sabato 23 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Libero Rassegna Stampa
01.05.2013 Puglia: bloccata cellula islamista
cronaca di Rita Cavallaro, commento di Andrea Morigi

Testata: Libero
Data: 01 maggio 2013
Pagina: 15
Autore: Rita Cavallaro - Andrea Morigi
Titolo: «Sgominata cellula islamista. 'Una scuola di terrorismo' - È sempre il giro di Abu Omar. Tre di loro già condannati»

Riportiamo da LIBERO di oggi, 01/05/2013, a pag. 14, l'articolo di Rita Cavallaro dal titolo " Sgominata cellula islamista. «Una scuola di terrorismo» ", a pag. 15, l'articolo di Andrea Morigi dal titolo "  È sempre il giro di Abu Omar. Tre di loro già condannati ".
Ecco i due articoli:

Rita Cavallaro - "  Sgominata cellula islamista. «Una scuola di terrorismo»"


Rita Cavallaro           imam della moschea di Andria

Stavano per scatenare la loro «guerra santa» contro governi e obiettivi civili.Mala cellula di matrice islamica, che aveva affondato le sue radici in Puglia, è stata sgominata ieri dai carabinieri del Ros di Bari, che hanno eseguito sei ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti dei terroristi d’Occidente. Due destinatari del provvedimento sono al momento latitanti, mentre gli altri quattro sono stati catturati alle prime luci dell’alba, quando è scattato il blitz denominato «Masrah» e disposto dopo sei anni di complesse indagini, che si sono avvalse di intercettazioni e pedinamenti.
LA MOSCHEA
A finire in cella,conl’accusa di associazione per delinquere finalizzata al terrorismo internazionale e istigazione all’odio razziale, quattro tunisini. Tra loro anche l’imam della moschea di Andria, Hosni Hachemi Ben Hassen, 45 anni e considerato dagli inquirenti il capo della cellula che stava progettando attentati e azioni suicide sia in Italia sia all’estero. La guida spirituale, che gestisce un call center nel centro della cittadina pugliese, è stata catturata in Belgio. Mohsen Hammami, di 48 anni, e Nour Ifaoui, di 34, sono stati arrestati in provincia di Catania, mentre il quarto, Romdhane Ben Chedli Khaireddine (32), è stato fermato a Milano. I latitanti sono riusciti a far perdere le proprie tracce perché si trovano in Tunisia, ma i carabinieri potrebbero prenderli nelle prossime ore. L’inchiesta, diretta dal sostituto procuratoredi Bari,Renato Nitti, è stata avviata nel 2007, quando sotto la lente degli investigatori sono finiti alcuni Internet point della zona gestiti da immigrati. I carabinieri hanno monitorato le loro attività e scoperto la vera finalità dei nordafricani. Tramite intercettazioni telefoniche e pedinamenti, i militari hanno accertato che dal 2008 gli indagati si erano associati nel nomedel terrorismo. Il loro obiettivo era scatenare una guerra santa contro governi, forze militari, istituzioni, organizzazioni internazionali riconducibili a Stati «infedeli» e i nemici. Attentati che avrebbero dovuto essere messi in atto sia in Italia che all’estero, grazie ad «adepti» pronti a fare da kamikaze, lasciandosi esplodere tra la folla, o disposti a piazzare bombe in obiettivi sensibili, che però non avrebbero fatto in tempo ad individuare. PALESTRA SULL’ETNA
E a dare lezioni di terrorismo ai proseliti sarebbe stato proprio l’imam, la mente della cellula che, fino al 2010, aveva come base Andria. L’uomo, che dopo un periodo passato nel Nord Italia si era trasferito in Puglia dove aveva sposato una donna del luogo convertitasi all’Islam, avrebbe avuto collegamenti e rapporti con personaggi di rilievo del terrorismo internazionale di matrice confessionale, quali Essid Sami Ben Khemais, Ben Yahia Mouldi Ber Rachid e Ben Alì Mohamed, già condannati in via definitiva per reati specifici. Una sorta di maestri della jihad, i cui insegnamenti sarebbero stati impartiti ai proseliti. L’imam, secondo l’accusa, avrebbe fatto una continua opera di indottrinamento sia teorico che pratico, per consentire ai terroristi provetti di essere preparati psicologicamente ed ideologicamentead affrontare i territori nei quali avrebbe deciso di scatenare la guerra contro gli infedeli. Nel call center si cercavano sul web video dimostrativi pubblicati nei forum jihadisti attraverso i quali gli aspiranti «martiri» imparavano a confezionare ordigni e a usare armi da fuoco. Sempre lì venivano reclutati nuovi volontari da avviare dai campi di battaglia in Afghanistan, Yemen, Iraq e Cecenia. Oltre a insegnare l’odio per i nemici dell’Islam attraverso i testi, il gruppo organizzava anche campi di addestramento sull’Etna, per fare in modo che gli adepti si abituassero ai terreni impervi e fossero temprati per gestire l’azione terroristica nelle zone colpite da crisi e conflitti. FINANZIAMENTI IN RETE
Per sostenere le proprie attività, la cellula organizzava raccolte fondi sia su Internet sia attraverso i canali tradizionali. Di qui anche la recriminazione, rilevata in un’intercettazione, nei confronti della comunità musulmana in Italia che, in occasione del terremoto all’Aquila nell’aprile 2009, promosse una raccolta di denaro a favore delle vittime del sisma. Le indagini hanno evidenziato che il gruppo, organizzato in una micro-comunità isolata per poter praticare senza condizionamenti esterni i dettami imposti da Al Qaeda, istigava all’odio non solo nei confronti delle religioni diverse dall’Islam, ma anche verso l’Oc - cidente e, in particolare, gli Usa, Israele e l’Italia. L’imam, secondo i carabinieri, nutriva e manifestava radicati e incondizionati sentimenti antisionisti che diffondeva a livello ideologico ai suoi sodali, istigandoli alla violenza contro gli ebrei e contro altri individui che, per motivi culturali, sociali o religiosi, si relazionavano con lui.

Andrea Morigi - "  È sempre il giro di Abu Omar. Tre di loro già condannati "


Andrea Morigi      Abu Omar

È il solito giro jihadista milanese. Si erano trasferiti chi ad Andria, chi in Belgio e chi a Scordia, nel Catanese, a pochissimi chilometri dalla base militare americana di Sigonella. Ma il loro marchio di fabbrica è inconfondibileeporta la firma del Centro culturale islamico di viale Jenner, Alcuni dei componenti della cellula islamica catturati ieri sono figure storiche della galassia qaedista in Italia, che avevano la loro base proprio nella centrale milanese di Al Qaeda. Ben Yahia Mouldi Ben Rachid, tunisino di 42 anni, nel 2008 si era meritato dalla Corte d’Appello di Milano una condanna a 10 anni di reclusione per lo stesso reato di cui è accusato nell’indagine appena conclusa: associazione con finalità di terrorismo internazionale. Invece se la spassava in Sicilia, forte della protezione accordatagli dalla Cassazione il 28 aprile del 2010. Pur confermandogli la pena, infatti, la Suprema Corte, si era ricordata di una «inibizione obbligatoria » rivolta dalla Corte europea dei Diritti dell’Uomo, la quale ordina all’Italia di non rimpatriare nessun immigrato tunisino, almeno finché nel Paese della «rivoluzione dei gelsomini» rimarrà in vigore la tortura. GALASSIA SALAFITA
Altrimenti, arriverebbe anche il rimprovero di Amnesty International, come nel caso del tunisino 43enne Essid Sami Ben Khemais, altro nome di spicco della galassia salafita. Aveva appena scontato quattro anni e mezzo di carcere per associazione a delinquere, ricettazione e falsificazione di documenti e immigrazione illegale quando era stato espulso. Ma l’organizzazione di difesa dei diritti umani ora si lamenta perché, una volta riconsegnato alle autorità del suo Paese, «era stato sottoposto a nuovo processo da tribunali civili e militari econdannato a 12 anni di carcere in seguito al suo rimpatrio forzato dall'Italia nel 2008, è stato condotto dal carcere al ministero dell’Interno a gennaio e giugno, dove è stato interrogato e, come ha denunciato, torturato. A suo carico sono state avanzate nuove accuse e gli è stato negato l’accesso al suo avvocato». In realtà, era stata la sentenza nei suoi confronti a rivelarsi piuttosto benevola, in considerazione del patteggiamento. Essid, infatti era stato il capo di un’organizza - zione che dalla Lombardia spediva aspiranti kamikaze ad addestrarsi in Afghanistan e in Iraq, procurava documenti e appoggio logistico e teneva contatti con altri gruppi in Germania, nel Regno Unito e in Spagna. E, quando se ne presentava l’occasione, come era emerso dalle intercettazioni, parlavano anche della preparazione di ordigni esplosivi. Se non fosse rinchiuso in un carcere tunisino, il veterano ora probabilmente sarebbe stato arrestato durante l’operazione Masrah, portata a termine dal Ros dei carabinieri. Il suo nome, infatti, compare nelle indagini come un punto di riferimento per le nuove leve, insieme a Ben Yahia Mouldi Ben Rachid e a un altro membro del gruppo, il cinquantenne tunisino Mohamed Ben Alì, anch’egli catturato a Scordia e a sua volta condannato nel 2005 dal tribunale di Torino a due anni di carcere per favoreggiamento di immigrazione clandestina e illegale permanenza in Italia. Ovviamente, nemmeno quest’ultimo poteva essere rimandato a casa per il timore che lo maltrattassero. Certo, non erano mai stati persi di vista. L’indagine che è sfociata negli arresti di ieri, diretta dal sostituto procuratore di Bari Renato Nitti, risulta avviata già nel 2007. Sei anni, durante i quali non era stato trascurato nemmeno un elemento. Li sorvegliavano da vicino e da lontano, controllando i call center e gli internet point che erano divenuti i luoghi per tenersi in contatto con la rete dei loro complici. Sapevanoche la specialità di Ben Yahia Mouldi Ben Rachid era la raccolta di fondi per finanziare i parenti di alcuni terroristi. Già nel 2000, quando si faceva chiamare Kamel, teneva in casa somme destinate ai «fratelli musulmani combattenti» per circa 200mila euro. RECLUTARE E COLPIRE
La letteratura che lo riguarda, tratta dalle dichiarazioni di alcuni pentiti, è ormai un classico della storia del terrorismo islamico. Qualche particolare illuminante compare anche nell’ordinanza di custodia cautelare, disposta nel 2005 dal gip Guido Salvini nei confronti di Abu Omar, l’ex imam della moschea milanese di via Quaranta. Un collaboratore di giustizia tunisino, Chokri Zouaoui, riferisce anche di un traffico di banconote false, ma si concentra su un colloquio avvenuto alla fine del 2000: «Domandai a Kamel come mai Abou Salah era andato a combattere pur avendo moglie e figli. Kamel mi rispose che in ogni caso Dio non abbandona i familiari di chi si sacrifica per la causa, tanto è vero che loro si stavano preoccupando di mandare quei soldi alla famiglia». Da tredici anni, insomma, prosegue quell’attività di sostegno della guerra santa, sebbene i giudici di Milano avessero lavorato bene. Peccato solo che il procedimento contro Abu Omar per terrorismo internazionale si trovi ancora formalmente nella fase delle indagini e sia avviato verso la prescrizione. Anzi, ora, tornato libero nel suo Egitto, l’ex imam di via Quaranta si gode il risarcimento di un milione e mezzo di euro, sempre che non lo abbia donato ai fratelli in armi. E così la vecchia guardia di Al Qaeda è ancora in circolazione, tutta occupata a radicalizzare, reclutare e pronta a colpire.

Per inviare la propria opinione a Libero, cliccare sull'e-mail sottostante


lettere@liberoquotidiano.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT