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Il Foglio Rassegna Stampa
26.04.2013 Boston: i due terroristi programmavano anche un attentato a New York
quali errori ha commesso l'FBI? Commento di Mattia Ferraresi

Testata: Il Foglio
Data: 26 aprile 2013
Pagina: 1
Autore: Mattia Ferraresi
Titolo: «Intelligence failure»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 26/04/2013, a pag. 1-4, l'articolo di Mattia Ferraresi dal titolo "  Intelligence failure".
Ma le 'anime belle' non li avevano classificati come 'cani sciolti' ?


Mattia Ferraresi, i due terroristi prima dell'attentato

New York. Quando Vladimir Putin dice che l’attentato di Boston realizzato dai fratelli Tsarnaev dovrebbe spingere Russia e America a collaborare in modo più stretto per “sventare minacce comuni, come il terrorismo”, manda un messaggio politico diretto al mercato interno, e indirettamente evoca le manchevolezze di Washington nel controllo di Tamerlan, il maggiore dei fratelli di origine cecena che hanno fatto esplodere due bombe all’arrivo della maratona. Nel paese che aveva accolto la sua famiglia dopo un lungo peregrinare, Tamerlan ha scoperto il fascino oscuro del jihad, si è radicalizzato, ha convinto la madre secolarizzata a tornare a costumi più islamici e in rete ha imparato come si diventa un terrorista.
Il fratello Dzhokhar, catturato venerdì scorso, ha detto agli investigatori che l’obiettivo finale era un attacco a Times Square. Non c’era un piano preciso, ma l’aspirazione era quella. Sono variazioni su un canovaccio che gli apparati di sicurezza americani conoscono a menadito. E infatti il terrorista ucciso in uno scontro a fuoco con la polizia aveva ricevuto le attenzioni dell’Fbi. Il suo nome compariva in due liste di elementi sospetti, e la segnalazione era arrivata, nel marzo 2011, dai servizi segreti russi. I federali hanno fatto una radiografia della vita di Tsarnaev, lo hanno interrogato, hanno cercato legami con gli ambienti terroristici, ma non hanno trovato elementi decisivi per proseguire nell’inchiesta. Sei mesi dopo, nel settembre del 2011, i russi, evidentemente insoddisfatti delle indagini, hanno contattato per la seconda volta la controparte americana a proposito di Tamerlan.
La chiamata, questa volta, è arrivata alla Cia, ma le informazioni di Mosca sul sospetto erano le stesse fornite agli agenti federali. Parlavano di un uomo che “potrebbe essere di vostro interesse”, hanno specificato la dizione corretta delle generalità in cirillico, allegando una possibile traslitterazione latina del suo cognome diversa da quella dei documenti americani, per evitare che un refuso rendesse irreperibile il sospetto nel database che contiene 750 mila nomi. Essendo Tsarnaev un cittadino americano, la Cia ha passato la segnalazione alle agenzie che si occupano di affari interni, compresa l’Fbi, che aveva già valutato il caso senza trovare nulla. E’ a questo punto che da Washington parte la richiesta all’intelligence di Mosca di dettagliare il motivo di tanta insistenza. Dalla Russia parlano soltanto di una “potenziale minaccia alla sicurezza” e per tre volte non rispondono alla richiesta di fornire informazioni più circostanziate. L’indagine finisce in un vicolo cieco.
Tsarnaev è nel radar dell’intelligence, ma non ci sono prove per sottoporlo ad altri controlli, per scavare più a fondo nella vita di questo immigrato di origine cecena che corrisponde all’identikit di milioni di americani naturalizzati. A maggior ragione non ci sono prove per includerlo nella “no fly list” e non è ancora chiaro se l’America fosse al corrente del viaggio di sei mesi in Russia in cui potrebbe essere nascosto un legame più esplicito con il terrorismo internazionale. Il segretario della Sicurezza nazionale, Janet Napolitano, dice che l’America aveva tutto sotto controllo, ma diverse fonti dell’intelligence spiegano che è stata una confusione nella scrittura del nome a proteggere Tsarnaev da ulteriori controlli. Questa seconda versione non farebbe che aumentare l’imbarazzo di un apparato di intelligence già sotto pressione per non essere riuscito a fermare un aspirante terrorista inserito nella lista ufficiale dei sospetti.
Non si conosce ancora la gravità dell’“intelligence failure” che ha permesso ai fratelli Tsarnaev di infilarsi fra le maglie della rete di sicurezza americana, ma negli ambienti dell’intelligence è partita una guerra civile per scaricare le responsabilità. Le tensioni fra la Cia e le agenzie federali interne, del resto, fanno parte di un genere antico. Le falle nella sicurezza americana non possono non ricordare l’attacco al consolato di Bengasi in cui l’mbasciatore Chris Stevens e altri tre americani sono rimasti uccisi. Anche in quel caso un cortocircuito di informazioni all’interno dell’apparato di sicurezza ha contribuito a peggiorare lo scenario. E il caso di Boston coinvolge anche l’intelligence russa, con la quale dopo l’attentato l’America ha avuto pochi e tesissimi contatti.

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