IC7 - Il commento di Giacomo Kahn Dal 14/04/2013 al 20/04/2013
Testata: Informazione Corretta Data: 22 aprile 2013 Pagina: 1 Autore: Giacomo Kahn Titolo: «Il commento di Giacomo Kahn»
Il commento di Giacomo Kahn
Giacomo Kahn, direttore di Shalom e Shalom7
La settimana appena trascorsa è stata talmente piena di vicende sia nazionali che internazionali da rendere il commento facile per certi versi e complesso per altri. Se ci fermassimo a valutare le vicende politiche italiane lo sconforto avrebbe il sopravvento. Mai la Repubblica italiana ha vissuto uno scollamento di tale portata e di tale devastante spaccatura tra la classe politica e la società civile, un divario che alcuni alimentano per opacità e per assoluta incapacità di far prevalere il senso comune sugli obiettivi di parte. Altri che alimentano richiamando ad una giustizia o quanto meno ad una democrazia della piazza che puzza di populismo, di giustizialismo e di ‘chiamate alle armi’, anche riproponendo l’antico richiamo della ‘marcia su Roma’. Su queste macerie della democrazia italiana sopravvive – oltre le sue stesse forze e a discapito dell’età – un Presidente della Repubblica come Giorgio Napolitano che per dirittura morale, per lucidità del pensiero, per la capacità di incarnare il senso del dovere e del sacrificio, si offre oggi come ultimo baluardo alla disgregazione economica, politica e dell’immagine dell’Italia. Qui, in questa sede, merita di ricordare che più volte Napolitano si è espresso con assoluta chiarezza denunciando ogni scivolamento politico contro Israele, affermando a chiare lettere il suo diritto a difendersi e indicando nell’antisionismo la nuova e moderna forma dell’antisemitismo. Una vicinanza ad Israele – la cui storia di rinascita si intreccia con il Risorgimento dell’Italia - che Napolitano ha ribadito nel messaggio augurale inviato a Shimon Peres in occasione del 65° anniversario della fondazione dello Stato ebraico. Anche questa ricorrenza ha trovato ampio spazio nelle cronache e nei resoconti, come molta più attenzione è stata data dalla stampa alla strage avvenuta alla Maratona di Boston. Un evento drammatico che pone però sempre la stessa questione sul modo di rappresentare gli eventi e le vicende del mondo, da parte dei mezzi di informazione. Pagine e pagine di racconti, di foto, di analisi e retroscena su tre morti e 130 feriti colpiti mentre assistevano ad un evento sportivo e nulla sulle decine e decine, addirittura centinaia di morti che nelle stesse ore cadevano in Siria o sotto le macerie del terremoto che ha colpito l’Iran. Che per i giornalisti e forse anche per l’opinione pubblica, i morti non siano tutti uguali, è un dato di fatto. Ma non si può solidarizzare e piangere per il povero piccolo bambino di otto anni ucciso a Boston e dimenticare le decine di migliaia di orfani e bambini feriti o uccisi nella guerra civile siriana. In Siria non solo è morto un Paese, non solo si stanno distruggendo nel silenzio e nella indifferenza assoluta del mondo migliaia di vite umane, ma si è anche seppellita per sempre la credibilità di qualsiasi movimento pacifista o di difesa dei diritti umani, Ricordiamocene quando – stiamone certi – torneranno a farsi sentire per accusare il loro colpevole preferito: Israele.