Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 30/04/2013, a pag. 21, l'intervista di Fabio Scuto a Shimon Peres dal titolo "Israele-Palestina, pace in un anno. I due Stati sono l'unica soluzione".
Fabio Scuto Shimon Peres
GERUSALEMME— «Il programma nucleare dell’Iran è un pericolo per tutto il mondo, cosa crede mica è un monopolio israeliano?».
Sorride, ma il tono del premio Nobel per la Pace Shimon Peres, l’ultimo dei padri fondatori di Israele del 1948, e oggi capo dello Stato, è molto serio:
«Il mondo non può essere abbandonato così, senza regole».
Peres nella sua lunga vita politica — compirà novanta anni fra tre mesi — ha vissuto sempre da protagonista crisi, guerre, e trattati di pace. Ancora una volta oggi ai confini di Israele si affacciano oscure minacce: l’atomica iraniana e la deriva della guerra civile siriana.
Signor Presidente quanto siamo vicini ad un confronto militare con l’Iran?
«E’ una cosa che è molto difficile da definire. Certamente abbiamo ancora alcuni mesi e nel frattempo anche gli Stati Uniti intendono, insieme ai loro alleati europei, intensificare le sanzioni. Penso che si debba dare agli Stati Uniti la conduzione della questione, ho fiducia in ciò che dice il presidente Obama. Anche i russi si oppongono ad un Iran nucleare e pensano che Teheran non abbia ancora deciso se produrre armi atomiche. Non è solo una questione di uranio arricchito: gli iraniani producono anche missili in grado di portare ogive atomiche. Ho consigliato al Segretario americano della Difesa di “controllare” anche i mezzi di lancio, forse lì è possibile arrivare ad un accordo, per esempio che non producano missili a testata atomica».
Fra gli altri pericoli che Israele corre oggi c’è anche la deriva della crisi siriana e l’arsenale proibito di Assad.
«Ancora una volta non si tratta di una questione israeliana soltanto. Gli arsenali chimici sono un pericolo per gli stessi siriani: Assad non è una minaccia potenziale, è una minaccia reale, ha già ucciso 80mila persone e questa strage preoccupa tutto il mondo, incluso il mondo arabo. Penso che chi deve occuparsi della questione sia la Lega Araba: la Siria è membro della Lega Araba. Secondo me, l’Onu deve incaricare la Lega Araba di formare un governo di transizione, costituire un esercito della Lega con i Caschi Blu, che dovrà agire in nome dell’Onu. Chiunque altro si intromettesse verrebbe tacciato di “intervento straniero”: tutto il mondo deve appoggiare la Lega Araba, che imponga l’ordine in Siria».
C’è anche la paura che le armi chimiche possano cadere nelle mani sbagliate...
«Anche quelle di Assad sono sbagliate ».
Signor Presidente, questo accade nel nord di Israele. A Sud, invece, in Egitto, cosa sta accadendo? Che opinione si è fatto? E’ una primavera araba o un inverno islamico?
«Il nome non ha importanza. Il problema in Medio Oriente è più esistenziale che politico. La fame non è di destra o di sinistra, cristiana o musulmana, la fame è fame. Bisogna dare una risposta alle necessità dell’esistenza, alle cose vere, basilari, urgenti della gente. Ho fiducia nel futuro e penso che la soluzione sia più nelle mani della scienza e della tecnologia che non in
quelle della politica e della strategia ».
E qui signor presidente si muove qualcosa nel processo di pace con i palestinesi? C’è qualcosa che sta succedendo e che noi non capiamo?
I segnali che vediamo non ci fanno essere ottimisti...
«Anche il presidente Obama pensa che sia possibile arrivare alla pace entro un anno. Solo è necessario che vi sia una trattativa per arrivare ad un consenso. La questione è se sia possibile superare i disaccordi o no. La mia risposta è: sì è possibile».
Il premier Netanyahu governerà per i prossimi 4 anni, e così anche il presidente americano. Ciò che pensa Obama è molto chiaro: bisogna fare “cose straordinarie” per un accordo di pace in Medio Oriente. Netanyahu nutre gli stessi sentimenti?
«Netanyahu pubblicamente dice di essere a favore della pace e dei due Stati. Penso che la realtà ci obblighi a arrivare alla pace: non abbiamo
scelta».
Lei conosce molto bene il mondo palestinese. Ha visto passare molti leader: nemici, mezzi nemici, quasi amici. Quella di Abu Mazen è l’ultima generazione di leader con cui sia possibile fare un accordo di pace?
«E’ possibile con quella generazione, ma anche con le nuove. La cosa interessante è che, sia da parte israeliana sia da parte palestinese, la maggioranza è per la pace. Il problema è lo scetticismo che accompagna la maggioranza. Dobbiamo superare lo scetticismo più di ogni altra cosa. I palestinesi sono divisi fra Hamas ed il resto, ma l’Olp è rimasto a favore della pace e contro il terrorismo. Credo che Abu Mazen sia una persona seria, con cui è possibile trattare ed arrivare ad un accordo ».
Che opinione si è fatto delle indagini sulla morte di Yasser Arafat?
«Il presidente non può intromettersi in questioni di vita o di morte: è nelle mani di Dio. Ho condotto trattative con Arafat, per ore e ore, e posso dire una cosa che è vera: senza di lui non avremmo potuto cominciare trattative per la pace, ma con lui non le potevamo finire. Anche questo può succedere nella vita ».
Tra poco lei compie 90 anni, quali sono i suoi programmi per il futuro?
«Lavorare è più godibile che andare in pensione, il potere non mi interessa. Sono stato per 65 anni al governo, con gli incarichi più vari: ministro, primo ministro. Ora sono il presidente, non ho bisogno di apparato, non ho bisogno di dare ordini. Mi rivolgo direttamente alla gente e la risposta è enorme. Continuerò a servire il mio paese: non ha importanza come».
Oggi a Roma vede il nuovo Papa Francesco I e rincontra il presidente Giorgio Napolitano. ...
«Conosco Napolitano e voglio sfruttare questa occasione per esprimere tutta la mia ammirazione e stima nei suoi confronti: penso che sia una persona straordinaria, che rappresenta la saggezza dei nostri giorni; e so che siamo della stessa idea: è necessario il governo della buona volontà e non il governo della forza. Sono convinto che l’Italia troverà con lui le soluzioni di cui ha bisogno».
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