Siria: necessario intervenire contro Assad e contro al Qaeda i massacri continuano. Commenti di Daniele Raineri, editoriale del Foglio
Testata: Il Foglio Data: 23 aprile 2013 Pagina: 3 Autore: Editoriale del Foglio - Daniele Raineri Titolo: «Intervenire a Damasco - Assad prova la rimonta militare a colpi di milizie e massacri»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 23/04/2013, a pag. 3, l'editoriale dal titolo " Intervenire a Damasco", in prima pagina, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo " Assad prova la rimonta militare a colpi di milizie e massacri". Ecco i pezzi:
Editoriale - " Intervenire a Damasco"
Bashar al Assad
Sulla Siria siamo ostaggi di un pensiero circolare, che procede in quattro punti. Punto uno: non aiutiamo i siriani in guerra contro il governo di Assad perché temiamo di aiutare anche i gruppi estremisti che stanno con al Qaida. Punto due: senza un aiuto concreto dall’esterno, i siriani non reggono l’urto con la repressione militare ordinata dal governo di Assad. Punto tre: i siriani massacrati a migliaia corrono davvero ad abbracciare i gruppi estremisti che stanno con al Qaida. Punto quattro, e a capo: non aiutiamo i siriani in guerra contro il governo di Assad perché temiamo di aiutare anche i gruppi estremisti che stanno con al Qaida. E così via. La repressione militare continua. Il numero dei morti cresce. I gruppi estremisti diventano sempre più forti e stanno prendendo il comando delle operazioni contro l’esercito. E noi? Punto uno, due, tre e quattro. Ieri è arrivata la notizia del rapimento di due vescovi ortodossi dalla città di Aleppo, erano appena tornati dalla Turchia. Non è ancora possibile attribuire una responsabilità precisa (si parla di “un gruppo armato”) ma è vero che la ribellione siriana cominciata con aspirazioni libertarie e democratiche ora si è mescolata alle bande di al Qaida, le stesse che nel nord del confinante Iraq hanno compiuto un’efferata operazione di persecuzione religiosa contro la comunità cristiana più antica del medio oriente. Non soltanto l’occidente ha perso il suo potere di persuasione con il governo di Assad, lo sta perdendo anche con l’opposizione – ieri il capo, Moaz al Khatib, si è dimesso per protesta contro l’inerzia internazionale. Il sistema è in stallo, cambia soltanto il bilancio mensile delle vittime in aumento costante. Il vicino a sud, Israele, non sta con Assad – alleato con Hezbollah e con l’Iran – e non vuole aiutare i ribelli, ma comincia a parlare di una zona cuscinetto al confine con la Siria da affidare a ribelli non estremisti. Il non-intervento scelto dalla comunità internazionale sta peggiorando le cose e i blandi aiuti di adesso – scatoloni di razioni alimentari e giubbotti antiproiettile – non bastano. In soli due anni, il partito Baath siriano sta eguagliando le atrocità commesse dal Baath iracheno di Saddam Hussein. E’ arrivato il momento di fargli fare la stessa fine.
Daniele Raineri - " Assad prova la rimonta militare a colpi di milizie e massacri"
Daniele Raineri Hezbollah
Roma. I soldati della “resistenza anti israeliana” libanese, Hezbollah, entrano in massa in Siria per aiutare il loro alleato storico, il presidente Bashar el Assad. Secondo fonti siriane, i libanesi sono “migliaia, fino a quindicimila” e si comportano come se fossero una divisione dell’esercito di Damasco. Sono “le truppe d’élite di Hezbollah”, hanno ripreso il controllo di otto villaggi vicino al confine ovest e si ammassano attorno alla città di Qusair, che è la roccaforte più importante dell’opposizione nel centro del paese. E’ un pezzo di territorio strategico: è vicino al Libano da cui passano uomini e aiuti di contrabbando ai ribelli – e infatti gli elicotteri e i jet siriani bombardano la rotta dei rifornimenti anche dall’altro lato del confine – ed è a metà strada tra la capitale Damasco e le zone della costa ancora saldamente in mano al governo. Assad non ha intenzione di cedere quell’incrocio geografico così necessario al suo futuro e lascia che se ne occupino soprattutto gli alleati libanesi, più affidabili e più motivati (spietati) dell’esercito regolare fatto di coscritti. I ribelli siriani rispondono alla guerra di Hezbollah bombardando a casaccio con razzi e mortai oltreconfine, minacciano di portare i combattimenti in Libano – ma poi chiedono una tregua (ieri) – e lanciano su Internet una richiesta d’aiuto perché temono un “massacro” di sunniti: “Le forze del regime, appoggiate da migliaia di milizie hezbollah con armi pesanti, stanno per irrompere a Qusair per compiere un nuovo massacro. Gli hezbollah hanno passamontagna neri, fucili dotati di silenziatore, visori notturni e jeep Range Rover, terrorizzano la popolazione urlando minacce e slogan religiosi sciiti come ‘Tutto per te, Ali’ e ‘Siamo al tuo servizio, Ali’. Sono troppi per poterli contare, la stima è di diverse migliaia. Gli aerei del regime bombardano i villaggi vicini com bombe e missili – segue lista di sei villaggi in arabo – poi arrivano le squadre di hezbollah e del regime che radono al suolo le case e gli altri edifici in una vasta campagna di pulizia etnica pensata per far fuggire la popolazione rimasta… Uomini del Partito nazionalista siriano stanno aiutando a rimuovere i corpi delle vittime dei massacri già compiuti nei villaggi vicini, per spostarli in Libano e coprire i crimini contro l’umanità del regime”. Questa operazione militare del movimento libanese coordinata con l’esercito di Assad arriva due settimane dopo una visita segreta in Iran del leader Hassan Nasrallah – non esce quasi mai dal paese, ieri il sito amico al ‘Ahd ha pubblicato una foto a Teheran datata 15 aprile. Nasrallah ha incontrato generali iraniani che gli avrebbero assicurato di essere pronti a mandare in Siria “migliaia di soldati” per aiutare Assad (Israele per ora sta a osservare: la Giordania ha concesso ai droni armati israeliani due corridoi aerei per sorvolare la Siria, rivela il Figaro).
I droni israeliani
Il governo siriano sta riorganizzando le forze. Non può contare sull’esercito perché è affidabile soltanto per un terzo, il resto è a rischio diserzione e come una coperta troppo corta se combatte i ribelli in un’area ne lascia scoperta un’altra. Per questo, secondo un’informata corrispondenza Reuters di due giorni fa, ora fa affidamento sulle Forze di difesa nazionale: volontari organizzati su base locale, senza la mescolanza di fedi religiose (alawiti e cristiani assieme a musulmani sunniti) che diluisce e rende deboli i reparti militari. I miliziani sono motivati dal combattere in casa propria, dalla paga (attorno ai 150 dollari al mese) e dal diritto a spartirsi il bottino di guerra quando occupano zone dei ribelli. Con questa nuova organizzazione per milizie (gli hezbollah libanesi e i volontari su base locale) il governo sta rioccupando aree che erano controllate dai ribelli. La rimonta militare è catastrofica per i civili (vedi editoriale a pag. 3). Domenica il bilancio quotidiano delle vittime ha superato la quota di cinquecento morti a causa del massacro di centinaia di persone denunciato nell’area di Artouz a sud di Damasco, lasciata sguarnita dai ribelli.
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