Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 30/04/2013, a pag. 21, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo "Afghanistan, a Karzai milioni di dollari dalla Cia".
Maurizio Molinari Hamid Karzai
L'articolo di Maurizio Molinari descrive con chiarezza il passaggio di denaro dagli Usa al corrotto presidente Karzai, il quale, soprattutto negli ultimi tempi, non si è fatto alcuno scrupolo a finanziare e aiutare i talebani afghani.
Ecco il pezzo:
In gergo a Kabul li chiamano «Ghost Money», i soldi fantasma: sono i fondi con cui la Cia finanzia il presidente Hamid Karzai, i suoi alleati politici e le milizie locali che li sostengono. L’Agenzia di Langley non ha mai negato i finanziamenti a Kabul ma adesso il «New York Times» parla di «decine di milioni di dollari» che dal 2002 sono state consegnate da inviati americani ai leader afghani giudicati più determinanti per la sopravvivenza del debole governo Karzai.
Per avere un’idea dell’ammontare di denaro dei contribuenti trasformato in «Ghost Money» basta tener presente che Abdul Rashid Dostum, il leader uzbeko di una milizia cruciale per il controllo del Nord, riceve 100 mila dollari al mese e, secondo quanto da lui stesso dichiarato a «Time», nel 2009 pretese di ricevere un anno anticipato per potersi costruire la «casa dei miei sogni».
La definizione «Ghost Money» è di Khalil Roman, ex vicecapo di gabinetto di Karzai dal 2002 al 2005, secondo il quale «si tratta di soldi che arrivano in segreto e vengono distribuiti sempre in segreto» trasformandosi in un fiume di dollari che raggiunge chiunque Karzai ritenga importante per mantenere il controllo dell’Afghanistan. La pratica iniziò come strumento per garantirsi l’alleanza di signori della guerra locali, come Muhammad Qasim Fahim, per combattere i taleban e impedirgli di tornare al potere. A tal fine, ad esempio, venne creata la «forza di combattimento di Kandahar», affidata al fratellastro di Hamid Karzai, Ahmed Wali Karzai, fino alla sua eliminazione nel 2011.
Ma se ora il quotidiano diretto da Jill Abramson svela l’imbarazzante retroscena è perché a Washington qualcuno ha deciso di far venire alla luce un comportamento giudicato più segreto e spericolato perfino dei fondi che Teheran, fino al 2010, faceva giungere a Karzai per un ammontare fra i 2 e 10 milioni di dollari annui.
Furono proprio gli Stati Uniti a svelare i finanziamenti iraniani. Karzai prima li confermò ma poi li perse, a seguito della scelta di formare un patto strategico con Washington osteggiato da Teheran. Vinto quel braccio di ferro con l’Iran sul posizionamento del governo afghano, la Cia ha continuano a pagare alleati, amici e famigliari del presidente afghano senza lasciare alcuna documentazione. Si tratta di una pratica, in aperta violazione delle regole di certificazione delle spese stabilite dal Congresso di Washington, che dura ancora oggi ma è divenuta un problema per l’amministrazione Obama perché alimenta la corruzione. In particolare, indebolisce la transizione della sicurezza agli afghani in vista del ritiro delle truppe combattenti nel 2014 - perché rafforza il reticolo di interessi dei signori della guerra. La tesi delle «gole profonde» che hanno svelato al «New York Times» il traffico di «Ghost Money» è che si tratta di una pratica consolidata, trasformatasi in boomerang per gli Stati Uniti in quanto è fonte di una corruzione a livello locale che continua a estendersi, innescando ogni sorta di traffici illeciti. Ma non è tutto, perché c’è anche un problema che investe la sicurezza nazionale: poiché Karzai non persegue un terzo mandato e il ritiro delle forze internazionali è già iniziato, la presenza di numerose milizie illegali afghane alleate di Washington che ricevono fondi dall’estero pone il rischio che nell’arco di pochi mesi possano cambiare cavallo, accettando i generosi oboli che possono arrivare da chiunque, Iran incluso. Con il risultato di far scivolare l’Afghanistan assai lontano da Washington.
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