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La Stampa Rassegna Stampa
26.04.2013 La storia degli ebrei di S. Nicandro, Puglia
Umberto Gentiloni recensisce il libro di John Davis

Testata: La Stampa
Data: 26 aprile 2013
Pagina: 31
Autore: Umberto Gentiloni
Titolo: «Sapessi com’è strano sentirsi ebrei sul Gargano»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 26/04/2013, a pag. 31, l'articolo di Umberto Gentiloni dal titolo "Sapessi com’è strano sentirsi ebrei sul Gargano".


 John A. Davi,s Gli ebrei di San Nicandro (traduzione di Rosanella Volponi, Giuntina, pp. 259, € 15)

Una storia che ha dell’incredibile quella degli ebrei di San Nicandro. Si svolge in un paese di oltre sedicimila anime appollaiato sul ciglio nord-occidentale del promontorio del Gargano in un tempo che abbraccia due decenni del secolo scorso, a partire dallo scorcio finale degli anni Venti. Tutto ha inizio quando Donato Manduzio - classe 1885, reduce e invalido della Grande guerra - si fa promotore di una conversione collettiva alla religione ebraica; un sogno, una visione lo avrebbero sospinto verso un nuovo progetto di vita: radicare l’ebraismo nella sua terra d’origine. Un inedito cammino di fede che non ha precedenti, tantomeno nel profondo Sud dell’Italia contadina e analfabeta. La vicenda si snoda su diversi piani e nello spazio di qualche anno riesce a spingersi ben al di là del perimetro del piccolo recinto pugliese. I seguaci di Manduzio, circa ottanta aspiranti ebrei, verranno riconosciuti dall’ebraismo italiano prima di prendere la via dell’emigrazione verso il nuovo Stato d’Israele. Ma la vicenda è ricca di colpi di scena e protagonisti inattesi: le opposizioni del fascismo e della Chiesa cattolica, le richieste di accettazione rivolte alle autorità della comunità ebraica di Roma, i carteggi tra i potenziali controllori dell’itinerario delle famiglie di San Nicandro, l’avvio delle procedure per la definitiva emigrazione in Medio Oriente. Se ne sa poco nel corso della seconda metà del ’900. Le prime tracce compaiono sul Time del settembre 1947 interessato dalla curiosa storia di un’insolita conversione alla religione ebraica nel teatro di una remota e sconosciuta località dell’Italia meridionale. Negli anni 50 i primi studi pionieristici (Giovanni Russo, Elena Cassin), in un quadro incerto e lacunoso, talvolta segnato da ipotesi fantasiose che privilegiano il lato oscuro di congetture magiche o esoteriche. Adesso il libro di John A. Davis Gli ebrei di San Nicandro (traduzione di Rosanella Volponi, Giuntina, pp. 259, € 15) ha il pregio di riannodare una serie di fili verificando ipotesi e fonti con la lente e gli strumenti del metodo storico. Inglese, fine studioso del Mezzogiorno pre-unitario e del nostro Risorgimento, Davis insegna presso l’Università del Connecticut da oltre venti anni. Si era casualmente imbattuto nella storia delle famiglie di San Nicandro, «un prisma straordinario dal quale osservare le trasformazioni di un segmento dell’Italia contadina». Il volume segue un asse principale che contiene varie aperture in grado di arricchirlo e definirlo in corso d’opera. La prima Bibbia in italiano giunge nelle mani di Manduzio da un emigrante di ritorno, compaesano pentecostale. Il nuovo gruppo di contadini analfabeti futuri «intellettuali di campagna» cerca una redenzione, vuole cambiare le proprie condizioni di vita, sente che la povertà che li circonda non può essere considerata un dato incontrovertibile. Una religione lontana poteva indicare un cammino, un’ipotesi coinvolgente. Manduzio scopre l’esistenza di altri ebrei (li credeva tutti morti da tempo) a seguito del racconto di un ambulante messaggero di notizie che dal mondo esterno irrompono nel piccolo entroterra rurale. Si propone di diventare la guida di una micro comunità partendo dalla capacità di conversare, trasmettere e tramandare tradizioni popolari. Anche la tempistica è a dir poco singolare: una richiesta di adesione quando gli ebrei diventano bersaglio di persecuzioni e discriminazioni in mezza Europa. Davis valica il confine tra San Nicandro e altri contesti, s’immerge nel quadro della seconda guerra mondiale e nell’incontro tra mondi separati: l’emigrazione di ritorno, un tessuto di religiosità diffusa e inquieta che si muove nel profondo della società italiana di allora, il Sud di Carlo Levi, il contatto con l’VIII Armata dell’esercito alleato e con i soldati ebrei che ne facevano parte, il ruolo di Enzo Sereni e delle organizzazioni sioniste, la liberazione di Roma e l’accettazione dei sannicandresi come ebrei autentici. I maschi vennero circoncisi nel 1946 dal chirurgo Arnardo Ascarelli; sembra chiudersi il capitolo di una piccola storia che avrà il suo epilogo nel novembre 1949 con la partenza verso lo Stato d’Israele. Manduzio era morto l’anno prima. Eric J. Hobsbawm era andato a San Nicandro nel 1957 incuriosito dalle voci lontane su quel lembo di Puglia. Tra i suoi ultimi scritti ha consegnato alla London Review of Book s (3 febbraio 2011) parole emblematiche: «John Davis non solo ha salvato gli ebrei di San Nicandro da oltre mezzo secolo di oblio, ma li ha usati per illuminare la straordinaria storia dell’Europa nel Novecento».

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