Prima ancora di leggere la notizia su informazionecorretta, il 30 aprile, avevo avuto fra le mani il fumetto “incriminato”, pubblicato col Corriere della Sera (Cronache di Gerusalemme), del disegnatore canadese Delisle, e già avevo deciso di segnalare un'affermazione vergognosa, stampata in quarta di copertina, laddove un anonimo compilatore-odiatore, per presentare il volume, qualifica l'autore come “testimone dell'Operazione piombo fuso finita col MASSACRO di più di mille palstinesi” e conclude citando “l'atroce simbolo della Barriera di Separazione Israeliana”.
C'era certo materia per protestare col direttore del Corriere della Sera (massacro? Semmai uccisione di combattenti nello svolgimento delle loro attività, come ha riconosciuto la stessa Hamas; barriera di separazione? Veramente si tratta di uno strumento difensivo e life-friendly rivelatosi efficacissimo), e – letta la presentazione – ero già sicuro che il fumetto mi avrebbe nauseato.
Invece l'ho trovato delicato, ironico e sempre pacato, anche nelle situazioni più scabrose, ricavandone alcuni spunti di riflessione che vorrei condividere con lei e gli amici lettori di IC.
Innanzitutto Delisle, che racconta a fumetti un anno di permanenza a Gerusalemme coi due figli piccoli al seguito della moglie, funzionaria di Medici senza Frontiere, viene presentato, nell'introduzione di Paolo Interdonato, come un viaggiatore “disambientato, [che] non studia il posto in cui si dovrà trasferire: semplicemente ci va ad abitare”. Questa mi sembra essere la chiave di lettura, che con Delisle condividono gran parte degli, diciamo così, “antipatizzanti” di Israele: una posizione di ostilità fondata principalmente – se non esclusivamente – sull'ignoranza della storia, sulla pigrizia intellettuale, sull'accettazione acritica di stereotipi e falsità costruite ad arte dalla legione degli antisemiti.
Delisle infatti racconta il suo disorientamento davanti ad una società mediorientale e alle sue contraddizioni che non gli riesce di capire se non con le spiegazioni che gli danno via via una serie di personaggi che, per lo più, o appartengono al mondo delle ong (la cui imparzialità è ben nota), o gli sono fornite da fonti arabe, che lui prende per oro colato (e quanti da noi, in Europa, continuano a non capire cosa è veramente la realtà di Israele pur credendo di aver capito tutto?
E quanto circolano nei media e nei bar i “fatti” denunciati dalle ong e dalle agenzie onu, quanto spazio trovano le menzogne costruite dalla propaganda islamica e antisemita? Mi sembra, tra l'altro, che sia questa la ragione dell'esistenza di Informazionecorretta...).
Insomma, Delisle e il suo racconto sono un po' il modello della percezione occidentale dei fatti politici e sociali israelo-palestinesi, quindi molto utile per trovarne i punti deboli e studiare strategie efficaci (principalmente ribattere con la verità e con i fatti alla disinformazione e alla menzogna).
Se si deve fare quindi una critica a Delisle questa potrebbe riferirsi alla mancanza – nel fumetto – di personaggi e testimonianze provenienti dall'ambiente laico israeliano (al di fuori dei membri delle organizzazioni internazionali Delisle ha contatti solo con arabi – cristiani e musulmani – e con ebrei ultraortodossi, ritratti gli uni come vittime, gli altri come carnefici, certo, ma con una sorta di distacco, di superiority complex).
Il modo di affrontare l'operazione Piombo Fuso e la presenza del muro di separazione, poi, non fa che confermare questa impressione: Delisle osserva acriticamente, riporta le voci, i commenti del suo ambiente, ma senza una particolare passione, senza calcare i toni come farebbe invece ogni antisemita più o meno dichiarato.
Addirittura Delisle, pur non manifestando certo particolare simpatia per lo stato di Israele, ne loda la democrazia (“la stampa funziona liberamente, e non si può dire altrettanto dei paesi vicini”), ricorda con toni sinceri il terrorismo della seconda intifada e rimpiange i tempi in cui tra arabi e ebrei c'era una specie di rispettosa convivenza (ma non ne indaga i motivi della fine), contraddice alcuni luoghi comuni contro i quali anche voi combattete quotidianamente, dal boicottaggio alle accuse di razzismo, al mito delle prigioni a cielo aperto (“nella società israeliana vi si trovano praticamente tutte le etnie”, “mi immaginavo Ramallah come una città morta, soffocata dal conflitto [e invece è una città viva, piena di attività commerciali, di traffico, di beni]”), ironizza sulla violenza e la maleducazione degli arabi, ma, affascinato dal muro e dalle sue storie, non riesce a spiegare perchè è stato costruito, lasciando intendere – come d'altronde fanno quasi tutti, da noi – che l'hanno voluto gli ebrei per prendersi la terra dei palestinesi: ma lo fa solo intendere, non ricorre alle menzogne. Per concludere, penso che Delisle potrebbe anche diventare un simpatizzante di Israele, se adeguatamente istruito, non mi pare in malafede. Piuttosto prepariamoci: tra tre settimane uscirà “Capire Israele” di S. Glidden (di cui non so nulla) ma, soprattutto, a metà giugno, “Palestina” di Joe Sacco: dovremo dare battaglia!
Cordialità
Bruno Gandolfi, Bolzano
Se la sua voleva essere una parziale rivalutazione del nostro ritratto del giornalista-disegnatore canadese, a noi pare che abbia dato invece una mano a noi nel demolirne le 'qualità' professionali. Delisle è uno dei tanti che arriva in Israele pieno di pregiudizi in cerca soltanto di conferme. Non è questo il ruolo di un intellettuale che cerca sì il confronto, ma lo cerca davvero. Delisle ha fatto l'opposto. Quelli che seguiranno saranno di sicuro peggiori - IC li ha già criticati quando sono usciti in vendita nelle librerie - Joe Sacco in prima fila. Adesso usciranno in vendita con il Corriere, nemmeno fosse il Manifesto, che pena.
IC redazione