Israele, la terra promessa delle Start Up commento di Fabio Scuto
Testata: La Repubblica Data: 30 aprile 2013 Pagina: 12 Autore: Fabio Scuto Titolo: «Israele, la terra promessa delle start-up tecnologiche. Parte l'offensiva nel 'civile' dopo i trionfi nel militare»
Riportiamo da AFFARI&FINANZA di REPUBBLICA del 29/04/2013, a pag. 12, l'articolo di Fabio Scuto dal titolo " Israele, la terra promessa delle start-up tecnologiche. Parte l'offensiva nel 'civile' dopo i trionfi nel militare".
Per chi fosse interessato ad approfondire l'argomento, consigliamo la lettura del libro Laboratorio Israele di Dan Senor e Saul Singer (ed. Mondadori)
Un popolo di solo 8 milioni di abitanti, in permanente stato di guerra con i suoi vicini e privo di risorse naturali, è diventato il centro propulsore dell'hi-tech, dove investono le principali aziende del mondo. Benvenuti in Israele, la Startup Nation, ne nascono migliaia ogni anno, unico Paese in grado di competere con gli Stati Uniti nello sviluppo di nuove tecnologie. Una spinta che consentito al Paese, in questi anni di recessione, una crescita ec.nomica "soltanto" del 3,5%. Un viaggio nella Startup Nation potrebbe cominciare nei seminari che due volte a settimana 200 studenti delle scuole superiori scelti per le loro capacità frequentano in diversi luoghi del Paese. Ci vanno per sei ore di lezioni extra a settimana per essere ammessi, dopo un'ulteriore selezione, a un corso che viene tenuto dai veterani delle Forze di Difesa israeliane e sotto la supervisione di ufficiali in servizio attivo. Niente armi, niente caserme, bensì sale insonorizzate e computer: questi ragazzi sono l'avanguardia di quelli che il governo israeliano spera siano in futuro i migliori cyberwarrior del mondo. Ma i diplomati a questa scuola superiore non ottengono automaticamente l'ingresso nelle unità informatiche dell'esercito. Devono superare test rigorosi che l'esercito somministra ai richiedenti per i propri corsi di formazione. Alcuni di questi soldati sperano poi dopo il congedo di entrare nel settore high-tech. Non dovrebbe essere difficile. Non solo sono assai ricercati ma ci saranno più aziende tra cui scegliere, private e pubbliche, queste ultime sostenute dal National Cyber Bureau, l'agenzia del governo nata un anno fa che è impegnata a sostenere startup attraverso borse di studio e altre forme di assistenza finanziaria. Aziende israeliane come Check Point Software Technologies sono già giocatori di classe mondiale in sicurezza informatica aziendale. L'Industria della security in ogni sua branca moltiplica i suoi spazi di intervento anche oltre le minacce informatiche alle reti di comunicazioni. Israele è già dentro una cyberwar senza fine. Le sue reti governative sono tra le più fortemente attaccate da ogni parte, con aggressioni quotidiane che superano le decine di migliaia. Durante la guerra di Gaza lo scorso novembre i tecnici informatici civili hanno respinto milioni di tentativi di attacco a siti web governativi israeliani mentre 'caccia israeliani bombardavano llamas. Poi ci sono le migliaia di attacchi giornalieri. «Una guerra invisibile ma che si avverte e si avvertirà sempre di più», dice il premier Benjamin Netanyahu quando parla degli attacchi che anche le reti civili subiscono ogni giorno, dalla El Al alla Banca centrale, alla Borsa, ai sistemi di comunicazione ma che vengono puntualmente bloccati e respinti. Molto di ciò che viene realizzato nell'hi-tech è certamente legato alle aziende della Difesa: basti pensare alla Rafael Advanced Defense Systems che ha "inventato" l'Iron Dome (labatteria antimissile più precisa del mondo), gli aerei senza pilota e che adesso si accinge a mettere sul mercato Protector,labarcasenzamarinai perpattugliare le coste a basso costo che si guida con un joystick dalla terraferma. Microsoft, Apple, Samsung, vengono in Israele a caccia di talenti e per mettere radici. La Sili-con Valley è certamente l'area più fertile al mondo maatallonarlac'è l'israeliana Tel Aviv, che può vantare un sistema di finanziamenti molto sviluppato, una forte cultura imprenditoriale, un ambiente vibrante e tantissimi talenti informatici. Il più alto numero di aziende nella top 100 del Nasdaq dopo quelle americane sono quelle israeliane. In Israele l'anno scorso sono nate oltre duemila start up, in Europa soltanto 700. Emblematica la storia di Ravel-lo, fra le ultime startup nate in Israele. Benny Schnaider e Rami Tamir hanno la testa fra le nuvole, o meglio ancora nel cloud computing, una tecnologia che utilizza Internet o altre reti di gruppi di server che utilizzano pc a basso costo per l'elaborazione dati e che preferiscono averli parcheggiati sulla "nuvola" che memorizzati sul proprio sistema informatico. Ma il processo richiede enormi quantità di lavoro da parte delle imprese stesse per adattarsi alle esigenze della tecnologia. La flessibilità del sistema che è promesso dalle aziende che se ne occupano (Amazon.com, Rackspace e I-1p) è spesso più limitato di quello che viene propagandato. Ravello spera di poter fornire quellaflessibilità con sistemi di trasferimento dal pc alla "nuvola" con un semplice click. Adesso le aziende che desiderano passare le loro applicazioni alla "nuvola" devono adattarsi alla sua tecnologia. Su Amazon i clienti devono adattarsi al sistema operativo Linux, mentre Microsft richiede una tecnologia dal Windows Server. Schnaider e Tamir sono alla loro quarta startup in pochi anni. Una loro iniziativa precedente, Qumranet, una società di virtualizzazione, è stata venduta nel 2008 per 115milionididollari, e al tre sono finite nel portafoglio del-laCysco Systems. Lagrandequantità di capitale che Ravello è stato in grado di attrarre-26 milioni di dollari da partner stranieri, fondi dacapitali di rischio americani, e 1 milione di tasca loro - è indice della grande innovazione nel cloud computing, un settore che i dati della societa di ricerca Usa Gartner stimano che valga quest'anno 9 miliardi di dollari, rispetto ai 6 del 2012.Gartnerprevede unacrescita del settore del 41% fino al 2016, per arrivare a un fatturato di 24 miliardi dollari nel 2016. La Ravello è solo uno dei simboli di una effervescenza creativa che non si ferma certamente solo a questi ambiti. Migliaia di startup nascono ogni anno. Ma ciò che manca in Israele è il dettaglio c la vendita on-line del prodotto. Trasforniare il risultato di una ricerca in un prodotto commerciale è complicato, per questo in Israele c'è un "sistema" ormai rodato che da anni è in grado di individuare queiprodotti,sostenerli insiernea partner strategici (cioè le aziende con i soldi), persone e strutture di marketing in grado fondere l'innovazione con il mercato.
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