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La Stampa - Il Giornale - L'Unità Rassegna Stampa
25.04.2013 Siria: continuano i bombardamenti. Hezbollah in aiuto di Assad
cronache di Giordano Stabile, Gian Micalessin, Umberto De Giovannangeli

Testata:La Stampa - Il Giornale - L'Unità
Autore: Giordano Stabile - Gian Micalessin - Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Quei 500 jihadisti europei pronti a farci guerra in casa - La guerra coinvolge il Libano: Hezbollah aiuta Assad»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 25/04/2013, a pag. 14, l'articolo di Giordano Stabile dal titolo "  Battaglia ad Aleppo. Distrutto il minareto protetto dall’Unesco". Dal GIORNALE, a pag. 16, l'articolo di Gian Micalessin dal titolo " Quei 500 jihadisti europei pronti a farci guerra in casa ". Dall'UNITA', a pag. 15, l'articolo di Umberto De Giovannangeli dal titolo "La guerra coinvolge il Libano: Hezbollah aiuta Assad".
Ecco i pezzi:

La STAMPA - Giordano Stabile : " Battaglia ad Aleppo. Distrutto il minareto protetto dall’Unesco "


Aleppo, prima e dopo i bombardamenti

Un cumulo di macerie polverose è quel che resta dell’antico minareto della Grande Moschea di Aleppo, uno dei capolavori dell’arte islamica. È l’ultima follia della feroce guerra civile che sta demolendo pezzo dopo pezzo uno dei Paesi con il più vasto patrimonio artistico al mondo. Nulla, rispetto a ciascuno dei 7837 bambini rimasti uccisi in due anni di guerra, secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio siriano per i diritti umani. Il minareto, del 1090, era incluso nella lista dell’Unesco assieme al complesso degli Ommayyadi della città vecchia: potrà un giorno essere ricostruito identico, come il campanile di San Marco. Le vite no.

Con lo stesso copione che si ripete per ogni strage, le accuse si incrociano. Gli insorti, che si sono asserragliati nel cortile della moschea, protetti dalle spesse mura in pietra, sostengono che è stato un colpo di cannone di un tank. L’agenzia di Stato «Sana» dice che i jihadisti di Jabhat al Nusra l’hanno fatto saltare con l’esplosivo. Il motivo resta inspiegabile. Come anche il rapimento e la liberazione dei due vescovi delle chiese siro e greca ortodossa, Gregorious Yohanna Ibrahim e Paul Yazigi. L’Esercito libero siriano (Esl) rivendica di averli sottratti ieri dalle grinfie dei governativi; per Damasco erano stati sequestrati da una banda di ceceni giunti a dar man forte allo stesso Jabhat al Nusra, la potente brigata islamista apparentata ad Al Qaeda.

Il regime punta il dito contro le ingerenze dei Paesi confinanti, che sostengono l’estremismo «takfirista», volto cioè a estirpare tutte le correnti dell’islam non sunnite, come appunto quella alawita a cui appartiene il presidente Bashar al Assad. Che il campo di battaglia siriano sia ormai internazionale non è più un mistero. La scorsa settimana gli sciiti libanesi di Hezbollah hanno ammesso di aver inviato combattenti oltre il confine. Ieri è arrivato un rapporto del coordinatore dell’antiterrorismo Ue, Gilles de Kerchove, che stima in circa cinquecento i jihadisti europei che combattono in Siria, la maggior parte provenienti da «Gran Bretagna, Belgio e Francia». Non tutti sono «radicali» quando entrano, ma lì si addestrano e «potrebbero essere una seria minaccia quando rientrano».

La guerra per procura prende contorni sempre più precisi. Le potenze sunnite mandano armi, soldi e canalizzano i volontari. Gli alleati sciiti di Assad mandano istruttori (l’Iran) e colonne di combattenti di provata esperienza (gli Hezbollah libanesi). Il raiss risparmia le forze migliori regolari per le battaglie nelle grandi città. Nelle campagne sunnite, che non riesce a controllare, ha cambiato strategia. Ritira l’esercito, lascia che gli insorti si disperdano, li contrasta con le milizie e la Forza nazionale di difesa (Nfd), paramilitari molto più motivati perché combattono vicino casa, quasi tutti alawiti.

L’esperimento è in corso attorno alla cittadina strategica di Al Qusayr, a trenta chilometri da Homs, nodo di comunicazione fra Damasco, Aleppo e il Libano. L’esercito si è prima ritirato dal confine e ha lasciato libero il campo a Hezbollah e milizie, poi è tornato con l’artiglieria pesante per appoggiarle. Gli insorti si sono trincerati nella città e sulle alture. Se cade Al Qusayr e le colline che la circondano per Homs è finita. Al Nusra guida la resistenza e minaccia: «o gli Hezbollah tornano in Libano o Beirut finirà in fiamme».

Il GIORNALE - Gian Micalessin : " Quei 500 jihadisti europei pronti a farci guerra in casa "

La Siria e l'Europa, ovvero la tragedia e la follia. Il più crudele dramma mediorientale è anche il termometro della schizofrenia di un'Unione Europea che dopo aver portato al disastro economi­co alcuni dei propri Paesi minac­cia ora di favorire l'infiltrazione di cellule jihadiste nel vecchio Continente. L'intervista in cui Gilles de Kerchove, coordinato­re delle politiche antiterroristi­che della Ue, denuncia la presen­za­tra le fila dei ribelli siriani di al­meno 500 combattenti prove­nienti dall'Europa è l'ennesimo sintomo di questa follia. «Non tutti sono su posizioni radicali quando partono, ma molto spes­so lo diventano durante l'adde­stramento sul posto… questo può comportare una seria mi­naccia quando ritornano », spie­ga Kerchove. Le parole segnala­no l'evidente rischio per molti Pa­esi, Italia compresa, di ritrovarsi in casa delle cellule di Al Qaida.
La storia non è nuova. La pri­ma metamorfosi di questo tipo ri­sale agli anni Novanta quando gli emigrati musulmani presenti in Europa incominciano a fre­qu­entare i fronti delle guerre bal­caniche convertendosi alla mili­tanza integralista. Grazie a quei veterani jihadisti la moschea mi­lanese di via Jenner diventa un punto di riferimento per Al Qai­da. Lo stesso dicasi per la mo­schea londinese di Finnsbury Park, frequentata da uno dei di­rottatori dell'11 settembre e da Richard Zeid, l'aspirante kamika­ze con l'esplosivo nelle scarpe de­ciso ad abbattere un volo per New York. Ma l'Europa l'ha già di­menticato. Mentre De Kerchove lancia quell'allarme, Londra e Parigi premono per non rinnova­re l'embargo sulle armi in sca­de­nza a fine maggio e poter rifor­nire le fazioni anti Assad. L'entu­siasmo franco-britannico per la causa ribelle in Siria appare grot­tesco alla luce del rapporto sulla componente europea dell'inter­nazionale jihadista pubblicato dal King's College of London. Se­condo lo studio il nocciolo duro del corpo di spedizione europeo arriva dalla Gran Bretagna, con una presenza oscillante dai 28 ai 134 combattenti, e dalla Francia con un nucleo di circa 30/90 mili­tanti. L’autolesionismo dell'Eu­ropa è confermata dalla decisio­ne, votata lunedì scorso dai mini­stri degli Esteri dei 27, di cancella­re l'embargo sul greggio siriano. Approvato a settembre 2011 per impedire a Bashar Assad di sfrut­tare i 380­mila barili al giorno pro­dotti dai suoi pozzi, fu particolar­mente doloroso per il nostro Pae­se. L'Italia già privata del 23 per cento delle importazioni assicu­rato da Tripoli dovette rinuncia­re anche al 3,2 per cento garanti­to dalle forniture siriane.
Rallegrata dalle notizie secon­do cui i pozzi di Deir Ezzor, Ha­saka e Raqqa, i tre principali cen­tri di produzione del greggio si­riano, sono ora sotto il controllo dei ribelli, l'Europa ha votato lu­nedì la cancellazione dell'em­bargo. Dietro il voto c'è la convin­zione che i rib­elli possano finan­ziarsi vendendo autonomamen­te quel petrolio. I machiavellici ministri degli Esteri europei, tra cui il nostro Mario Monti, sem­brano però trascurare un picco­lo particolare. I pozzi di Deir Ez­zor, Hasaka e Raqqa non sono nelle mani di un gruppo ribelle laico e filoeuropeo, ma di Jabhat Al Nusra, la formazione qaidista - responsabile tra l'altro del re­cente rapimento di quattro gior­nalisti italiani- che auspica la cre­azione di un Califfato siriano. Chi non crede nelle sviste e cono­sce i rapporti tra la Francia- por­tabandiera dell'intervento euro­peo in Siria­ e il Qatar, principale finanziatore delle milizie ribelli d'ispirazioni jihadista, ha subito ricordato l'analogo episodio del­la guerra a Gheddafi. Allora le fa­zioni ribelli di Bengasi decisero di commercializzare il greggio della Cirenaica attraverso il Qa­tar. E la Francia subito approvò. Due anni dopo Francia e Qatar sembrano pronti a seguire la stessa strada. E l'Europa a resta­re, anche stavolta, a guardare.

L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli : " La guerra coinvolge il Libano: Hezbollah aiuta Assad "


Hassan Nasrallah con Bashar al Assad e Mahmoud Ahmadinejad (foto d'archivio)

La devastante guerra civile in Siria continua a trascinare sempre di più il Libano verso il conflitto. Il Fronte al Nusra, la formazione jihadista che ha rivendicato di ispirarsi ad Al Qaeda, ha lanciato un aconito al presidente libanese Michel Suleiman: «Prenda immediate misure per impedire a Hezbollah di interferire negli affari interni della Siria, o nelle prossime 24 ore Beirut sarà in fiamme», recita un comunicato del gruppo pubblicato su alcuni siti jihadisti. Hezbollah è alleato dell'Iran e del presidente siriano Bashar al-Assad e combatte a fianco delle forze governative contro i ribelli anti-regime. Rappresentanti del movimento politico - militare libanese ammettono di essere impegnati nella guerra in Siria, ma affermano che i miliziani si trovano nella regione di Horns «per proteggere i libanesi della zona frontaliera».
SCONTRO SUNNITI-SCIITI
Nei mesi scorsi, il leader sciita libanese Hasan Nasrallah aveva pubblicamente ammesso la presenza di combattenti del Partito di Dio a ridosso della frontiera tra i due Paesi. Da mesi, ma in particolare da settimane, Hezbollah ha intensificato la sua presenza nella regione siriana di Qusayr, a sud-ovest di Horns, e si scontra con gli insorti anti-Assad. Intanto dall'Iran il capo della Commissione sicurezza nazionale e politica estera del parlamento, Alaeddin Boroujerdi, ha messo in guardia Israele dall'intervenire «di nuovo» in Siria, altrimenti si scatenerà una guerra a livello regionale. «Siamo sicuri che il regime sionista non agirà di nuovo nella regione», ha premesso Boroujerdi come riferisce l'agenzia semi-ufficiale iraniana Fars. «Ma - ha aggiunto - se lo facesse la guerra non sarà limitata alla Siria». Il riferimento è all'implicita conferma, giunta nei giorni scorsi da Israele, di un proprio ruolo nell'esplosione avvenuta a fine gennaio a Damasco stata annientata una fornitura di missili anti-aerei russi destinata a Hezbollah come una sorta di ricompensa per il suo ruolo in Siria. Il ruolo attivo degli Hezbollah è sempre più palese e desta l'opposizione degli ambienti sciiti radicali. Due predicatori sunniti, Ahmad al-Asir (Sidone) e Salem Rafei (Tripoli), hanno fatto appello ai loro seguaci affinché intraprendano un «jihad» (guerra santa) in difesa dei correligionari nninacciati in Siria dagli sciiti.
GIALLO
I due vescovi ortodossi rapiti due giorni fa in Siria sono statii rilasciati. Lo annuncia un comandantte dell'Esercito libero (Est) siriano, affermando che i due religiosi, Youhanma Ibrahim e Boulos al-Yaziji, erano stati sequestrati da «forze fedeli al presidente Bashar Al Assad». Lo riferisce l'agenzia turca Anadolu. La notizia del rilascio dei due vescovi ortodossi per il momento non ha avuto altre conferme. Il vice capo di Stato maggiore dell'Est, Fatih Hassun, ha detto all'Anadolu che i due vescovi si troverebbero in una chiesa, senza altre precisazioni. Trova invece conferma dall'agenzia di Stato siriana Sana la notizia della distruzione dell'antico minareto della Grande Moschea di Aleppo, raso al suo- lo come mostrano alcuni video pubblicati in rete da attivisti della città nel nord del Paese. Il minareto, finito di costruire nel 1090, era sopravvissuto alle distruzioni del 13esimo secolo d.C. Distruzione che segue un altro disastro simile, verificatosi nella città meridionale di Daraa, dove il minareto della storica Moschea di Omari, edificata nel settimo secolo, è andata distrutta poco più di una settimana fa. Alla vicenda dei vescovi rapiti ha fatto riferimento ieri il Papa, al termine dell'udienza generale in Piazza San Pietro, lanciando un appello per la loro liberazione e per la pace in Siria. «Rinnovo il presente invito, che ho rivolto nel giorno di Pasqua, affinché cessi lo spargimento di sangue, si presti la necessaria assistenza umanitaria alla popolazione e si trovi quanto prima una soluzione politica alla crisi», un passaggio dell'appello di Papa Francesco. Intanto, l'Osservatorio nazionale siriano per i diritti umani (Ondus) ha diffuso un altro triste conteggio: più di 7.837 bambini sono stati uccisi in Siria dall'inizio del conflitto fino al 6 aprile scorso. Secondo il Centro di documentazioni delle violazioni in Siria (Vdc), invece, i bimbi massacrati sono stati 6.190.

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