domenica 24 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
27.04.2013 Israele, donne in divisa, nel libro di Shani Boianjiu
Recensione di Elena Loewenthal

Testata: La Stampa
Data: 27 aprile 2013
Pagina: 5
Autore: Elena Loewenthal
Titolo: «Israele, la paura non è sentimento per donne in divisa»

Su TUTTOLIBRI/LASTAMPA di oggi, 27/04/2013, a pg. V, con il titolo "Israele, la paura non è sentimento per donne in divisa", Elena Loewenthal recensisce il romanzo di Shani Boianjiu, pubblicato in Italia da Bompiani, con il titolo "La gente come noi non ha paura"

Alla base di addestramento reclute, Yael deve insegnare a sparare a Boris, il più brocco di tutti, un ragazzo biondo e impacciato con il quale finirà per accoppiarsi sulla sabbia, un po' per scherzo e un po' per noia. Alla base di addestramento reclute, Yael che a diciannove anni e mezzo è ormai istruttrice, deve anche far finta di non vedere i ragazzini palestinesi che s'infiltrano nel campo e rubano pezzi di metallo dalla recinzione, bossoli usati. Lea invece è stata assegnata al checkpoint, polizia militare. La faccenda è molto stancante. Poi un giorno il suo superiore viene aggredito. Giù alla frontiera con l'Egitto Avishag vigila sul confine attraverso un monitor. Ogni tanto succedono delle cose brutte, come quel sudanese rimasto infilzato nel filo spinato: «Nadav dice che i soldati egiziani e noi, quelli israeliani, siamo come due bambini su un molo che aspettano che l'altro si getti in acqua a rivendicare il corpo». Un giorno succede pure un incidente diplomatico: Gali e Avishag salgono sulla torretta di guardia e lassù in cima, una dopo l'altra, si spogliano completamente e restano distese nude, sotto il sole. Dall'altra parte del confine, Samir le intercetta con il binocolo, pensa sia una trappola di quei perfidi di israeliani, fa qualche telefonata e l'incidente diplomatico arriva alle alte sfere. Lea, Avishag, Yaele, ma anche Gali, Emunah e tante altre, sono ragazze israeliane. Alcune di loro vivono in una cittadina del nord, piuttosto squallida: un insieme informe di case venute su in tutta fretta. Come tutte le ragazze israeliane, a diciotto anni partono per il servizio militare. Due anni per loro, tre per i colleghi maschi. Un'iniziazione collettiva da cui non si sfugge, a meno di non essere ebrei ortodossi. Il varco da un mondo all'altro, una lunga vacanza dalla normalità di giovani. «Lea - dissi - Facciamo finta di essere degli ulivi. Facciamo finta di avere vissuto per migliaia di anni ed essere ancora vivi... No - disse - non posso». Shani Boianjui è nata a Gerusalemme nel 1987. E' stata nell'esercito come tutte o quasi le ragazze israeliane, poi è andata a studiare in America. La gente come noi non ha paura è il suo primo romanzo, che la National Book Foundation americana ha giudicato tale da inserirla fra i cinque migliori autori sotto i trentacinque anni. L'ha scritto infatti in inglese, anche se dietro questa lingua emerge tutta la carica gergale e un po' paradossale dell'ebraico così come lo parlano e scrivono i giovani, da militari e non. E questa specie di sdoppiamento linguistico giova al romanzo, gli dà più intensità, accentua l'atmosfera a un tempo surreale e molto vera di tutto quel che succede qui. L'autrice racconta infatti le esperienze di soldatesse e soldati con una originalità davvero notevole, sfuggendo con spirito e talento da ogni luogo comune. Il romanzo ha un lungo respiro di tempo, le segue nel prima dell'adolescenza e nel dopo, mentre entrano nell'età adulta: ma tutto ruota intorno a quei mesi in uniforme. Nessuna astratta aspirazione sociologica, nessuna retorica - né celebrazione né denuncia della condizione militarizzata d'Israele. Quelle che si trovano qui sono ragazze vere, spesso simpatiche e mai prive di un certo senso dell'umorismo. Vivono dentro l'esercito ciascuna a suo modo, fra conformismi e piccole trasgressioni. Guardano il mondo con gli occhi bene aperti, affrontano momenti drammatici. C'è sempre un po' di morte che stagna, fra un fratello che si uccide e un commilitone che finisce accoltellato. E la guerra. Ma loro non si perdono d'animo. Magari hanno paura, anche se il titolo dice di no. Però non stanno quasi mai con le mani in mano, e si parlano molto fra di loro. Shani Boianjiu è davvero brava. Ha scritto un libro ch'era molto difficile da scrivere, quasi scabroso. L'ha fatto in modo più che convincente: queste sue ragazze sono personaggi efficaci, ma non semplici ritratti della realtà. Sono personaggi letterari efficaci e appassionanti, che significa bendi più.

Per inviare alla Stampa/Tuttolibri la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT