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Informazione Corretta Rassegna Stampa
21.04.2013 70 anni fa la Rivolta del Ghetto di Varsavia
Cronaca e commento di Michael Levi

Testata: Informazione Corretta
Data: 21 aprile 2013
Pagina: 1
Autore: Michael Levi
Titolo: «70 anni fa la Rivolta del Ghetto di Varsavia»

70° Anniversario della Rivolta del Ghetto di Varsavia. Testimonianza del combattente Kazik, uno degli eroi del ghetto
Da Varsavia, il commento di Michael Levi

Il 19 Aprile del 1943 ebbe inizio la rivolta del Ghetto di Varsavia, la prima rivolta contro le forze naziste e fasciste. Una battaglia impari, combattuta da un lato da poveri combattenti ebrei denutriti e disperati, armati come potevano, un po’ di pistole, bastoni, poco carburante per fabbricare bombe incendiarie.
Dall’ altro lato c’era la spietata macchina da guerra tedesca, una delle più forti della 2a Guerra Mondiale. Nel Ghetto c’erano i giusti, coloro che combattevano per la vita o per morire con dignita’.
Dall’ altra parte dei criminali spietati, che non avevano alcuna pieta’ e rispetto per la vita umana. Il bene contro il male. Oppure, come ha detto il Presidente Komorowski, una lotta come quella di Davide contro Golia.
I Combattenti del Ghetto riuscirono eroicamente a tenere in scacco le forze armate tedesche per quasi un mese. La rivolta si concluse il 16 Maggio quando il Generale delle SS Jurgen Stroop, incaricato di sopprimere la rivolta, fece esplodere la grande Sinagoga di Varsavia. L’ ultimo gesto criminale dopo aver barbaramente sterminato gli ultimi 13.000 nel Ghetto e deportato i sopravvissuti a Treblinka verso le camere a gas.

Quest’ anno si celebra a Varsavia, davanti al memoriale e di fianco al nuovo “Museo della Storia degli Ebrei Polacchi”, il 70° anniversario della Rivolta del Ghetto. Durante il suo discorso il Presidente Komorowski ha letto un breve paragrafo trovato nel diario di una bimba ebrea morta nella Shoah.
Si sa’ poco di lei, solo il nome. Il diario e’ stato recuperato semi bruciato dalle rovine del Ghetto. Questa bimba ebrea ci dà una testimonianza della malvagità dei nazisti. In ogni persona c’è una belva, i nazisti e i fascisti sono stati capaci di liberare le belve e scatenarle contro gli innocenti.
Su questo dobbiamo riflettere, perchè anche oggi vi è chi cerca di liberare le belve. Vediamo alzarsi forze oscure in tutta Europa, In Ungheria con Jobbik, in Grecia con Alba Dorata, in Italia varie forze nostalgiche e neo fasciste, in Germania e altrove i neo nazisti. Il fondamentalismo Islamico prende sempre più una deriva antisemita, portatore di odio profondo contro gli Ebrei.
Quello che e’ successo a Toulouse in Francia l’ anno scorso ne è la testimonianza. Un Rabbino con i suoi due bambini e la figlia del direttore della scuola, sono stati uccisi barbaramente da un integralista islamico davanti alla loro scuola.

Questo 70° anniversario farci ricordare il coraggio degli eroi del Ghetto. Dobbiamo fermare le forze del male, chiedere ai Governi di applicare le leggi per fermare chi diffonde disinformazione, nei media, nei libri, su internet, odio, pregiudizi, antisemitismo, anti-sionismo. Fermare la mano degli assassini. Lottare contro tutti gli integralismi e i fanatismi.
70 anni dopo, c’e’ ancora da lottare per garantire un futuro ai nostri figli. 
Alla manifestazione hanno partecipato molte autorita’, tra le quali ilPresidente della Repubblica Polacca Bronisław Komorowski, Il Primo Ministro Donald Tusk, Il Sindaco di Varsavia, Il Presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz, il Ministro dell’ Educazione israeliano Rabbi Shai Moshe Piron e diversi altri Presidenti di Stati Europei.

Tra gli ospiti anche Simha Rotem, uno degli ultimi sopravvissuti all’ insurrezione del Ghetto. Nato a Varsavia nel 1924 come Szymon Rathajzer, fu uno dei comandanti della rivolta all’ età di poco più di 19 anni.
Sotto il comando di Mordechai Anielewicz e combattendo a fianco di Marek Edelmann, era responsabile del servizio di corrieri che trasportavano cibo dall’ esterno del Ghetto, e  mantenevano il coordinamento e la fornitura di armi con i partigiani della citta’.
Fu scelto per via della sua corporatura piccola, per il fatto che parlava il polacco senza accento e aveva un volto che poteva passare per non ebreo.
Simha Rotem si salvo’ dalla ferocia nazista in quanto era dall’ altra parte del muro quando scoppiò la battaglia. Rientrò nel Ghetto per portare soccorso e aiutare i sopravvissuti. Coraggiosamente riuscì a salvare 50 ebrei, con l’ aiuto di cittadini polacchi. Simha Rotem è stato insignito dal Presidente con la decorazione della Gran Croce dell’ Ordine della Repubblica Polacca.
Ecco la sua testimonianza integrale letta durante la cerimonia:

Simcha Rotem  nel '43, e oggi

Signor Presidente delle Repubblica polacca, signor Sindaco della Città di Varsavia, Signore e Signori, ricordo quando rientravo nel Ghetto attraverso il sistema fognario per poter soccorrere e salvare gli ebrei rinchiusi,con i miei compagni combattenti della Jewish Combat Organization (Żydowska Organizacja Bojowa, ŻOB). Rientravo nel Ghetto, ma alla fine non ho più trovato nessuno e ho pensato: sono l’ ultimo ebreo sopravvissuto nel Ghetto.
Ma poco tempo dopo è accaduto un miracolo, ho trovato altri sopravvissuti.
Oggi non ci saranno miracoli, siamo solo in tre ad essere ancora vivi.
Marek Edelman per tanti anni è stato il guardiano della Memoria.
Nel ciclo della vita, è naturale morire. Ma noi dobbiamo ricordarli. Per questo voglio ringraziarla, signor Presidente, per l’ invito al 70° Anniversario della Rivolta del Ghetto di Varsavia. Non solo perché è avvenuta in questa città, ma anche perché tutti noi eravamo cittadini polacchi.
La rivolta del Ghetto fu la prima rivolta armata contro i nazisti nell’ Europa occupata e fu la fase finale della tragedia della nazione ebraica.
Nell’ aprile del ’43 nel Ghetto  c’erano solo  piùcirca 50.000 persone,  tutti sapevamo che la fine sarebbe stata la stessa per ognuno di noi. Eravamo determinati a scegliere il tipo di morte perche’ sapevamo che non avremmo avuto alcuna speranza di vincere combattendo.
Mi e’ rimasto il dubbio se avevamo il diritto di prendere quella decisione, abbreviando la vita di  tante persone,  una settimana, un giorno.
Nessuno ci autorizzò, questo e’ il dubbio con cui devo convivere.
Non ci sono parole per descrivere cosa e’ accaduto durante la battaglia nel Ghetto, non ci sono parole per descrivere la Shoah, o per descrivere la crudeltà dei tedeschi, o per raccontare la vita nel Ghetto in solitudine e completo isolamento dal mondo.
Per molti anni sono rimasto in silenzio, pensavo che le persone che non hanno vissuto questa tragedia non la potessero capire. Vorrei però sottolineare che nonostante la crudelta’, i nazisti non sono riusciti a spezzare l’ integrità morale degli ebrei nel Ghetto. Nonostante il fatto che avessero rinchiuso 500.000 persone in un piccolo distretto della città di Varsavia. Nonostante il fatto che non permettessero agli ebrei di lavorare, nonostante l’inedia, fame e malattie che hanno causato la morte di oltre 100.000 persone nel Ghetto, nonostante le continue umiliazioni, repressioni e omicidi.
Gli ebrei del Ghetto furono capaci di organizzare una rete incredibile di assistenza reciproca, scuole ed momenti culturali. Se parliamo di eroi oggi, dobbiamo dare un tributo ai bambini del Ghetto, che spesso hanno dato un valido aiuto alle loro famiglie, perchè era più facile per loro scavalcare i muri del Ghetto e portare all’interno del cibo. Molti di loro furono uccisi dai tedeschi.
Nel Luglio del 1942 furono i bambini le prime vittime della liquidazione del Ghetto. In poco più di due mesi 300.000 ebrei furono trasportati a Treblinka per essere uccisi nelle camere a gas.
Dopo sei mesi, nel Gennaio del 43, Varsavia doveva essere senza più ebrei.
Fu in quel preciso momento che le forze della Jewish Combat Organization e Jewish Military Association fermarono i piani nazisti. Nell’ Aprile del ’43 ebbe inizio la Rivolta. I tedeschi ci attaccarono, casa per casa, usando bombardamenti aerei, carri armati, gas letali e lanciafiamme.
Dopo 10 giorni il 90% dei combattenti era ancora vivo e decidemmo di abbandonare il Ghetto per evitare di morire bruciati vivi.
Chiedemmo all’ Esercito Polacco di darci supporto e assistenza per fuggire attraverso le fogne e trovare rifugio in altra parte della città.
Ma non ci fu risposta al nostro appello.
Il comandante e il suo gruppo del Jewish Combat Organization si suicidarono quando furono circondati dai tedeschi. In quei giorni mi resi conto di quanto soli eravamo e che potevamo fare affidamento solo su noi stessi.
Dopo immensi sforzi e tentativi, sono riuscito a soccorrere ed evacuare circa 50 persone dal Ghetto alla via Prosta, oltre la linea di controllo dell’ esercito regolare tedesco.
Sono stato fortunato, sono stato aiutato da cittadini polacchi che hanno rischiato la loro vita e quella delle loro famiglie per aiutarci. In questa parte dell’ Europa chi aiutava un ebreo era immediatamente condannato a morte insieme alla sua famiglia. Quell’ aiuto volontario ha avuto un valore immenso.
Spesso penso se sarei mai stato capace di rischiare la mia vita e quella della mia famiglia in una situazione simile.
Voglio ricordare tutti quelli che mi hanno aiutato. Ben Adam e’ una parole ebraica che significa essere umano, nel più pieno significato della parola.
Ho incontrato questo tipo di persone tra i cittadini polacchi.
Queste persone erano anch’esse sole e hanno avuto il coraggio e la determinazione di aiutare tutti, uomini e donne. Hanno agito seguendo il proprio senso del dovere.
Ricordo invece anche altre persone, che senza alcun motivo e senza correre pericoli per la propria viita, ma solo per il proprio piacere, con una sola parola oppure puntando il dito, condannavano a morte un ebreo. Io non posso e non voglio cercare di capirli, come non capirò mai coloro che dopo la guerra, hanno partecipato ai progrom contro gli ebrei sopravvissuti alla Shoah.
Dopo la liberazione sono andato a vivere in Israele e ho impiegato moltissimo tempo per rincominciare a vivere una nuova vita. Della mia famiglia la guerra mi ha portato via un fratello, una sorella, nonni, zii e molti altri parenti ed amici. Hitler ha ucciso 6 milioni di ebrei ma non ha vinto.
Quando decisi di costruire una famiglia l’ho fatto anche pensando a quelle persone che ho perduto. Ho una moglie fantastica, artista e pittrice, due figli e 5 nipotini.
Oggi questo luogo appartiene a coloro che hanno perso la vita, ai combattenti ebrei della Rivolta e ai civili che hanno combattuto mano nella mano con loro per salvare vite. Nulla può riempire il silenzio ed il vuoto che è rimasto dopo di loro.
Dalla tragedia della guerra e dalla Shoah c’è una lezione importante che ho imparato. Ho imparato che non esiste niente cha abbia più valore della vita umana. Nessuno ha il diritto di togliere la vita a un essere umano.
Fino ad oggi il mondo non e’ riuscito a trarre delle conclusioni da questo orribile crimine, che fu perpetrato nel cuore dell’ Europa del ventesimo secolo. Le parole “mai più guerra” ancora non significano molto.
Ma dobbiamo ricordare e ripetere a noi stessi che la vita umana è sacra, forse qualcuno ci sentirà. Dopo di noi i nostri figli verranno qui, e dopo ancora i figli dei figli e continueranno a ripetere mai più guerra perchè la vita umana e’ sacra.

Con queste parole Simcha Rotem ha chiuso il suo intervento. La forza e la determinazione degli Ebrei di costruire uno Stato nella terra di Israele, la nostra terra promessa di Canaan, è nata anche dalla Rivolta del Ghetto di Varsavia.
Gli ebrei si sono resi conto che per sopravvivere e' necessario difendersi. E' necessario avere un esercito efficiente ed armato. Perchè gli eroi del Ghetto furono costretti a combattere quasi a mani nude, umiliati, devastati, uccisi. Hanno perduto tutto.
Nella Shoah sono morti più di 1 milione e mezzo di bambini ebrei.
Anche da questo e' nato il convincimento che bisogna armarsi per difendersi. E avere uno Stato, Israele.


Michael Levi


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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