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Informazione Corretta Rassegna Stampa
03.05.2013 Hamas ha cospirato con i Fratelli Musulmani per rovesciare Mubarak ?
analisi di Zvi Mazel

Testata: Informazione Corretta
Data: 03 maggio 2013
Pagina: 1
Autore: Zvi Mazel
Titolo: «Hamas ha cospirato con i Fratelli Musulmani per rovesciare Mubarak ?»

" Hamas ha cospirato con i Fratelli Musulmani per rovesciare Mubarak ? "
analisi di Zvi Mazel

http://www.jpost.com/Features/FrontLines/Article.aspx?id=311918

(Traduzione di Angelo Pezzana)


Zvi Mazel                         Khaled Meshaal con Mohamed Morsi

Nuove rivelazioni gettano una luce rivelatrice su come la Fratellanza abbia agito in stretto accordo con Hamas durante le dimostrazioni di massa che hanno portato alla caduta del regime di Mubarak. Secondo il quotidiano “Al Masri el Yom”, che cita una fonte di massimo livello nei servizi di sicurezza, Khaled Tharwet, a capo della sicurezza nazionale, avrebbe dato a Khairat el Shater, guida suprema n°2 dei Fratelli Musulmani, le registrazioni di cinque telefonate intercorse tra i Fratelli e i leader di Hamas durante quel mese cruciale del gennaio 2012. Un altro obiettivo, non meno importante, era ottenere la liberazione dei militanti rinchiusi nella prigione di Wadi Natrun – tra i quali Mohammed Morsi- che un anno dopo sarebbe diventato Presidente.

Dalle trascrizioni appare chiaro che I Fratelli Musulmani sapevano in anticipo delle proteste che si sarebbero verificate il 25 gennaio, e che le avrebbero persino pianificate. Le prime due telefonate intercorsero tra i leader dei Fratelli prima che iniziassero le dimostrazioni del 25/27 gennaio. Il 21, uno di loro, riferendosi alla organizzazione delle proteste, dice “ Non preoccupatevi, i nostri  “vicini” ci aiuteranno. E il giorno successivo “ Le cose vanno bene, i ‘vicini’ sono pronti”. In entrambi i casi  la parola ‘vicini’ va letta “ Hamas”. Il 24, un giorno prima della grande dimostrazione, un leader dei Fratelli chiede a un capo di Hamas se sanno bene come muoversi. “ Certamente”, è la risposta. Il 2 febbraio c’è un’altra telefonata, mentre le proteste raggiungono i massimi livelli. Uno dei Fratelli, molto preoccupato, chiede “ Dove siete, non vedo nessuno dei vostri”, e Hamas risponde “Nessun problema, siamo dietro al Museo Egizio, pronti con le nostre fionde”. L’untima conversazione è dell’11 febbraio, dopo le dimissioni di Mubarak. Il capo di Hamas si congratula con il suo interlocutore della Fratellanza, aggiungendo “ è anche una nostra vittoria”,ricevendo questa risposta “ Ci avete aiutati, ve ne siamo grati, ci incontreremo presto”

Non sono una novità i legami tra Hamas, una propaggine dei Fratelli Musulmani nata a Gaza nel 1987, e il movimento egiziano, che è stato nel mirino repressivo di Mubarak per molti anni. Eppure queste telefonate danno una nuova connotazione alla rivoluzione. Ben lontano dall’aver atteso giorni prima di unirsi alla rivolta come si era creduto sino ad oggi, i Fratelli ne erano parte sin dall’inizio. E i militanti di  Hamas agivano proprio in piazza Taharir e partecipavano agli assalti ai palazzi istituzionali, anche se il loro ruolo preciso non veniva precisato nelle telefonate. E’ interessante notare quanto ha confermato la settimana scorsa il generale Mansour el Issawi, allora ministro delle forze armate, che a piazza Taharir vi erano militanti di Hamas, alcuni dei quali sono anche stati uccisi. Ha anche aggiunto che militanti di Hamas e Hezbollah hanno preso parte ad attacchi a diverse prigioni per liberare prigionieri politici. Conta poco che Habib el Adli, allora ministro dell’interno e oggi sotto processo per il suo ruolo nella repressione, sia stato accusato di avere permesso in passato la fuga di prigionieri per intimorire la gente, cosa tutta da dimostrare. Adli ha dichiarato in tribunale la scorsa settimana che erano stati Hamas e Hezbollah a penetrare nelle carceri, fatto peraltro testimoniato da molti. Un giornalista di “el Masri el Yom” ha testimoniato che era presente il 4 febbraio quando erano stati arrestati militanti di entrambe le organizzazioni vicino a piazza Taharir. Lo stesso giornale, due anni fa, aveva pubblicato i risultati di una indagine durata sei settimane – marzo/aprile 2011 – con gravi rischi personali di due coraggiosi giornalisti. Altri testimoni oculari intervistati hanno detto che erano stati liberati fra i prigionieri anche  beduini del Sinai. Quanto avvenne alla prigione “ Almarg” è ancora un caso aperto. Vi era imprigionato Ayman Al Nofel, un capo di alto rango di Hamas, come anche Mohammed Yusuf Mansour, nome in codice “Sami Shehab”, capo della cellula terrorista Hezbollah in Egitto. La prigione venne circondata il 30 gennaio 2011 da militanti armati fino ai denti, arrivati a bordo di auto e moto nuovissime, sparando contro le guardie di fresca nomina, quindi con nessuna o poca esperienza. Una volta entrati tutti i prigionieri vennero liberati. Testimoni oculari hanno affermato che gli attaccanti erano beduini del Sinai, il cui accento era simile a quello dei combattenti venuti dalla Striscia di Gaza. Nofel e Mansour, a detta dei testimoni, erano in contatto con gli attaccanti per mezzo di cellulari, pronti insieme agli altri a lasciare il  carcere. Nofel partì per Gaza, mentre Sami Shehab apparve in una Tv  libanese di Beirut quattro giorni dopo. L’Egitto non ha ancora fatto richiesta per la loro estradizione.

“El Masri al Yom” lascia capire che Tharwet non dovrebbe avere trasmesso trascrizioni segrete a Khairat el Shater, che è soltanto il n° 2 alla guida della Fratellanza, un movimento che ufficialmente è ancora illegale. Per il giornale questa è la prova della collusione fra la Fratellanza e gli alti gradi della Sicurezza, per cui richiede al Procuratore generale di investigare i legami tra la Fratellanza  e la Sicurezza nazionale. Il portavoce del quotidiano afferma che le registrazioni, con tutti i dettagli, erano stati dati a “El Masri al Yom” da una fonte del tutto affidabile della Sicurezza nazionale. Nella richiesta alla procura generale il giornale conferma che i nomi dei Fratelli Musulmani e dei capi di Hamas registrati nelle cinque telefonate sono noti, anche se vengono citati con le sole iniziali. Alcuni commentatori chiedono che la Fratellanza venga processata per tradimento, per essersi valsa di elementi stranieri – Hamas – e per aver operato in maniera sediziosa su territorio egiziano. Altri sono indignati per quel che giudicano una infiltrazione ai danni della sicurezza nazionale da parte dei Fratelli Musulmani, ritenendolo un attentato al paese e alla sua sicurezza. Sono molte le critiche a Khairat el Shater e Issam el Erian, un esponente di primo piano della Fratellanza, perché quando partecipano a visite di stato si valgono dei privilegi del ministro degli interni.

La guardia del corpo di el Shater era stata arrestata per “azioni illegali” nei seggi elettorali durante le elezioni parlamentari più di un anno fa, infatti aveva con sé un’arma senza averne il permesso. Durante il processo si seppe che si era recato molte volte volte a Gaza attraverso i tunnel e aveva avuto contatti con i capi di Hamas.  Venne condannato a un anno di prigione, ma dei contatti non si seppe nulla. Alcuni giorni fa si è saputo del suo trasferimento in un carcere giudicato meno severo.

Il probabile prossimo leader di Hamas, Moussa Abu Marzouk, ha negato che ci siano mai stati accordi in quel periodo  tra la sua organizzazione e la Fratellanza, anche un certo numero di portavoce dei Fratelli Musulmani hanno smentito che registrazioni di ogni tipo siano state consegnate a Khairat el Shater. Sono solo tentativi per gettare discredito sul movimento. Il ministro dell’interno ha emesso un comunicato che eludeva l’argomento,ma minacciava di perseguire penalmente chi avesse cercato di nuocerne le attività.

Dalla presidenza non sono arrivati commenti. E’ facile immaginare perché. La scorsa settimana,il direttore del carcere di Wadi Natrun, nella testimonianza in tribunale sull’assalto, ha affermato che fra tutti prigionieri politici appartenenti alla Fratellanza e ai movimenti jihadisti detenuti nel suo carcere erano in corso molte agitazioni, tutti urlavano che presto sarebbero stati liberati. In effetti il 30 gennaio, un gruppo di circa 80 uomini armati attaccavano il carcere con armi automatiche, liberavano i detenuti, incluso Mohammed Morsi. Alcuni fra quelli che erano stati poi nuovamente catturati e ora in attesa di giudizio, hanno chiesto che Morsi venisse a testimoniare, insieme ai responsabili dei servizi di sicurezza. Una richiesta che difficilmente troverà accoglienza. Ma perché Morsi era in carcere ? Secondo la Fratellanza, il governo lo considerava “pericoloso”, anche se tutti sapevano che era un politico non di primo piano, non era un combattente. Qualcuno sostiene che era stato arrestato con l’accusa di avere spiato a favore di un leader di Hamas, come rivelato da una telefonata registrata dai servizi di sicurezza, nella quale aveva discusso il ruolo di Hamas in Egitto durante la rivoluzione.

Ma se Hamas ha atteso il nuovo regime per vedere aperti i confini tra Gaza e l’Egitto, rendere scambi di persone e beni da entrambe le parti –  armi incluse – si è illusa amaramente. Il confine è ancora chiuso e l’Egitto controlla severamente chi entra e chi esce, mentre l’esercito egiziano distrugge un tunnel dopo l’altro. Magrado la comune ideologia, l’Egitto prende molto sul serio le minacce alla propria sicurezza che gli  vengono dal minuscolo vicino.  Nei mesi scorsi il ruolo di Hamas è divenuto un tema caldo, è stato infatti accusato di essere dietro all’attacco che ha causato lo scorso agosto  la morte di 16 soldati egiziani, e qualcuno accusa direttamente di complicità Ayman Nofel. Hamas è anche accusato di permettere ai militanti della jihad di entrare nel Sinai, dove sono stati rapiti tre ufficiali di polizia lo scorso anno, probabilmente portati a Gaza attraverso i tunnel. Corre voce che Hamas stia per costruire, con l’aiuto del Qatar, un avamposto nel Sinai per ospitare palestinesi provenienti da Gaza. Su queste voci il regime dei Fratelli Musulmani non dice nulla, sebbene ogni tanto pubblichi delle smentite. Sempre più egiziani sono contrari ai legami tra Fratellanza e Hamas, e queste ultime rivelazioni aggiungono benzina sul fuoco, rendendo più profonda la crisi e la sfiducia tra la popolazione e il movimento che governa il paese.

Zvi Mazel è stato ambasciatore in Egitto, Romania e Svezia. Fa parte del Jerusalem Center fo Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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