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Ugo Volli
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Sentirsi deportato il 25 aprile 28/04/2013
 
Sentirsi deportato il 25 aprile
Commento di Ugo Volli
Cari amici,

 
permettetemi di tornare ancora sul caso del 25 aprile, di cui avete già largamente letto su Informazione Corretta, col commento di Elena Loewenthal dell'altro ieri che raccontava la proibizione dell'Anpi di Roma ai rappresentanti della Brigata Ebraica di portare le insegne e poi di parlare http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=999930&sez=120&id=48913 , con i vostri commenti e notizie http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=48929 , con l'opinione, appassionata come sempre, di Deborah Fait http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=48930. Mi permetto di sfidare la noia con la mia testimonianza, perché questa è una vicenda emblematica, che richiede una riflessione.

Premessa: da sempre partecipo tutti gli anni alla manifestazione del 25 aprile. Considero la liberazione dell'Italia dai nazifascisti non solo la base storica dello stato democratico di cui faccio parte e che servo lealmente come docente; ma anche la premessa della mia personale esistenza.
Se l'Italia non fosse stata liberata, se il regime fascista fosse sopravvissuto come fece il franchismo, non ci sarebbero ebrei in questo paese, per quel che importa, io personalmente non sarei mai nato.
Conoscendo un po' di storia, non mi nascondo che la liberazione è merito soprattutto delle truppe alleate. I partigiani ebbero il merito di salvare l'onore nazionale e crearono certamente difficoltà ai nazifascisti; ma in Italia a differenza della Jugoslavia non ebbero mai la forza di liberare da soli se non piccole zone e per tempi limitati.
Fra le forze alleate ci furono anche i militari regolari italiani del regno del Sud e i volontari della Brigata ebraica. Anch'essi, come gli americani, gli inglesi, i polacchi, le forze coloniali della Francia (marocchini e senegalesi soprattutto) sparsero sangue per la libertà della nostra Italia e meritano onore per questo. Come le forze non piccole dei partigiani cattolici, liberali, azionisti, monarchici, socialisti che erano forse meno numerose dei comunisti ma fecero lo stesso difficile percorso. 

Riassumendo: la liberazione dell'Italia si deve innanzitutto agli alleati, fra i partigiani molti lottavano per il tricolore e non per la rivoluzione. Conseguenza: la festa del 25 aprile dovrebbe essere innanzitutto espressione della nostra gratitudine agli angloamericani e poi una festa di popolo per tutte le forze che si opposero allora al nazifascismo.
Negli anni successivi alla liberazione si costruì una leggende sulla "Resistenza tradita", in quanto non ne seguì la rivoluzione sociale che alcuni speravano. Ma il senso della Resistenza non era quello, almeno certamente non per tutti. E il Pci stesso non forzò in quella direzione: ne sarebbe seguito un colpo di stato di stile ceco (cioè quarant'anni di dittatura e di miseria) o più probabilmente una guerra civile di tipo greco, perché nella divisione dell'Europa concordata a Yalta fra Stalin, Churchill e Roosvelt l'Italia non rientrava nella sfera di dominio sovietica. Invece della polizia segreta e dei gulag avemmo le elezioni, che confermarono sempre una maggioranza anticomunista.
 

Da sempre vado dunque alle manifestazioni del 25 aprile e da quando ho compreso queste cose ci vado col senso di subire una prepotenza e una deformazione storica. Perché il 25 aprile non è o non dovrebbe essere la manifestazione dei "proletari senza rivoluzione", polemici e scontenti, ma la festa del popolo italiano libero e fiero della sua democrazia.
Da parecchi anni ormai sfilo sotto lo striscione della Brigata Ebraica,  organizzato a Milano dalla meritoria associazione degli Amici di Israele, per ricordare la partecipazione alla guerra in Italia di un contingente militare ebraico volontario reclutato nel mandato britannico.
Devo dire che lo faccio con un certo disagio, spinto dal senso del dovere e da un puntiglio, ma sempre vivendo con fatica quella che dovrebbe essere una festa. La ragione è semplice. Invece di essere una situazione in cui insieme a tutti gli altri rendo onore a chi settant'anni fa si sacrificò per la nostra comune libertà, mi trovo ad essere oggetto di contumelie e di minacce - magari con l'approvazione dei soliti "ebrei di sinistra" che hanno una tessera di partito al posto del cuore (se ne dubitate, leggete questo vecchio post di Gad Lerner, che reagisce agli insulti alla Brigata ebraica... chiedendo alla comunità di censurare chi la ricorda senza essere di estrema sinistra: http://www.gadlerner.it/2009/04/25/gli-abusatori-della-brigata-ebraica )

In realtà vi sono anche quelli che a vedere le bandiere bianche e azzurre di Israele e lo striscione della Brigata Ebraica applaudono, e non sono pochi. Ma vi è anche uno stillicidio continuo di insulti, minacce, slogan offensivi. Tanto che per tutta la manifestazione sfiliamo circondati da poliziotti: una fila a destra e una a sinistra, in assetto antisommossa, con scudi, caschi e manganelli; una cordone davanti e uno di dietro, per separarci dal resto della manifestazione; numerosi funzionari che vanno su e giù parlando nervosamente nelle radio portatili. So benissimo che lo fanno per proteggerci e sono grato per questo, a un certo punto facciamo loro anche un applauso di gratitudine; ma che poche decine di ebrei e simpatizzanti debbano procedere in mezzo a una folla più o meno ostile, serrati fra file fitte di uomini in divisa che li isolano dal resto del corteo, fa pensare.
Sembra una deportazione, forse quello che vorrebbero gli estremisti (di sinistra, non di destra) che ci chiamano assassini.

Certo, fra coloro che gridano "assassini" c'è un certo numero di palestinesi; fra le bandiere contrapposte alle nostre vi sono quelle dell'Anp. Si capisce, anche se qualcuno dovrebbe spiegare loro che il loro posto non è in quel corteo. Non solo non vi è stata alcuna presenza araba nella Resistenza italiana, ma le forze organizzare del mondo arabo (e in particolare degli arabi del Mandato Britannico che ancora non si chiamavano Palestinesi) erano schierate con i nazisti.  

In particolare il loro più prestigioso esponente Haj Amin al-Hussein gran Muftì di Gerusalemme, passò la guerra a Berlino, in ottimi rapporti personali con Hitler, fu il responsabile politico di un battaglione di SS musulmane reclutate in Bosnia, collaborò al progetto dei Lager, fece propaganda politica pronazista alla radio diretta ai popoli arabi.
E' un legame che coltivò anche Mussolini e che si estese anche dopo la fine della guerra, fino a oggi. Se avete la pazienza, vi invito a leggere "Propaganda nazista per il mondo arabo" di Jeffrey Herf, pubblicato dalle Edizioni dell'Altana.

Ricordo anche che il Muftì fu fra i  promotori dell'Anp, che aiutò a mettervi a capo il suo nipote Arafat, che il responsabile attuale dell'Olp e dell'Anp, Muhammed Abbas, è autore di libri negazionisti e ci voleva un De Magistris a dargli la cittadinanza onoraria... insomma, per un minimo di correttezza storica, il posto dei palestinesi non era la sfilata della Resistenza, ma piuttosto la festa per il compleanno di Hitler che si è celebrata qualche giorno fa dalle parti di Varese (http://www3.varesenews.it/varese/quattrocento-skinhead-per-il-compleanno-di-hitler-261008.html ).

In effetti i palestinesi o gli arabi al 25 aprile non sono molto numerosi, anzi non si vedono quasi. Li sostituiscono dei volonterosi imbecilli, che pensano opportuno e "di sinistra" travestirsi con kefia e bandiera rosso-verde-nera e gridare slogan più o meno sgangherati come "Palestina libera/Palestina rossa", come se i comunisti nel mondo arabo non fossero stati tutti sterminati da tempo e la scelta non fosse oggi e da tempo solo fra neonazisti laici, cioè dittature militari in tutto e per tutto eredi dei modi e dei temi ideologici nazisti e clericali musulmani neomedievali, antisemiti, nemici delle donne, della libertà, della democrazia.

E' questo l'aspetto inquietante del 25 aprile, che mi rende ogni anno difficile la decisione di partecipare: non la presenza di infiltrati arabi che dal punto di vista storico hanno lo stesso diritto di partecipare delle associazioni di ex combattenti della Rsi o delle SS bosniache.
Ma l'essere messo di fronte all'odio endemico, irresistibile, "più forte di loro" di una parte della sinistra. Diciamola tutta: l'azione dell'Anpi di Roma che ha cercato di rendere "judenrein" libera da tracce ebraiche la manifestazione di Roma non era probabilmente davvero motivata da preoccupazione per le reazioni dei palestinesi presenti. Era probabilmente espressione spontanea di questo spirito di una certa sinistra che non sopporta nella festa che usurpa come "sua" la presenza delle bandiere di Israele (ma neanche di quelle americane, che pure sono la vera insegna della fine del nazismo: http://www.amicidisraele.org/2013/04/sfila-con-la-bandiera-usa-gliela-fanno-ammainare/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=sfila-con-la-bandiera-usa-gliela-fanno-ammainare& ). Perché questa sinistra è semplicemente antisemita, né più né meno. Anche e soprattutto se non se ne rende conto.
 


Ugo Volli 

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