagner (“era antisemita ma mi inchino al suo genio”, ha detto Barenboim). Anche l’altro presidente della Knesset Dov Shilansky è stato perentorio: “Barenboim ha fatto fortuna all’estero tra i non ebrei e ora pretende di imporci questa musica che suona come un incubo”. Quando Barenboim suonò Wagner nella Binyanei Hauma, la hall degli eventi di Gerusalemme, persino il giudice della Corte suprema Aharon Barak lasciò la sala, e i sopravvissuti all’Olocausto presenti nel pubblico, levatisi in piedi, gridarono “fascista” a Barenboim. I rari concerti wagneriani oggi sono tenuti di nascosto, per un pubblico di invitati. La vendita dei cd è permessa, ma il bando vige anche per la televisione e la radio. D’accordo anche il grande maestro Zubin Mehta, che pure tentò di dirigerlo ma venne interrotto dai sopravvissuti ai campi: “Fino a quando qualcuno ha il marchio del lager sul braccio, la mia orchestra non lo eseguirà”. Secondo il cacciatore di nazisti del Centro Wiesenthal Efraim Zuroff, il caso Wagner è emblematico dell’anima di Israele: “Un paese con una grande ambivalenza verso il passato e su come questi eventi passati debbano influenzare il presente”. A favore del bando anche l’ex capo dello Yad Vashem, Yitzhak Arad: “Molti sopravvissuti all’Olocausto temono di sentire quella musica”. C’è anche chi vuole che il bando del musicista sia eterno, indissolubile: “Il problema di Wagner è unico”, ha scritto Elyakim Haetzni, scampato alla Germania nazista, avvocato, giornalista e già deputato di estrema destra: “E’ stato il padre spirituale dell’antisemitismo razziale. Non c’è differenza fra Wagner e Hitler. E nella tradizione ebraica bisogna non dimenticare. Il bando deve continuare per sempre”. Naama Sheffi, direttrice del giornale ebraico Zmanim, ha pubblicato in inglese il libro “The Ring of Myths: The Israelis, Wagner and the Nazis”, in cui ripercorre questo bando di Wagner. Nel 1981, all’auditorium Fredric Mann di Tel Aviv, furono eseguiti da Mehta alcuni brani del “Tristano e Isotta”. Scoppiò il finimondo. Un inserviente dell’auditorium, Ben-Zion Leitner, insignito dell’alta onorificenza di “eroe d’Israele”, urlò: “Vergognatevi, suonate Wagner sul mio corpo”. Il trombonista Zvi Ostrowski appese sul tabellone dell’orchestra frasi antisemite di Wagner. “Con Wagner ho avuto una esperienza diretta, ma mi è troppo difficile parlarne”, disse Avraham Melamed, un altro musicista che si dimise dall’orchestra pur di non suonare quelle note. “E’ stata un’esperienza nel campo di concentramento, che mi lasciò comunque il desiderio di capire chi fosse questo compositore. Più tardi, da adulto ho saputo, ho letto di lui, ho studiato la sua musica e mi è bastato per capire che non avrei mai più voluto avere nulla a che fare con lui”. Dieci anni dopo, nel 1991, è Daniel Barenboim a tentare la performance dirigendo il preludio del “Vascello fantasma” davanti a un pubblico di soli invitati. Nel 2000, l’orchestra sinfonica di Rishon Le- Zion suona l’“Idillio di Sigfrido”, mentre fuori della sala si tiene una grande manifestazione di protesta. Non appena il direttore – Mendi Rodan, un sopravvissuto dell’Olocausto – dà il via con un cenno delle mani, un uomo si alza in piedi al centro della sala e comincia ad agitare una raganella, lo strumento di legno usato dai tifosi per far baccano negli stadi. Fuori dal teatro, protetto da poliziotti in uniforme e uscieri con la pistola nella fondina, un gruppo di sopravvissuti bersaglia di insulti il pubblico in coda per entrare. “Mi chiamo Benjamin, sono un ebreo lituano, sono stato a Dachau, numero 86365”, dice uno, scoprendo l’avambraccio per mostrare le cifre sulla pelle. “Nei lager i nazisti suonavano la musica di Wagner mentre mandavano gli ebrei nei forni crematori e adesso mi tocca di vedere altri ebrei, nello stato di Israele, che vengono ad ascoltare la stessa musica vestiti a festa prima dello Shabbat”. L’ultimo incidente è del luglio 2011, quando la Israel Chamber Orchestra esegue le note di Wagner a Bayreuth. Come ha spiegato Noam Ben Zeev di Haaretz, il direttore d’orchestra, Roberto Paternostro, notò che i suoi musicisti erano così emozionati da rendere impossibile l’esecuzione. “L’antisemita Wagner è diventato la bandiera dei progressisti”, scrive il musicologo David Goldman. E cita il caso di Barenboim, che ha sempre legato il bando della musica di Wagner all’occupazione israeliana dei Territori palestinesi. “L’arte non risiede nelle nuvole del Monte Parnaso”, scrive Goldman a giustificazione del bando. “Ha conseguenze nel mondo reale in cui gli esseri umani vivono e soffrono. Wagner non è stato il solo antisemita che ha composto musica, ma più di ogni altro ha modellato la cultura in cui è emerso il nazismo. Nello stato ebraico, il pubblico ha diritto di chiedere ai musicisti di essere prima ebrei e poi artisti”. Ma anche a sinistra sono forti le resistenze per riportare quelle note in terra ebraica. Su Haaretz Dina Porat, massima studiosa in Israele dell’antisemitismo, ha spiegato perché “l’opera di Wagner deve continuare a essere bandita”. E così hanno fatto ad esempio l’ateneo dell’Università di Tel Aviv e persino la hall dell’Hotel Hilton, dove una esecuzione privata di Wagner è stata di recente bandita dalla direzione dell’albergo. Raz Binyamini, direttore del Chamber Music Center al conservatorio israeliano, ha eseguito le opere di Wagner come violoncellista negli Stati Uniti e in Germania e spiega così il bando d’Israele. “Wagner è l’ultimo simbolo, l’ultimo confine che non può essere valicato”. E’ la storia stessa della Filarmonica di Israele a essere un simbolo dello stato ebraico. Leonard Bernstein, Yehudi Menuhin, Isaac Stern, David Oistrakh, Arthur Rubinstein, Rudolf Serkin e Glenn Gould hanno tutti suonato in Israele. Durante la guerra del 1948, Bernstein guidò l’orchestra a Beersheba, circondato da giovani soldati sopravvissuti alla Shoah con la musica di Ravel e Mozart nelle orecchie. Durante la guerra del 1967, un giovane musicista indiano, Zubin Mehta, arrivò in Israele su un cargo pieno di armi, perché era l’unico modo per entrare nel paese e portare la propria solidarietà. Nel 1991, mentre attorno cadevano gli scud di Saddam Hussein, lo stesso Mehta diresse Bach, con il violinista Isaac Stern come solista, davanti a una platea con indosso le maschere antigas. La musica di Richard Wagner continua a essere invisa alla maggioranza degli israeliani. Lo ha ben spiegato il Wall Street Journal commentando così la sua messa al bando: “Alla luce della recrudescenza di antisemitismo in Europa, il divieto israeliano di Wagner serve a ricordare che le idee hanno conseguenze”.
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